Vasilij GROSSMAN, Tutto scorre… (tit. orig. Vsë tecët ), traduz. di Gigliola Venturi, p.229, Adelphi, Collana Fabula, ISBN 9788845902482
Tutto scorre…, il romanzo cui Grossman, già malato di cancro, lavorò ridefinendolo ed aggiustandolo continuamente sin quasi il giorno della sua morte avvenuta nel 1964 era stato iniziato nel 1955 ma poi messo da parte per Vita e Destino.
Grossman riprese a lavorarci dopo la confisca da parte della polizia politica del manoscritto di Vita e Destino e la totale emarginazione operata nei suoi confronti da tutte le istituzioni sovietiche (Governo, Associazione degli Scrittori, giornali, case editrici) che lo avevano progessivamente ma inesorabilmente isolato.
Il regime non lo aveva imprigionato e non l’aveva mandato a morte, ma gli aveva tolto qualunque possibilità di far sentire la propria voce.
Grossman perciò scriveva sapendo perfettamente di non avere alcuna speranza di vedere il suo lavoro pubblicato in vita. Scrisse Tutto scorre per i posteri, per le future generazioni russe.
Il romanzo è oggi considerato, assieme al racconto breve Pace a voi! (Dobra Vam!) “il riepilogo della sua stessa vita e un’ultima esplorazione delle tematiche e degli eventi dei terribili anni in cui era stato condannato a vivere”, come dicono John e Carol Garrand nella splendida biografia Le ossa di Berdicev. La vita e il destino di Vassilij Grossman in cui, chi volesse approfondire, può trovare anche i dettagli di tutte le peripezie che gli amici di Grossman dovettero affrontare per riuscire a far giungere il manoscritto in Occidente dove, molti anni dopo la morte dello scrittore, venne finalmente pubblicato.
In Tutto scorre viene raccontato in terza persona il ritorno di un prigioniero politico liberato, a seguito della morte di Stalin, dopo trent’anni di detenzione nei lager della Kolyma.
Nella scelta del soggetto non c’era niente di sovversivo, anzi questo tema era perfettamente in linea con la campagna antistaliniana che in quel momento veniva condotta da Kruscev.
Ma così come Vita e Destino è molto, molto più del racconto di una epica battaglia (Stalingrado) e di una saga familiare, Tutto scorre è molto più che la semplice cronaca del ritorno a casa di un ex detenuto.
Grossman infatti utilizza la storia personale di Ivan Grigor’evic (il protagonista del romanzo) per condurre una analisi spietata del comunismo e dell’intero esperimento sovietico non risparmiando nemmeno Lenin, che sino a quel momento era considerato un “intoccabile” e che Grossman ritiene invece il primo responsabile delle tragedie accadute nella Russia sovietizzata.
In questa “storia di un uomo giunto dal regno dei lager” Grossman attaccava quindi le fondamenta stesse del regime sovietico.
La trama del libro si può riassumere molto rapidamente.
Arrestato per la prima volta quando era uno studente universitario, Ivan fa ritorno a Mosca nel 1954 dopo quasi trent’anni di gulag, ricevendo una fredda e politicamente corretta accoglienza dai famigliari e dagli amici con cui una generazione prima era stato a contatto a Mosca e Leningrado. Viaggia poi verso sud, trova un lavoro come fabbro ed affitta una stanza nella casa di una vedova di guerra, Anna Sergeevna e il suo giovane nipote Alioscia.
Ivan ed Anna si innamorano, ma lei muore di cancro. Tramontata l’ultima possibilità di felicità, Ivan decide di andarsene a vivere in solitudine sulla costa del mar Nero.
Al di là della semplicità e linearità delle vicende narrate, Tutto scorre è un libro molto denso in cui il lettore che già conosca la vita dell’autore trova molti riferimenti chiaramente autobiografici, riflessioni sulla storia della Russia e sull’essenza del regime comunista e della sovietizzazione, sugli effetti delle ideologie, riflessioni sull’uomo e sulla sua straordinaria capacità di fare tanto il bene quanto il male.
Se in Vita e Destino è il fisico nucleare Strum, figlio di madre ebrea, a rappresentare l’Alter Ego di Grossman, in Tutto scorre è invece al personaggio di Nikolaj Andreevic (il cugino di Ivan) che Grossman attribuisce il senso di colpa da lui stesso più volte provato per non avere, negli anni più bui dei processi staliniani, delle delazioni e delle deportazioni, tentato di fare qualcosa per parenti ed amici innocenti denunciati ed accusati ingiustamente e di altri atti che per tutta la vita si pentì di avere commesso (o non commesso).
