Israel Joshua SINGER, I fratelli Ashkenazi (tit. orig. The Brothers Ashkenazi), traduzione di Bruno Fonzi, Introduzione di Claudio Magris, pp. 768, Bollati Boringhieri, 2011, EAN 9788833921846
Finalmente Bollati Boringhieri ha ripubblicato questo romanzo dello scrittore polacco Israel Joshua Singer, fratello maggiore del ben più noto Isaac Bashevis Singer, Nobel per la Letteratura 1978. Si tratta di un romanzo che, pubblicato per la prima volta in italiano da Longanesi nel 2004 ma poi scomparso dalla circolazione, aspettavo da anni di poter leggere.
Quando The Brothers Ashkenazi era comparso per la prima volta negli Stati Uniti nel 1936, aveva riscosso immediatamente un immenso successo e per molto tempo fu, assieme a Via col vento di Margareth Mitchell in cima alla lista dei best seller del New York Times.
Se la parola “best seller” fa venire il mal di pancia a qualcuno (a me lo farebbe venire, ad esempio; sono dannatamente diffidente, nei confronti dei best seller) sia così paziente da leggere il resto del post. Sono in grado di assicurare che quel che allora era stato solo un best seller è poi diventato un long seller. Ed è questo, che è importante.
Prima di entrare nel merito del libro, però, qualche parola sul suo autore.
Israel Joshua Singer è molto più che il fratello maggiore di Isaac Bashevis Singer. Ci sono critici letterari, esperti di letteratura yiddish ma non solo, che lo ritengono scrittore di valore addirittura di molto superiore al fratello Isaac il quale, molto più longevo, ebbe anche il tempo e il modo di scrivere più libri di Israel.

Israel Jeoshua e Isaac Bashevis Singer
…Ma questo adesso non ha molto importanza, e della questione magari parleremo in seguito, chissà.
Nato a Bilgorai, pittore a Varsavia, correttore di bozze a Kiev, nel 1933 Israel emigrò negli Stati Uniti, dove il suo teatro in yiddish è stato rappresentato per molto tempo.
I fratelli Ashkenazi è una grande saga familiare che si sviluppa per tre generazioni. Si svolge nell’arco di una cinquantina d’anni a cavallo tra Ottocento e Novecento nella cittadina polacca di Lodz che, su uno sfondo di miseria, di pogrom, di ricchezze ma anche di guerre e di rivoluzioni si trasforma da piccolo villaggio contadino a vivacissima città industriale.
Le prime pagine del libro, un Proemio in cui vengono descritte le grandi masse di “carri e barocci carichi di uomini, di donne, di bambini e di masserizie” che, percorrendo in lunghe processioni “le strade polverose della Slesia e della Sassonia, attraverso cittadine e villaggi devastati dalle guerre napoleoniche entravano in Polonia”, si impongono subito per la grandiosità della rappresentazione e l’andamento da esodo biblico con cui viene descritto l’arrivo a Lodz, in Polonia, di tessitori tedeschi ed ebrei ortodossi provenienti dalla Germania.
Scrive Claudio Magris nella lunga Prefazione (i grassetti sono miei):
Una lunga fila di emigranti è in marcia verso la città polacca di Lodz: fra loro una variopinta comunità di ebrei ortodossi che intende guadagnarsi da vivere con la tradizionale filatura a telaio. Sarà il seme dal quale nasceranno grandi industrie tessili capaci di imporre le loro merci in tutta l’Europa.In questo piccolo e operoso mondo, dove il tempo è scandito dal lavoro e dalle pratiche religiose, nascono i due figli del pio Reb Abraham Kirsch Ashkenazi, opposti nel carattere fin dalla prima infanzia: Jakob Bunin, vitale e generoso, rappresenta la forza naturale e l’istinto gioioso di vivere, mentre Simcha Meier, introverso e abile negli affari, riversa la sua febbrile inquietudine nell’imprenditoria. La parabola dell’esistenza porterà Jakob ad affermarsi con il suo talento di comunicatore, mentre Simcha toccherà le vette del capitalismo industriale grazie a un miscuglio di cupidigia e lungimiranza che tutto travolge in nome del profitto. Attorno a loro, tra la fine dell’Ottocento e il primo conflitto mondiale, si svolgono le grandi vicende della Storia e gli eventi minimi di una folla di personaggi uniti dalla comune spiritualità ebraica, che sfocia in conflitti generazionali, al punto di indurre i giovani a un progressivo allontanamento dalla tradizione dei padri, fino a esperienze estreme come la rivoluzione, la negazione degli affetti familiari e l’affermazione dell’individualismo assoluto. […] …un magistrale affresco che si pone come il pendant ebraico dei Buddenbrook di Thomas Mann, e che spiega perché Isaac Singer disse dell’amato fratello: «Sto ancora imparando da lui e dalla sua opera.» |
Attraverso le vicende di una famiglia immerse nella storia dell’ebraismo polacco narrate in un libro dall’impianto pienamente ottocentesco Singer sviluppa molti temi: quello dell’ascesa e della decadenza borghese, delle prime contraddittorie lotte sociali e della progressiva presa di coscienza da parte dei lavoratori; ci fa assistere allo sfacelo dell’impero zarista, alla rivoluzione dei Soviet ed alla costituzione della caotica repubblica polacca.
