LA MIA VITA – MARCEL REICH-RANICKI

Marcel Reich-Ranicki

Marcel REICH-RANICKI, La mia vita (tit. orig. Mein Leben), traduz. Simona Bellini, p.484, Sellerio, Collana La nuova diagonale, 2003, ISBN: 88-389-1813-9

Marcel Reich Ranicki
Ad un giovane Günter Grass che nel 1958, ad un incontro del “Gruppo 47” gli chiede “Ma insomma, lei cos’è? Polacco, tedesco o cosa?”, Reich-Ranicki risponde: “Sono per metà polacco, per metà tedesco e per intero ebreo”.

Reich-Ranicki pensa però che, a dire il vero, questa risposta — che Grass ha apprezzato molto — è bugiarda perchè in realtà “Non ero mai stato mezzo polacco, mai mezzo tedesco — e non avevo dubbi che non sarei mai diventato nè l’uno nè altro. In vita mia non ero neppure mai stato per intero ebreo e […] non avevo e non ho un mio paese, una mia terra natale, una mia patria. D’altra parte non sono nemmeno mai stato un vero e proprio apolide, un senza patria — non lo sono neppure oggi. Come spiegare tutto ciò?”

La mia vita, pubblicato nel 1999, subito diventato in Germania un best seller, tradotto in 19 lingue racconta l’incredibile destino di Marcel Reich-Ranicki, ebreo polacco che, anche dentro l’inferno del ghetto di Varsavia ha conservato dentro di sè, immutabile, la passione per la lingua e la letteratura tedesca e che, tornato dopo la guerra a vivere in Germania, è diventato il più prolifico, amato ma anche odiato critico letterario tedesco, al punto tale da essere soprannominato “il Papa della letteratura”.

Strutturato in cinque parti e suddiviso in capitoli brevi scritti con uno stile conciso e dal ritmo sostenuto, il libro va dalla nascita di Marcel Reich-Ranicki nel 1920 a Wlocklavek in Polonia da genitori ebrei e si conclude nel 1999 a Francoforte, dove il critico abita con la moglie Tosia.

Tra Wlocklavek e Francoforte, Reich-Ranicki racconta una educazione tedesca a casa dello zio a Berlino, ci parla del suo rapporto con le opere letterarie, teatrali, musicali che hanno accompagnato vari momenti di questa vita così travagliata e densa di avvenimenti, le sue passioni, le sue idiosincrasie.

Karl May ed Erich Kästner durante l’infanzia, il teatro di Schiller, Goethe e Shakespeare nei sontuosi teatri berlinesi durante gli anni Venti e Trenta, già in pieno nazismo, teatri in cui Reich-Ranicki trova “appoggio e rifugio” (“…in pieno Terzo Reich la letteratura tedesca e il teatro berlinese offrirono una torre d’avorio all’adolescente ebreo” (p.97)

Espulso dalla Germania nel 1938 e deportato in Polonia, sul treno che da Berlino lo conduce a Varsavia Reich-Ranicki riflette sul fatto che pur essendo nato in Polonia ne parla la lingua solo stentatamente, sa di non avere una professione, che non avrà la possibilità di impararne una, e nella valigetta ha solo un fazzoletto ed un romanzo di Balzac.

Pensa però che “avevo portato anche altro, con me […]. Dal paese dal quale adesso venivo cacciato avevo infatti portato con me la lingua tedesca, la letteratura tedesca” (p.141)

Il ventenne Marcel vive l’arrivo dei nazisti a Varsavia, la costituzione di quella che viene dapprima chiamata eufemisticamente “l’area residenziale degli ebrei di Varsavia”, la caccia agli ebrei, la vita nell’inferno del ghetto.

Un inferno in cui la letteratura, con la scoperta della lirica polacca ma soprattutto la musica (tedesca) di Beethoven, Mozart e Brahms suonata da musicisti ebrei —- che finiranno poi tutti nelle camere a gas di Treblinka — sono sostegno e conforto. Le pagine in cui vengono descritte le mille difficoltà con cui sono allestiti questi concerti, la passione e l’entusiasmo con cui vengono ascoltati dai disperati del ghetto sono davvero toccanti e, ricorda Reich-Ranicki, “in quella fase della mia vita la musica, dunque, tedesca soppiantò la letteratura tedesca” (p.200).

