IMPRESSIONI ITALIANE – CHARLES DICKENS

Emil Brack (1860-1905)
Pianificando il Grand Tour

Nel 1844 Charles Dickens arriva in Italia con tutta la famiglia per uno di quei viaggi che, secondo la tradizione sette-ottocentesca del “grand tour” duravano parecchi mesi.

Dickens ha trentadue anni ed è uno scrittore già molto popolare: al suo attivo può contare Oliver Twist, Il Circolo Pickwick, Nicholas Nickleby, La bottega dell’antiquario, Barnaby Roudge, le tanto discusse note del viaggio compiuto in America (le American Notes).

Sta scrivendo e pubblicando a puntate il Martin Chuzzlewit che però non sta ottenendo il successo di pubblico che si aspettava e che risulta notevolmente inferiore a quello ottenuto dalle sue precedenti opere.

Giovane e famoso, Dickens ha anche raggiunto una condizione economica più che agiata ma è continuamente assillato da richieste di denaro da parte del padre, si trova in periodo di impasse creativo, è stressato.

Spera, con questo viaggio, di recuperare tranquillità ed ispirazione.

Ha un’idea molto chiara su come impostare le sue impressioni del viaggio. Scarta esplicitamente l’idea di dilungarsi sulle bellezze ed i tesori artistici dell’Italia: “Io […] sebbene ardente ammiratore della scultura e della pittura, non mi diffonderò a scrivere di quadri e di statue celebri”.

Vuole privilegiare i luoghi dell’immaginario popolare, vuole che le sue note siano una sorta di “ombre sull’acqua”.

Scrive infatti: “Questo libro è una serie di vaghe immagini — mere ombre sull’acqua — di posti per i quali l’immaginazione della maggior parte delle persone è attratta in maggiore o minor misura, nei quali la mia ha dimorato per anni e che presentano qualche interesse per tutti”.

Le prime note ci mostrano una carrozza inglese da viaggio che, a Parigi, esce da Rue de Rivoli diretta a Genova. Dickens non è solo: con lui c’è tutta la numerosa famiglia che si porta appresso anche tre cameriere. E’ lo scrittore stesso che ci fornisce la composizione di quella che lui chiama la “Lista della Carovana”:

1. L’inimitabile Boz [cioè lui stesso N.d.R.]
2. L’altra metà dello stesso.
3. La sorella di costei.
4. Quattro rampolli, dai due anni e mezzo ai sette e mezzo (e questi sono i “porcelli”).
5. Tre cameriere

La prima città italiana in cui arriva la Carovana è Genova, che colpisce Dickens per “l’inesplicabile sudiciume” “lo sporco scoraggiante”, i vicoli strettissimi, il disordine dappertutto, le puzze (eppure Genova è considerata la città più pulita d’Italia!).

Affitta poi una casa ad Abaro in cui soggiorna parecchi mesi ed anche qui le note parlano di rovina e trascuratezza.
In viaggio per Bologna passa per la “scura, decadente, vecchia Piacenza, piena di erbacce sporcizia e pigrizia e da Parma.

A Roma Dickens arriva nel pieno del Carnevale, che descrive minuziosamente così come descrive minuziosamente la visita dei Musei Vaticani, il Colosseo (“una rovina, Dio sia ringraziato!”) la messa del Papa in San Pietro e… la decapitazione di un malvivente operata dalle autorità vaticane alla quale va ad assistere e dove nota un pubblico composto da “Romani dall’aspetto truce, del più basso ceto, in mantello blu, mantello ruggine o stracci senza mantello, andavano e venivano o parlavano tra loro. Donne e bambini starnazzavano ai margini della scarsa folla. Un largo spiazzo pieno di pozzanghere era stato lasciato completamente vuoto, come un punto di calvizie sulla testa di un uomo. Un mercante di sigari, con un recipiente di coccio pieno di cenere di carbonella in mano, andava su e giù gridando le sue mercanzie. Un pasticciere ambulante divideva la sua attenzione tra il patibolo e i suoi avventori. Dei ragazzi tentavano di arrampicarsi sui muri e ricadevano giù. Preti e monaci si facevano largo con i gomiti tra la folla e si alzavano sulla punta dei piedi, per dare un’occhiata alla lama; poi se ne andavano.”