Singer ricrea dunque, attorno ai due figli gemelli di Reb Ashkenazi, tutta una folla di personaggi, di eventi e di vicende private, tutta la fenomenologia culturale, storica e politica di una pagina importante della storia polacca e di quel brulicante mondo degli ebrei orientali che verrà, non molti anni dopo, ferocemente annientata.

Lodz, primi anni del 1900
(Fonte)
Leggendo il romanzo, ha costituito per me un’emozione in più la consapevolezza del fatto che Israel Singer, avendo pubblicato il libro nel 1936, non poteva conoscere il tragico destino cui gli ebrei di Lodz andarono incontro dal 1939 al 1944

I temi del romanzo che andrebbero approfonditi sono davvero tanti. Ne estrapolo solo alcuni:
- Il tema dei due fratelli, che mi ha fatto riandare con il pensiero alle pagine de Gli scomparsi in cui l’ebreo americano Daniel Mendelsohn tratta a fondo l’importanza che, nella cultura ebraica, ha il tema del conflitto tra fratelli. Sono anche andata a rileggermele, quelle pagine, e ciò che scrive Mendelsohn mi ha fatto capire meglio tante cose dei due gemelli Ashkenazi
- I dualismi e le contrapposizioni tra individui (i due fratelli), tra due modi di vivere l’ebraismo, due rappresentazioni del prezzo da pagare per l’ assimilazione e la conflittualità tra gruppi: ebrei e gentili, ebrei chassidici di stretta osservanza ed ebrei “modernisti” assimilati o che aspirano all’assimilazione, ebrei poveri ed ebrei ricchi (e qui, come non pensare a I cani e i lupi di Irene Nemirovski?), tra tedeschi ed ebrei, tra russi ed ebrei….Una delle cose più interessanti mi è sembrata proprio la rappresentazione dell’universo ebraico che fornisce Israel Singer: un universo non monolitico ma ricco, al proprio interno, di differenze ed anche di contraddizioni. Quella per esempio in cui di fatto si trova a vivere la maggior parte degli ebrei tradizionalisti: da una parte una puntigliosa (ai miei occhi ai limiti dell’ossessivo) adesione a tutti a i rituali ma nello stesso tempo ipocrisia, indifferenza, persino crudeltà, poi, nella gestione concreta dei rapporti umani e dell’affettività.
- Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: la descrizione del microcosmo dei tessitori, dei lavoratori al telaio con tutta la rete di appaltatori e subappaltatori, la descrizione della miseria è anche il modo per descrivere lo sfruttamento esercitato da ebrei nei confronti di altri ebrei.

Una fabbrica di Lodz nel 1906
Fonte
- I cambiamenti, che si verificano sia a livello collettivo che individuale ed in cui i frequenti mutamenti dello scenario geopolitico (cambiano i confini, cambiano i padroni, cambiano gli alleati ed i nemici) fanno sì che di volta in volta un gruppo o un singolo viene a trovarsi nel ruolo di vittima o di carnefice.Non solo una società in piena trasformazione in cui i cambiamenti vengono di volta in volta subiti, provocati, auspicati, tollerati, temuti ma una società in cui a ciascun personaggio accade di comportarsi in maniera diversa a seconda della situazione e del contesto in cui viene a trovarsi.

Romanzo di amplissimo respiro, che parte lento e poi accelera andando sempre più in crescendo, un racconto appassionante in cui l’incredibile capacità epica dell’autore ci offre un capolavoro di narrazione che non solo a I Buddenbrook di Mann fa pensare, ma che da alcuni è stato paragonato ad una sorta di “Rougon Macquart dello Stethl”.