Riusciti a fuggire al treno per Treblinka e dal ghetto, lui e Tosia si guadagnano la sopravvivenza raccontando le storie di Werther, Amleto e Guglielmo Tell all’ariano polacco Bolek che ha accettato — a rischio della vita — di nascondere per lunghi, drammatici mesi questi due ebrei nella cantina della sua casa alla periferia di Varsavia.

“I libri ci salvarono la vita” (p.233)

Quando la Polonia viene liberata dai Russi nel giugno del 1944 Reich-Ranicki aderisce al partito comunista e occupa parecchi posti all’interno dell’amministrazione polacca: agente dei servizi segreti, console polacco a Londra, censore e poi editore al Ministero della Difesa.

Licenziato per “ragioni ideologiche” (che nascondono in realtà motivazioni razziali ed antisemite) riesce a diventare critico letterario per diversi giornali. Incontra molti autori tedeschi invitati in Polonia tra cui Böll, Grass (ancora agli esordi e praticamente sconosciuto), Anna Seghers, Brecht.

Nel 1958, finalmente, il tanto desiderato rientro definitivo in Germania. Ancora una volta una fuga (dalla Germania Est alla Germania Ovest), ancora una volta un treno, ancora una volta un “bagaglio invisibile”. Senza valige, per non far capire alle guardie di frontiera della DDR che la sua è una partenza definitiva, una vera e propria fuga, ancora una volta Reich-Ranicki pensa “Ancora una volta non avevo niente, assolutamente niente — soltanto quel bagaglio invisibile, la letteratura, in particolare quella tedesca” (p.336)

Il tanto desiderato rientro in Germania gli permetterà di lavorare come critico letterario a tempo pieno per conto di diversi prestigiosi giornali ed alla radio tedesca.

Nel 1959 viene accolto come critico letterario al Die Zeit: si tratta di una vera e propria consacrazione per questo grande appassionato di letteratura che le tragedie della vita hanno costretto a rimanere autodidatta
“cominciai […] da autodidatta e autodidatta sono rimasto. Dopo la maturità nessuno si è mai più preso la briga di insegnarmi qualcosa. Quello che so, l’ho imparato da solo. Non ne sono orgoglioso e non consiglio a nessuno di seguire il mio esempio” (p.178)

A Die Zeit gli viene concessa piena e completa libertà riguardo la scelta dei testi da recensire.

Recensioni, saggi, lavoro di redazione si succedono da allora con un ritmo frenetico. L’obiettivo che si pone Reich-Ranicki consiste nel permettere a tutti di scoprire, comprendere ed apprezzare in modo consapevole e critico la letteratura.

Marcel Reich-Ranicki
Literaturkritiker Marcel Reich-Ranicki gestikuliert in der Frankfurter Paulskirche.
Foto: Thomas Lohnes/ddp, 02.06.05

Lasciato Die Zeit nel 1973, diventerà redattore capo della sezione letteraria del Frankfurter Allgemeine e poi, a partire dal 1988 e per circa tredici anni sarà l’animatore, il conduttore del “Quartetto Letterario”, una trasmissione televisiva che ben presto ottiene un’audience di circa 900.000 telespettatori la settimana.

Niente male, per una trasmissione televisiva che si occupa esclusivamente di letteratura e che si basa esclusivamente sulle discussioni tra quattro persone, senza alcun ricorso ad altre immagini, servizi, filmati!

Insomma, Reich-Ranicki diventa in questa Germania ancora divisa la figura principale della letteratura tedesca. Molto amato (ogni suo articolo, ogni suo libro è atteso, comprato, avidamente letto) ma anche molto, molto detestato se non addirittura odiato (Peter Handke, ad esempio, si augura la morte di quel “cane ringhioso che è abitato solo dalla brama di uccidere”) e le cose non sono cambiate a seguito della riunificazione delle due Germanie.

Reich-Ranicki è perfettamente consapevole di tutto questo e si consola pensando a quello che sosteneva Heine, e cioè che spesso l’odio dei nemici prova la qualità del lavoro compiuto.

Non si fa grandi illusioni nemmeno sul rapporto tra scrittore e critico.

Il libro è una sterminata ed interessantissima galleria di ritratti di autori, alcuni dei quali ormai famosi a livello mondiale, altri notissimi in Germania ma purtroppo qui in Italia semisconosciuti (per molti dei nomi citati io ho dovuto far ricorso a Google e a Wikipedia…).