Napoli delude profondamente Dickens, che in una lettera all’amico e biografo Foster scrive: “La vita per le strade non è pittoresca e insolita neanche la metà di quanto i nostri sapientoni giramondo amino farci credere […] Che cosa non darei perché solo tu potessi vedere i lazzaroni come sono in realtà: meri animali, squallidi, abietti, miserabili, per l’ingrasso dei pidocchi: goffi, viscidi, brutti, cenciosi, avanzi di spaventapasseri” .

La Napoli descritta da Dickens è tutta miseria, sporcizia, mendicità; pullula di storpi, cani randagi, la maggior parte delle porte e delle finestre dei palazzi sono fradice e cadenti, le vie miserabili e attraversate da luridi rigagnoli…
Una Napoli di mendicanti e borsaioli, in cui il popolino si droga e si rovina giocando al Lotto.

Prima di tornare in Inghilterra Dickens visita anche Firenze e dopo aver reso un rapido tributo alla bellezza di palazzi e di alcune prospettive, non trova di meglio da fare che raccontarci, di Firenze, l’omicidio di una ragazzina uccisa da un ottantenne.

Non è mia intenzione ripetere e descrivere qui i particolari di tutto l’itinerario e le tappe del tour dickensiano.

Mi interessa solo dire che Impressioni italiane, questa raccolta di “ombre sull’acqua” è un libro che sono molto contenta di aver letto ma che mi ha lasciata molto perplessa per la pervicace monocularità della visione che Dickens fornisce delle città italiane che vede solo di passaggio o nelle quali soggiorna anche per periodi piuttosto lunghi.

Dickens infatti vede dell’Italia solo ed esclusivamente gli aspetti negativi e ripugnanti.

Itlian landscape

E per quanto riguarda lo stile di scrittura? Non all’altezza del Dickens dei romanzi.

Intendiamoci: la “mano” del Maestro si coglie sempre, ed in particolare nelle pagine in cui descrive la scena della decapitazione o in cui si lascia andare al sarcasmo ed all’ironia (efficacissima la descrizione della Messa celebrata dal Papa in San Pietro e dell’entourage vaticano e della gente comune che assiste alla funzione).

Ma la sua penna sembra perdere ogni capacità descrittiva quando vorrebbe (raramente, per la verità) parlare di persone o cose che lo colpiscono positivamente.

Dickens sembra, in queste note di viaggio, essere assolutamente incapace di descrivere la bellezza.

Eppure, in una delle ultime note scritte alla fine, quando riparte per tornare in Inghilterra e sta già percorrendo le Alpi Svizzere Dickens scrive:

“Separiamoci dall’Italia, con tutte le sue miserie e i suoi errori, affettuosamente: nella nostra ammirazione delle bellezze naturali e artificiali di cui è piena fino a traboccarne e nella nostra tenerezza verso un popolo per la sua indole ben disposto, e paziente e mite. Anni d’incuria, d’oppressione e di malgoverno hanno esercitato la loro opera per cambiare la natura e piegarne lo spirito; meschine gelosie – fomentate da principi insignificanti per i quali l’unione significava la scomparsa – e la divisione delle forze, sono state il cancro alla radice della loro nazionalità e hanno imbarbarito il loro linguaggio; ma il buono che è sempre stato in loro è ancora in loro, e un grande popolo può, un giorno, sorgere da queste ceneri […] L’Italia ci aiuta ad imprimerci in mente la lezione che la ruota del Tempo gira per uno scopo, e che il mondo è, nei suoi caratteri essenziali, migliore, più gentile, più tollerante e più pieno di speranza a mano a mano che gira”

Itlian landscape
Dickens Impressioni italiane

Charles DICKENS, Impressioni italiane (Tit. orig. Pictures from Italy 1844-45), traduz., introduzione e note Carlo Maria Messina, p.353, ed. Robin, Collana La biblioteca del tempo, 2005, ISBN: 8873711782 ISBN-13: 9788873711780    >>