Condivido in pieno. A me, ad esempio, molte pagine ed interi capitoli hanno in effetti rievocato pagine e capitoli de L’Assommoir, di Germinal (la grande scena dello sciopero della miniera in Germinal, l’analoga grande scena dello sciopero della fabbrica tessile ne I fratelli Ashkenazi), di Le ventre de Paris, di Au bonheur des dames…
In una lunga intervista rilasciata nel 2009 a suo tempo pubblicata sul Corriere della Sera Harold Bloom parla del premio Nobel Isaac Bashevis Singer come di «Un autore mediocre. Al suo posto meritavano di vincere Chaim Grade, artefice dello splendido Yeshiva e Israel Joshua Singer, fratello maggiore ben più talentuoso di Bashevis che ci ha lasciato il bellissimo I Fratelli Ashkenazi ».
(Testo integrale dell’intervista >> qui)

Israel Joshua Singer nel 1938
Strano destino quello dei fratelli accomunati dalla stessa passione per la letteratura: fratelli dentro e fuori dalle pagine. come non pensare anche alla sorella scrittrice? non so quale sia il più bravo, certo oltre che imbevuti della stessa cultura, lavoravano molto sugli stessi temi (penso a La famiglia Moskat per esempio o a il Mago di lublino…) grazie della bella recensione, come sempre illumini quello che leggi. ciao, monica
Monica
Eggià!
Che splendida notizia Gabri!!
un abbraccio forte a te!:)
ops son la Giusi;)
Ho amato moltissimo "I fratelli Ashkenazi". Isaac Singer aveva una grande ammirazione per il fratello maggiore, a cui probabilmente deve la vita, per avergli dato un grande sostegno nella sua emigrazione in America che lo fece scampare dall'Olocausto, e a cui deve gli inizi della sua carriera di scrittore negli Stati Uniti.
Ci sarebbe poi un bel po' da studiare sul fatto che la grande prolificità di Isaac sia sbocciata dopo la morte del fratello, come se prima fosse quasi impossibile per Isaac confrontarsi col talento di Israel. Anche a me, da grande cultore delle opere di Isaac Singer, resta un grande rammarico per la breve carriera di Israel.
un abbraccio!
Bart
Giusi
Emozziunata veramente, eh?
Eh!
Bart
Per la serie: "le sorprese non finiscono mai".
Su Isaac e Israel, su i due fratelli e sulla di loro sorella (di cui nessuno si ricorda mai manco per sbaglio… non sia mai, che ci si ricordi che i due fratellini avevano anche una sorella che avevano lasciato a macerarsi nell'angolo, come i fratellini William ed Henry James avevano allegramente lasciato schiattare Alice) magari parleremo poi alla fine, chissà.
Bacioni (se posso permettermi)
Domani mattina, vado di corsa a comprare " I fratelli Ashkenazi", che era sempre lì latente, da cercare in qualche biblioteca ( freneticamente ansiosa di verificare che possa essere più bello de La famiglia Moskat , come Bloom sostiene…) . Grazie e ciao! Renza
Renza
Nella prima versione del mio post avevo tanto sproloquiato su differenze e analogie tra i due Patriarchi dei due fratellini (Israel e Isaac) e cioè sul patriarca Ashkenazi e sul patriarca Moskat.
Poi mi sono ravveduta (stavo proprio esagggggerando) ed ho cancellato tutto.
Cmq la cosa è solo rimandata.
Quando avrò finito con questi Singer proverò/proveremo a tirar le fila.
Intanto leggiti 'sti fratelli Ashkenazi. Meritano. Te lo assicuro.
Ciao e grazie a te
Che un libro di tale importanza, un long seller (possiamo a questo punto definirlo "un classico" ?) risalente al 1936 venga pubblicato per la prima volta in italiano nel 2004, poi scompaia per riapparire in altra edizione solo nel 2011, la dice lunga sulla nostra editoria.
Rallegriamoci pure, ma fa anche un po' tristezza.
Carloesse
'Ste cose non dirle a me, ché sfondi una porta spalancata.
Però è anche vero che le case editrici non sono mica Enti di Beneficenza, eh (Ed è giusto che non lo siano. Ognuno dovrebbe fare il suo mestiere).
Le case editrici pubblicano questo piuttosto che quell'altro (anche) perché — giustamente — fiutano il potenziale mercato ed anche perché c'è tutto il pressing di quei due o tre Blog letterari altolocati ed accreditati che decidono di fatto che cosa gli italiani e le italiane è cosa giusta e buona che leggano.