“Era assurdo adesso […] inorgoglirsi di quello di cui si era sempre inorgoglito: di non aver mai fatto delle denunce; che, convocato alla Lubjanka, si era rifiutato di dare informazioni compromettenti su un collega arrestato; che incontrando per strada la moglie di un compagno deportato, non si era voltato dall’altra parte, ma le aveva stretto la mano, informandosi sulla salute dei bambini.
Cosa c’era da inorgoglirsi…” (p.37)
L’incontro di Ivan con Pinegin, l’antico compagno di università che era stato il suo delatore e che con la sua denuncia lo aveva messo nelle mani della polizia politica condannandolo di fatto a decenni di lager offre lo spunto a Grossman per un intero, importante capitolo (chiamato dai lettori “il processo dei Quattro Giuda”) tutto centrato sul tema della responsabilità individuale in cui egli analizza la tipologia e riflette sulle motivazioni dei vari tipi di delatori.
Sembra impossibile, per chi abbia letto Vita e Destino, che nei libri successivi Grossman potesse avere ancora qualcosa da dire sui temi che più gli stavano a cuore e che già aveva tanto splendidamente affrontato nel suo grande romanzo. Eppure, nelle duecento pagine circa di questo suo ultimo libro, ci sono passaggi di grande profondità e che suscitano una vasta gamma di emozioni.
Pagine notevoli sono ad esempio quelle — intensissime e drammatiche — in cui Anna Sergeevna racconta ad Ivan la tragedia delle deportazioni in massa ed il massacro dei kulaki e della Grande Carestia in Ucraina, o il corrosivo capitolo dedicato alla morte di Stalin:
“E improvvisamente, il cinque marzo, Stalin morì. […]. Stalin morì senza che ciò fosse pianificato, senza istruzione degli organi direttivi. Morì senza l’ordine personale dello stesso compagno Stalin” (p.33).
Ad un certo punto del romanzo Ivan sente il bisogno, dopo decenni trascorsi in carcere e nei lager, di cercare di rispondere alla domanda: “com’è potuto accadere tutto questo?” e allora, per cercare di mettere ordine nei suoi pensieri si mette a scrivere degli appunti per “sforzarsi di capire la verità della vita russa, di trovare un nesso tra il passato e il presente” (p.162)
Negli appunti di Ivan, Grossman riversa le sue considerazioni sulla storia della Russia, sulla libertà, su Lenin e Stalin. Sono capitoli, questi, in cui Grossman, analizzando la personalità e l’opera di Lenin, sferra un vero e proprio “J’accuse” contro quello che lui considera senza mezzi termini il primo e principale responsabile di quel processo che vide la costruzione, da lui iniziata, di uno “Stato Padrone”, di uno Stato inteso come fine e non come mezzo. Stalin continuò e perfezionò l’opera di Lenin nella soppressione della libertà: “La libertà è vita, e sconfiggendo la libertà Stalin uccideva la vita” (p.214)
Grossman considera la Russia vittima di una schiavitù millenaria che secondo lui starebbe alla base della mistica dell’anima russa, ed è forse per questo che “Libertà” è la parola che ricorre in maniera quasi ossessiva in tutto il romanzo.
“Quante cose aveva visto la Russia nei mille anni della sua storia. Negli anni sovietici, poi, aveva veduto formidabili vittorie militari, grandiosi cantieri, nuove città, dighe che sbarravano il corso del Dnepr e del Volga, un canale che univa i mari, e possenti trattori, e grattacieli… Una sola cosa la Russia non aveva visto in mille anni: la libertà” (p.59)
Per Grossman la “legge sacra della vita” è la libertà dell’uomo che “sta al di sopra di tutto, non v’è al mondo obiettivo degno del sacrificio della libertà dell’uomo” (p.180) ma l’ex deportato Ivan (e probabilmente Grossman con lui) finisce per concludere sconsolato: “Dov’è il tempo dell’anima russa libera e umana? Quando mai verrà quel giorno? Chissà, forse non verrà mai, mai spunterà” (p.203)
Naturalmente molte pagine sono dedicate alla rievocazione della vita nei lager, e come già in Vita e Destino torna il parallelismo tra nazismo e comunismo il quale “per il trionfo dell’anima russa” ha proceduto “accozzando lo stridore del filo spinato teso verso la taigà siberiana a quello di Auschwitz” (p.202)
Raccontando lo straziante destino di Mascia Ljubimova, una giovane madre strappata ai suoi figli e mandata nel gulag solo perchè moglie di un condannato a morte per “attività controrivoluzionaria” Grossman dedica ben due capitoli alla condizione delle donne nei lager. La sua è una descrizione lucida e allo stesso tempo commossa, che si conclude con la considerazione che il destino delle donne era peggio di quello degli uomini e che “Ai lavori forzati della Kolyma non c’è parità, tra uomini e donne” (p.129).