Impossibile riprodurre qui l’elenco. Basti dire che si va da Siegfried Lenz a Günter Grass, da Heinrich Böll ad Elias Canetti; da Max Frisch, Joachim Fest, Martin Walser a Ingeborg Bachman e Thomas Bernhardt, da Theodor W. Adorno ad Hans Magnus Enzensberger a tanti, tanti altri nomi della letteratura e della vita culturale tedesca.

Malinconiche ma molto realistiche le considerazioni che “il Papa” sviluppa circa il legame di simpatia o di rigetto che di volta in volta si è venuto a creare con questo o quell’altro scrittore.

Reich-Ranicki torna più volte a sottolineare che il tratto di personalità più marcatamente evidente in tutti questi grandi scrittori sta nell’egocentrismo spesso esacerbato: “non mi è mai accaduto di incontrare uno scrittore che non fosse vanitoso ed egocentrico — ad eccezione di qualche autore particolarmente scadente” (p.262)

L’esperienza di più di mezzo secolo gli ha poi insegnato che la qualità dell’incontro, la cortesia, la benevolenza con cui egli — il critico — viene accolto dipende soprattutto dalla critica positiva o negativa che egli ha riservato al loro ultimo libro.

“Tra un autore e un critico ci può essere pace, per non parlare di amicizia, soltanto se il critico non scrive una sola parola sui libri di quell’autore, e se questi accetta la cosa una volta per tutte” (p.317) e ancora “I rapporti di un autore con un critico dipendono da come quel critico si è espresso sull’ultimo libro di quello crittore” (p.443)

C’è poi quella certa sensazione di essere sempre e comunque — anche giunto all’apice della carriera e della notorietà a livello internazionale — considerato un “marginale”, di essere in qualche modo e sottilmente “tenuto a debita distanza” a causa del suo essere ebreo e che percepisce costante anche nella nuova Germania, nella Germania de-nazificata e democratica.

E’ stato lui a coniare la celebre frase “la fine della tregua” quando nel 1985 esplose in Germania la questione del “revisionismo storico tedesco” (Historikerstreit) che prendendo le mosse da una pièce teatrale dichiaratamente antisemita di Fassbinder vide la scesa in campo su posizioni più o meno riassumibili con l’atteggiamento da “colpo di spugna” nomi come Joachim Fest, Martin Walser e soprattutto quello dello storico negazionista Ernst Nolte, da Reich-Ranicki considerato addirittura come non sano di mente.

Reich-Ranicki si chiede sempre, di fronte a gesti, comportamenti che in qualche modo avverte come un invito a mantenere le distanze o addirittura di aperta ostilità, se tali comportamenti siano la normale ed umana conseguenza derivante dalle critiche letterarie non sempre benevole (molte le sue stroncature e giudizi spesso severi anche di libri scritti da autori illustri, magari anche insigniti del Nobel) oppure da un antisemitismo non manifesto ma pur sempre presente anche se in modo strisciante. Reich-Ranicki stesso, non è sempre sicuro di quale possa essere la risposta corretta.

La letteratura ha, in questo libro, un ruolo assolutamente centrale. E’ la letteratura la vera protagonista.

Eppure, nella passione e nell’amore che Reich-Ranicki ad ogni pagina manifesta per essa, si intravede, molto forte, quello che probabilmente è il vero e profondo motivo di questa dedizione assoluta, e cioè il problema dell’appartenenza e della “cittadinanza”, problema così efficacemente espresso dalla domanda di Günter Grass e dalla risposta di Reich-Ranicki che ho riportate in apertura di questo post.

La vera risposta a quella domanda — che non a caso si trova nella prima pagina del libro il cui Capitolo I è intitolato proprio “Ma insomma Lei cos’è?” — arriva dopo circa trecento pagine quando, riflettendo su un brano di Heine, il grande critico capisce che la letteratura costituisce la sua vera patria, il suo vero rifugio:

Forse solo allora capii fino in fondo che anch’io avevo una “patria portatile”: la letteratura, la letteratura tedesca” (p.320)

Marcel e Tosia  Reich-Ranicki
Marcel e Tosia Reich-Ranicki

Reich-Ranicki Mein Leben
Dal libro La mia vita nella primavera del 2009 la ARD, ammiraglia della televisione pubblica tedesca, ha trasmesso una fiction di grande successo sulla sua vita, già più volte replicata e particolarmente incentrata sul periodo della sua sopravvivenza nel ghetto di Varsavia.