Autore: Gabrilu

https://nonsoloproust.wordpress.com

13 pensieri riguardo “IMPRESSIONI ITALIANE – CHARLES DICKENS”

  1. Veramente gradevole questo tuo post!
    Non ho letto il libro, ma potrei dire che da Dickens me lo aspettavo:  è per vocazione il  lucido narratore  tanto dei bassifondi londinesi,  come degli squallidi (immorali) quartieri ricchi di Londra.  Ha, per così dire, l’occhio allenato a vedere prima e fuori di tutto il resto, le brutture e il sudiciume (inevitabile per certi aspetti, sia ieri che oggi) delle città che visita.
    Il suo occhio, in questo viaggio,  è quasi un obiettivo di macchina fotografica che coglie i particolari  e dimentica l’oleografia, quella che colsero invece e impressero bene nelle loro memorie Goethe e Stendhal, Byron soprattutto.
    Concordo con oyrad, quella nota va ben incorniciata!

    Elisabetta

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  2. Un invito alla lettura da accogliere senz’altro.
    Diciamo la verità: lo sguardo di Dickens sarà stato pure un po’ troppo crudele e unilaterale – né dobbiamo credere che l’umanità stessa tanto meglio altrove, nemmeno a casa sua.
    Ma certo le pagine proposte ci danno modo di riflettere sulla nostra storia passata… e presente!
    Quanto poi alla chiusura, concordo con gli altri commenti. Personalmente la proporrei in uno dei tanti talk-show.
    E’ di un’attualità bruciante. Ma contiene appunto un soffio di speranza. E quindi va letta, in ultima analisi, come un messaggio di fiducia nel futuro.
    Grazie, comunque, del post!
    Alessandro

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  3. Certo che Napoli è una città profpndamente legata alla sua tradizione e alla sua cultura, dai tempi di Dickens è rimasta tale e quale!

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  4. Oyrad, Elisabetta, Alessandro: ho messo in evidenza quella lunga citazione  non certo per caso…
    Gli è che la penso come voi 

    Anonimo #4
    Commento piuttosto ambiguo, il cui significato non sono ben sicura di volere approfondire…

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  5. Buongiorno a tutti. In quanto Commentista Anonimo (C.A.) del commento 4, vorrei depauperare il mio commento senza ogni ambiguità. Racconto che mio padre mi detto che i suoi genitori fecero un viaggio in Vespa all’inizio degli anni 50 e della città partenope hanno detto più o meno quello che ha detto Dickens, come hanno detto tutti i miei amici che ci sono stati in anni seguenti, con in oltre il traffico pericoloso e di caos. Le montagne di spazzatura le abbiamo viste alla Televisione, e che c’è molta malavita si sa anche questo dal Telegiornale sempre.

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  6.  Anonimo #6
     Che a Napoli e purtroppo in parecchie  realtà del Mezzogiorno in molti settori non si siano fatti grandi passi in avanti dall’epoca di  Dickens credo nessuno  si sogni  di negarlo: sono cose sotto gli occhi di tutti.

    Però la  mia  domanda riferita all’oggi è: siamo davvero tutti convinti che a Napoli  esistono solo caos e spazzatura, sporcizia e delinquenza    o pensiamo ci sia    anche dell’altro? Magari  *anche* qualcosa di positivo, di bello  e  che possibilmente non faccia parte di quella polverosa lista di  luoghi comuni del tipo "sole, mare, pizza e mandolini"?
    Da parte mia, la risposta è si.

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  7. spero di poter leggere un giorno questo libro… sono sicura che Dickens avrà avuto i suoi buon motivi per scrivere ciò che ha scritto… avrà capito che "non è tutto oro ciò che luccica" !

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  8. Ottima recensione. Il brano finale – ben citato – è toccante. E ci lascia la speranza in un’Italia migliore, parte di un’Europa Unita, della quale mi auguro torni a far parte la patria di Charles Dickens.

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