Ma nonostante tutto Grossman non idealizza affatto le persone dei lager perchè — scrive Ivan nei suoi appunti — “durante gli anni trascorsi nei lager […] aveva appreso molte cose sulle debolezze umane, ed ora vedeva quante ce ne fossero da ambedue le parti del filo spinato” (p.99)
Grossman pensa che il castigo peggiore per i carnefici sia quello di avere perso la propria umanità: “Uno è il castigo del carnefice: lui, che non considera la sua vittima un uomo, cessa di essere uomo lui stesso; egli uccide l’uomo che è in lui, è il suo proprio carnefice; la vittima, invece, resterà un uomo nei secoli, per quanto tu lo distrugga” (p.135).
Pensando ai crimini nazisti e staliniani nei suoi appunti Ivan scrive: “Nel momento del trionfo più completo della disumanità, si è fatto evidente che tutto quanto è basato sulla violenza è assurdo e inutile, non ha futuro, né lascia traccia. E’ questa la mia fede” (p.222)
Ancora una volta, leggendo Tutto scorre, si comprende perchè questo autore sia stato indicato da Todorov nel suo libro Memoria del male, tentazione del bene come una di quelle figure che secondo lui hanno rappresentato in qualche modo il versante “luminoso” dell’umanità del Novecento e sia stato definito da John e Carol Garrard “un essere umano che passò attraverso il fuoco dell’inferno e ne riemerse con l’anima intatta”
Tutto scorre. Come un convoglio ferroviario che attraversa le sterminate distese siberiane.
“Si, tutto scorre, tutto muta, impossibile salire sullo stesso, immutabile convoglio” (p.107)
- Il libro >>
Sto leggendo “Tutto scorre” proprio adesso. Hai ragione tu, dopo “Vita e Destino” sembrava impossibile che Grossmann potesse dire ancora altro, potesse trovare nuove profondità, fosse capace di una ulteriore, ancora più spietata e lucida, testimonianza.
Bartleboom
E, come sempre, grazie infinite.
Questa settimana lo comprerò assieme a ‘vita e destino’, direi che è arrivato il momento di Grossman.
un bacio grande!
Bartleboom
Ci avrei scommesso la testa sul fatto che ti sarebbe piaciuto molto. Non avevo dubbi 🙂
GiusiMeister
Si, si, leggilo.
Poi però mi fai sapere, eh, ci conto molto!
Ciao e grazie 🙂
capito qua per caso, grazie per l'ottima recensione.
Anche per me è arrivato il momento. L'ho visto in libreria e lo prenderò.Alexandra
radioebaGrazie a te 🙂AlexandraOttima cosa, ma mi permetto di consigliare vivamente di leggere Tutto scorre ****dopo*** Vita e Destino, perchè a mio parere Tutto scorre è davvero una summa del pensiero di Grossman, una sintesi di quanto ha già detto nel suo grande romanzo ed un testo in cui non a caso, secondo me, la seconda parte è più teorico-filosofica che narrativa (eccezionale il capitolo su Lenin…).Approcciare Grossman partendo da Tutto scorre può risultare riduttivo e persino fuorviante.Opinione personale, eh…
Ottima descrizione del libro XD
L’ho appena finito, e mi rendo conto che è vermente giunta l’ora di leggere “Vita e destino”, che ho sempre rimandato per paura di non farcela. Ti ringrazio per la magnifica recensione.
@ Angela Caesar
Grazie a te.
E…vedrai che “Vita e Destino” lascerà davvero il segno.
Ciao!
Non credo di riuscire a leggere anche Vita e destino, dopo Tutto scorre…le storie dei protagonisti, le vicende strazianti di Masa e della figlioletta Julia si sono incise a fuoco nella memoria e nel cuore…non credo di aver letto qualcosa di più straziante,se non i resoconti dei deportati nei lager nazisti. Ma la storia di Masa è narrata con una partecipazione cosi sentita e atroce che forse è anche peggio…
Viridiana
Se hai apprezzato questo libro di Grossman, Vita e Destino devi leggerlo, assolutamente. Magari non ora, non subito… i libri hanno il loro momento, non si fanno comandare… Ma mi permetto di dire che prima o poi devi leggerlo e non te ne pentirai.