La fiction è stata trasmessa anche dalla televisione francese dal canale ARTE.

La bibliografia di Reich-Ranicki è nutritissima, ha pubblicato molti libri ed alcune sue antologie sono, in Germania, veri e propri best seller.

In Italia per quel che ne so, oltre questa autobiografia pubblicata da Sellerio sono stati tradotti solo “Scrittori delle due Germanie” ( Traduzione di Anna Maria Carpi, introduzione di Ladislao Mittner. Mursia, Milano 1968) e “Il caso Heine” (Traduzione di Enrico Paventi. Giuntina, Firenze 2007).

Qualche link di approfondimento

  • Marcel Reich-Ranicki su Wikipedia >>
  • Il libro >>
  • Sito web di Marcel Reich-Ranicki (in tedesco) >>
  • Su YouTube il trailer del film tratto dalla sua autobiografia – in francese >>
  • Su YouTube chi comprende il tedesco si può godere parecchi video delle trasmissioni del “Quartetto letterario”
  • Nel 2008 Reich-Ranicki venne invitato al Gran Premio della TV tedesca per il conferimento dell’Oscar alla carriera (ha lavorato a lungo anche in radio).
    Salito sul podio, davanti alle telecamere e alla platea, tenne un discorso molto duro sull’attuale degrado televisivo e rifiutò il premio tra l’imbarazzatissimo sconcerto dei presentiIl video (ovviamente in tedesco) di quello che ormai è diventato famoso come “il video del Gran Rifiuto” si può vedere >> QUI

Autore: Gabrilu

https://nonsoloproust.wordpress.com

13 pensieri riguardo “LA MIA VITA – MARCEL REICH-RANICKI”

  1. Salve,

    sono contento che le sia piaciuto il libro e lo abbia trovato interessante.

    Io lo lessi diversi anni fa e mi colpi per molti motivi. Poi quando visitai per caso il suo blog, e ho visto la sua forte passione per il mondo tedesco i suoi autori, per Claudio Magris, mi è ritornato alla memoria il libro di Ranicki.

    Mi parve, allora, fra i tanti, il libro piu’ giusto da suggerirle; poi i temi di Ranicki  sono anche quelli che trovo nel suo blog, la centralità della letteratura, il ruolo cruciale di leggere (vero nutrimento).

    Lessi il suo blog su Speer e ricordavo come Ranicki ne descrive l’incontro con la moglie ad un ricevimento (e poi i non facili rapporti con Fest  e l’incessante interrogarsi di Ranicki) ed ancora il caso K. Mann con il desiderio di sepoltura lontano dal padre…,  l’incanto ed il disincanto del rapporto con Tosia e tanti altri aspetti (non da ultimo anche la qualità dell’italiano della traduzione ricordo un piacere proprio leggere).

    E’ arrivato allora il momento della ri lettura!!

    E poichè parliamo ancora di leggere le lascio altre due segnalazioni.

    1) "Andavo a scuola nel Terzo Reich", a cura di Marcel Reich-Ranicki,  Il Melangolo Editore,
    http://www.ilmelangolo.com/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=3590&category_id=518&option=com_virtuemart&Itemid=59
    Qui R invita alcuni scrittori tedeschi a parlare della loro adolescenza e del loro periodo scolastico nel Terzo Reich

    2) “Un anno degno si essere vissuto” di Dante Isella Adelphi editore, http://www.ibs.it/code/9788845923494/isella-dante/anno-degno-essere.html,il cui solo titolo mi ha incuriosito, ed ancora un volta  è il tema del ricercare che è il centro del testo.

    Leonardo

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  2. Giusi Meister

    Sconoscevo  (accidenti all'ignoranza!) Reich-Ranicki e devo la scoperta di questo libro ad una segnalazione fatta da Leonardo  qualche settimana fa in un commento ad un mio   post.

    E'   dunque  lui che dobbiamo ringraziare  🙂

    Si, credo proprio che a te questo libro piacerebbe moltissimo.
    Te lo consiglio  vivamente.

    Baerbel
    Grazie, sono molto contenta  se  qualcuno mi dice che sono riuscita a  far venir voglia di leggere un libro che a me è piaciuto.

    E questo  libro, ti assicuro,  merita davvero!
    Ciao  🙂

    Leonardo
    Ancora grazie per la Sua preziosissima segnalazione.