Fanno il bello e cattivo tempo e infatti ci vedi sempre appiccicati tutti gli autori e le autrici d'oggidì affamati/e di fama che sembrano tante mosche sulla carta moschicida. Ogni tanto qualcuno riesce persino a raccattare pure uno dei tanti Premi Letterari di cui il BelPaese non è certo avaro Bleah.
…Dunque il problema non è solo delle case editrici ma (vogliamo ammetterlo?) anche dei lettori italiani, che sembrano non essere mercato appetibile per un certo tipo di letteratura.
Ammesso poi che davvero esista, eh, problema!
Magari, il problema esiste solo per me, per te e per uno sparutissimo numero di altri lettori italiani che comunque non fanno numero, non fanno mercato.
La maggior parte della gente che legge continua a vivere giuliva e felice andando ad attaccare moccicosi lucchetti sui ponti romani o andando dove una tizia dice loro che s'è diretto il cuore o accattando carta stampata per cercar di studiare meglio e di più i plastici del vespone…
A chi vuoi che interessi, oggi come oggi, un libro come I fratelli Ashkenazi? Siamo seri.
P.S. Già che ci sono: l'hai letto il librino (librino si fa per dire) "Le Alpi nel mare" del nostro Sebald?
Cara Gabri, non ho dubbi che le case editrici seguano le regole del mercato. Quello che stupisce è che questo libro, a livello mondiale, non è un libro "di nicchia", ma un "long seller". Forse oggi può apparire di interesse per pochi (gioisco quindi all'iniziativa di Boringhieri), e sul finire degli anni 30 non mi sarei aspettato certo la pubblicazione di uno scrittore ebreo. Ma c'è stato il dopoguerra, gli anni '50 e i '60. Tra i '70 e gli '80 Adelphi pubblicava tutto Joseph Roth (e io ne feci una scorpacciata)!
PS:
Il "librino corso" di Sebald non me lo sono certo lasciato scappare!
🙂
Tu hai letto "Secondo natura"?
Io intanto l' ho già in valigia (per la montagna, dove pare ci sarà cattivo tempo e quindi, che brivido di piacere….). Aspetto il confronto tra i patriarchi . Ciao! Renza
carloesse
con Joseph Roth, altra porta spalancata
(su quanto hai scritto prima, ne riparleremo. Con i Singer non ho finito)
"Seconda natura"?! Puoi precisare? MI lambicco il cervello ma non capisco a che ti riferisci.
Ahò. E mica io so tutto, eh.
gabrilu perplessa
Renza
.. però poi, se non ti è piaciuto, non darmi randellate in testa, eh.
Cara Gabrilù perplessa, “Secondo Natura” è in realtà la prima opera narrativa di Sebald, anche se tra gli ultimi libri pubblicati in italiano (Secondo natura: un poema degli elementi, traduzione di Ada Vigliani, Adelphi 2009 ) ) ) ) ). E' un breve poema nel quale già buona parte del suo universo di digressioni è raffigurato, ma senza il repertorio iconografico che contraddistingue tutte le sue opere seguenti. E proprio questa assenza, più che l’essere scritto in versi (che almeno nella traduzione italiana peraltro poco si avverte, se si saltano gli a-capo), si fa sentire e rende faticosa la lettura, a meno che non si vada in cerca su Internet delle opere cui qui ci si riferisce (i quadri di Grunewald, per esempio).
Per maggiori dettagli:
http://www.adelphi.it/libro/9788845924156
Buona lettura (come al solito ne vale la pena).
carloesse
Argh.
In effetti, avrei potuto cavarmela subito con una veloce googlata, ma a parte che sono pigra (accidenti a me) … vuoi mettere una risposta personalizzata come la tua piuttosto che una risposta efficiente ma automatica e anonima di un motore di ricerca.
Della scheda di Adelphi mi attira molto quell'accenno a Grunewald, mi respinge molto invece la parola "poemetto".
Sono pressoché allergica a tutto quello che richiama la Poesia che si presenta con la "P" maiuscola con tanto di vele spiegate, pifferi e tamburi.
Ovviamente ho anche io i miei poeti e i miei poemi preferiti, ma son davvero pochissimi e se esplicitassi il perchè io li ami tanto … insomma, non interesserebbe alcuno.
Grazie per la pazienza dimostrata nel fornire una risposta così dettagliata.
Ciaociao
Mah, che dirti . La forma “poema” (specie se in un’opera contemporanea) per qualche ragione respinge anche me, ma come ti ho già detto, almeno nella traduzione italiana, la si avverte poco, in pratica solo negli a-capo che marcano ogni verso.