Grazie del commento, sono sempre felice quando incontro persone che apprezzano Vasilij Grossman… spero di rileggerti 🙂
Ho riletto tutto scorre di grossmann, potentissimo atto di accusa contro lo stalinismo e il leninismo.
Condivido ogni virgola del tuo bellissimo e sapientissimo commento.
La parte politica mi ha fatto molto soffrire perchè i crimini commessi in nome del sol dell’avvenir qui in italia sono stati per lungo tempo sottaciuti, forse solo in silone se ne trova qualche traccia.
In europa credo solo orwell aveva visto lungo.
E poi se si è stati comunisti, anche se italiani, il senso di colpa, per esserlo stati, te lo senti dentro di te per il sol fatto di aver creduto in una idea che si è rilevata tragica.
Devo poi dire che anche il Grossman intimista quando lascia andare i suoi sentimenti e le emozioni con i ricordi familiari del protagonista ivan il babbino, è superbo.
Toccanti sono i momenti e ce ne sono tanti nel romanzo in cui le corde della suprema misericordia sembrano toccare note di sublime pietas.
Il capitolo 15 con la storia di vasiili hanna e grisa raggiunge le stesse vette di pietas del capitolo manzoniano di cecilia e di sua madre.
Grazie per quello che scrivi.
Michele.
Grazie, michele per il commento e le parole di apprezzamento, e scusami il ritardo con il quale ti rispondo. Condivido in toto quello che scrivi su Grossman, e sono sempre felice quando incontro chi lo legge, lo approfondisce, lo apprezza.
A proposito di quello che tu indichi come il “sottacere”, qui in Italia, i crimini commessi in nome del sol dell’avvenire: da una parte concordo, anche se dall’immediato dopoguerra la situazione dei rapporti tra PCI e URSS – se è a quello che ti riferisci in particolare era molto complessa e in molti casi non si è trattato semplicemente di un voler mettere o mantenere tutto a tacere. Inoltre, e ancora sul “sottacere”: pensiamo a quanto in Italia *non* è stato fatto per elaborare il ventennio fascista, le responsabilità individuali e collettive riguardo le leggi razziali e la loro attuazione, la complicità attiva di molti italiani nei crimini nazisti ed in particolare nella realizzazione della “soluzione finale”. Gli armadi sono rimasti chiusi per decenni, ancora oggi l’Italia è ben lontana dal fare quel lavoro di difficile, dolorosa ma necessaria elaborazione del proprio passato che invece faticosamente e con mille difficoltà comunque cerca di fare la Germania a partire dai massimi livelli istituzionali… Diciamo che gli italiani hanno una forte tendenza a scaricare sempre le colpe sugli altri e ad nascondere l’immondizia sotto i tappeti. Non tutti e non sempre, per fortuna, ma sui grandi numeri è così. Il falso mito degli “italiani brava gente” è duro da smantellare…
Ciao, e a rileggerci, spero
interessanti e condivisibili le tue riflessioni, gabrilu. aggiungo solo che la doppiezza di togliatti e il contrasto con vittorini, non hanno aiutato chi era comunista all’epoca a discernere se si era nel giusto a ritenere non criticabile la c.d. madrepatria ovvero se si faceva il gioco degli imperialisti criticando l’URSS. Anche il patto molotov/von Ribentropp non ha certo messo nelle migliori condizioni di discernimento i compagni che a fine anni ’30 credevano nel sol dell’avvenir.
Quanto al fascismo, va detto che in italia, fino a tutti gli anni ’50 con i governi di destra c’è stata una sostanziale continuità col ventennio, anche perchè a differenza dei francesi noi non avevamo fatto i conti con i collaborazionisti ed i fascisti, vedi amnstia togliattiana, anzi dopo che il PCI è stato estromesso dal governo per volere degli USA, i fascisti riverniciati e ridenominatisi democratici, li abbiamo tutti confermati nei gangli essenziali delle istituzioni. Riguardo al PCI, se avessimo fatto quello che i socialdemocratici tedeschi hanno fatto a bad godsberg nel ’59 forse la storia italiana avrebbe preso tutta un’altra piega, noi abbiamo voluto aspettare l’89, non essendo stato sufficiente quello accaduto a budapest e a Praga. La letteratura svela quello che l’appartenenza politica ci incatena. Ecco a cosa serve serve leggere grossmann, solgenitsin, platonov, bulgakov, london. E’ sempre un piacere leggerti. ciao Michele.