Thomas BERNHARD, I miei premi (tit. orig. Meine Preise), traduz. Elisabetta Dell’Anna Ciancia, p.133, Adelphi, Piccola Biblioteca Adelphi, 2009, ISBN: 8845924378 ISBN-13: 9788845924378
I miei premi è un librino in gran parte autobiografico in cui Bernhard parla delle varie cerimonie alle quali dovette partecipare in occasione della consegna dei premi che gli erano stati assegnati.
Nella Nota Editoriale di Raimund Fellinger contenuta nel volumetto Adelphi si legge che tra le carte di Bernhard trovate dopo la sua morte c’era una cartella contenente materiale eterogeneo tra cui un dattiloscritto di cinquanta pagine corrette e numerate dall’Autore: sulla prima compaiono scritti a macchina il nome di Thomas Bernhard e sotto il titolo “I miei premi”. Sul margine destro, un’annotazione a mano: “9 premi su 12 o 13”.
La genesi di questi scritti si fa risalire al 1980 mentre la pubblicazione, prevista inizialmente per il 1989, data della morte dello scrittore, è avvenuta soltanto da poco.
Bernhard i premi li accettava tutti, ma solo ed esclusivamente per “ragioni pecuniarie” e lo dice più volte molto esplicitamente perchè “Se qualcuno offre del denaro vuol dire che ne ha ed è giusto alleggerirlo”.
Con i soldi dei premi Bernhard paga vecchi debiti, si concede il lusso di comprarsi una fiammante Triumph Herald rossa, acquista quella casa alla cui ristrutturazione si dedicherà fino alla morte e che è diventata ormai luogo di pellegrinaggio per innumerevoli lettori di tutto il mondo.
I nove testi de I miei premi sono redatti con frasi corte, incisive, e sono tutti percorsi da uno dei principali leit motiv della sua opera, profondamente segnato dal cedimento dell’Austria al regime nazista: “Tutta la mia esistenza non risponde che all’unica volontà di disturbare e di irritare”.
Ed in effetti, tanto per fare un esempio, la consegna, nel 1968, del Premio Nazionale Austriaco per la Letteratura si conclude con uno scandalo davvero senza precedenti.
Basti solo pensare che tutto il breve discorso (il cui testo integrale è contenuto nel libro) pronunciato da Bernhard era un feroce attacco contro l’Austria. Parlava degli austriaci con frasi del tipo: “Non abbiamo niente da riferire, se non che siamo miserabili, schivi, per forza d’immaginazione […] strumenti del declino, creature dell’agonia; se tutto ci si spiega, nulla noi capiamo […] Non occorre che ci vergognamo, però noi siamo davvero niente e non meritiamo nient’altro che il caos”.
Non c’è da meravigliarsi se in sala e sul palco scoppiò il finimondo, il Ministro se ne andò furibondo e la cerimonia venne interrotta…
I miei premi è un libro feroce, iconoclasta, ironico e… strepitosamente esilarante.
Tra aneddoti, descrizioni delle reazioni del pubblico ai suoi discorsi, grande arte della digressione, violenza verbale ed humor implacabile, Bernhard esibisce una libertà di toni che arriva alla provocazione.
Il libro appare proprio come un feroce regolamento di conti nei confronti dell’ Austria e del sistema dei premi letterari.
Molte le pagine irresistibili: come per esempio quella in cui Bernhard parla della cerimonia della consegna del Premio Grillparzer e della Ministra della Ricerca Scientifica che, appisolatasi durante la cerimonia, si risveglia improvvisamente e “con un tono di impareggiabile arroganza e stupidità nella voce, chiese: ma dove si è cacciato il nostro scrittorello”.
Oppure quelle in cui a Ratisbona il Presidente incaricato di consegnare il premio che è stato assegnato ex aequo a Bernhard e alla scrittrice Borchers scambia i nomi ed annuncia: “…e con ciò l’Associazione Federale dell’Industria Tedesca consegna le Borse per il millenovecentosessantasette alla signora Bernhard ed al signor Borchers!”.
Ma succede anche che lo stesso Bernhard si trovi a far parte di una giuria. Accade a Brema.
Bernhard è decisissimo a proporre Canetti, ma
“pronunciai ripetutamente la parola Canetti e ogni volta le facce attorno al lungo tavolo si contrassero in una smorfia di disappunto. Molti a quel tavolo non sapevano neppure chi fosse Canetti, ma tra i pochi che sapevano di lui ci fu uno che tutt’a un tratto, dopo che ebbi ripetuto il nome Canetti, disse: ma pure quello è un ebreo. Poi ci fu solo un mormorio e di Canetti non si parlò più. Ancora oggi mi risuona nelle orecchie la frase Ma pure quello è un ebreo!
Per concludere: non solo I miei premi è un libro la cui lettura mi ha divertita moltissimo, ma lo consiglio a tutti e particolamente a coloro i quali svenderebbero in saldo l’anima al diavolo pur di comparire in libreria con la fascetta “Vincitore del premio Pinco Palla”.