    Avrei  avuto  ancora tantissime altre cose da dire, su questo libro, ma il mio post  era già mostruosamente lungo…

    Naturalmente anche io ho notato  il passaggio sull'incontro con Speer.. 

    Quando penso  che nel  libro di Gitta  Sereny    Speer a sua volta parla delle   sensazioni da lui provate quando, scontata la pena, riapparve in pubblico in Germania, colpisce leggere le sensazioni di  quest'altro tedesco    che  — essendo tedesco si ma soprattutto  polacco ed ebreo — durante la guerra si era trovato "dall'altra parte".

    Bellissime anche le pagine sui componenti  la  famiglia Mann. In particolare mi hanno colpita quelle dedicate a Golo  (en passant: non fu  Klaus ma Golo che rifiutò di esser sepolto accanto  a paparino Tommaso).

    Certo non era facile essere figli del Mago. 
    E la moglie Kathia?
    Vogliamo parlarne, una buona volta, di questa Kathia?!?!
    Io aspetto una  buona biografia di Kathia  Mann, uno di personaggi più misteriosi  ed importanti  di questa famiglia.

    Conosco questi altri due libri (Reich-Ranicki e Dante Isella) che  indica, ma non li ho letti.
    Sono in evidenza, però

    Grazie e a presto, spero  🙂

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  3. Ottima segnalazione! Mi ritornano in mente parole dette da  Mahler  decenni prima: sono boemo fra gli austriaci, austriaco per i tedeschi ed ebreo per tutto il mondo.
    Per avere molte notizie sulla famiglia Mann ed in particolare sulla figlia  Erika  e del figlio Klaus consiglio di leggere quanto pubblicato da Annemarie Schwarzenbach,scrittrice, giornalista ed eccellente fotografa svizzera,indomita viaggiatrice, figlia di grandi industriali,deceduta abbastanza giovane dopo vita molto intensa e spericolata.Il legame con i figli del Maestro era qualcosa di molto intellettuale , ma non solo,li finanziava anche e loro battevano cassa….( una rivista letteraria, degli spettacoli di Ertika ..amicizia poi finita malamente, anche per uno spettacolo in cui si parlava di uno degli Schwarzenbach) Ho trovato molte notizie sui Mann leggendo della Schwarzenbach, personaggio molto affascinante.Nel giro dei Mann iniziò a drogarsi, insomma son storie intricate di famiglie inusuali per censo, cultura e potere.Lo stesso Mann senior si espresse in modo positivo su di lei come scrittrice e giornalista.

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  4. Anonimo #5
    Giustissimo il consiglio  a proposito di Annenarie Schwarzenbach, e non solo per la sua strettissima frequentazione con Klaus ed Erika ma anche perché è stata un personaggio anche discutibile ma comunque molto interessante, una donna coraggiosa, intelligente e molto, molto infelice.
    Parlerei a lungo della S. ma non è possibile. D'altra parte le cose essenziali le hai già dette tu  

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  5. Domani sarà un mese che Reich-Ranicki è morto. Quando sentivo come veniva ricordato e celebrato sulle radio tedesche pensavo a quanto spazio sarebbe stato dedicato sulle nostre a un suo equivalente (se mai potesse esserci da noi). Forse 90 secondi nei giornali radio, verso la fine, dopo il calcio.

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    1. @Winckelmann
      io per la verità li avrei in mente, un paio di italici nomi che starebbero alla grande a fianco del Nostro.
      Ma ci ritorneremo.

      Come torneremo su Reich Rainicki e soprattutto sul ****ruolo e sulla funzione della critica****,

      Ah, se non fossi così pigra!

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      1. Non mi riferivo a personaggi di pari livello intellettuale, ma piuttosto al fatto che vedo improbabile che da noi un critico letterario ottenga, come fece Reich-Ranicki in Germania, un livello di popolarità presso il grande pubblico pari al suo. La vedi tu sulla nostra tv, anche quella degli anni Settanta, in prima serata una trasmissione nella quale quattro critici discutono delle uscite in libreria?

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  6. @Winckelmann
    scusami, ti avevo frainteso.
    Hai perfettamente ragione. Robe simili sono impensabili, da noi. Negli anni Settanta c’erano però in prima serata teatro, musica, opera lirica, quella bellissima trasmissione che era “L’approdo letterario”… Oggi… bah. Lasciamo perdere.

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