Difficile capire se in originale tedesco rispondano a qualche metrica (regolare o irregolare), a qualche musicalità o ritmo dei versi.
Mi piacerebbe sapere per quali ragioni Sebald abbia scelto comunque questa forma oggi inconsueta per il suo esordio letterario, ma proprio non so. Certe descrizioni, alcune immagini evocate in questi versi, appaiono sicuramente più potenti e talvolta quasi violente. Di certo fu una scelta felice sostituirla nelle opere successive con quell’originale matrimonio tra testo e fotografie, che ha reso inutile tale ricorso all'iperbole.
Il contenuto è comunque tipicamente sebaldiano. E la prima parte (proprio quella dedicata a Grunewald) è la più affascinante.
Chiacchierare con te è sempre un piacere per me.
Ciao
Messo in lista desideri. Aggiungo inoltre, solo per precisare, che la prima pubblicazione italiana de “I fratelli Ashkenazi” avvenne, sempre per Longanesi, nel 1970. Un saluto.
http://www.coliseum.it/mostra-libri?libro=323&titolo=IfratelliAshkenazi&autore=SingerIsraelJoshua
Grazie per la precisazione sulla data della prima pubblicazione di Longanesi. Non lo sapevo.
Nella mia testa, i blog dovrebbero servire anche a questo: a correggere, suggerire, colmare lacune.
L’informazione/precisazione che hai dato mi fa molto piacere ma anche dispiacere. Piacere perchè constato che in Italia, nel 1970, c’era una casa editrice che non esitava a pubblicare un romanzo di questo tipo; dispiacere perchè constato che dal 1970 ad oggi le cose, nell’editoria italiana, sono molto cambiate. E non in meglio (ma questa è solo una mia opinabilissima opinione, argomentare la quale mi porterebbe davvero troppo lontano)
Avevo letto il romanzo da giovane assieme alla “famiglia Moskat” ritenedolo dello stesso autore..rileggendolo ora mi ha colpito la forte critica verso un mondo (chassidim) al limite dell’antisemitismo…mi devo preoccupare?
@gianni
puoi spiegarti meglio? Non vorrei equivocare, perché considerare antisemiti i fratelli Israel ed Isaac Singer — tra l’altro figli proprio di un rabbino chassidico — mi è proprio difficile.
Non sono certo un’esperta di ebraismo, ma per quel che ne so il non ritrovarsi del tutto nei rituali e nei precetti del chassidismo, allontanarsene o criticarlo non fa certo di un ebreo (ma anche di un non ebreo, mi permetterei di aggiungere) un antisemita…
Nell’altro bellissimo romanzo di Israel Singer, “La famiglia Karnovski”, il capostipite, l’ebreo polacco David Karnovski decide (come ho scritto in questo post di lasciare la Polonia e di abbandonare assieme alla giovane moglie Léa il mondo chassidico, sinonimo per lui di oscurantismo per raggiungere la società ebrea assimilata di Berlino, culla della Haskala, movimento ebraico dei Lumi.
Per quello che capisco, l’ebraismo non è per nulla un un monolite, ma un mondo parecchio complesso.
In ogni caso, se altri che ne sanno più di me vogliono dire la loro saranno i benvenuti.
A distanza di quattro anni da questa tua recensione, Amazon mi ha proposto questo libro in formato epub per il mio Kindle. Prima di acquistarlo ho voluto cercare una recensione, Ho avuto la fortuna di arrivare qui. Mi sono subito preso la briga di registrare il tuo blog tra i preferiti. Ti ringrazio per l’esauriente recensione che mi ha subito spinto all’acquisto. Ti ringrazio anche per avermi spinto a leggere anche la recensione del libro della Nemirovski che mi affretterò ad acquistare. E come non finire ringraziandoti per aver segnalato qua sopra La Famiglia Karnovski??
Vito
grazie a te e benvenuto 🙂
Se “La famiglia Karnovski” l’hai già letto ed apprezzato, posso assicurarti che “I fratelli Ashkenazi” di certo non ti deluderanno.
Se poi avrai voglia, a lettura terminata, di dirci le tue impressioni non potrai che farci piacere.
Ciao!
Sempre a proposito di grandi autori della letteratura ebraica io consiglio “I racconti di Odessa” di Isaak Babel’ https://www.amazon.it/I-RACCONTI-ODESSA-ISAAC-BABEL-ebook/dp/B075WF6VPV
Ho appena terminato di leggere la storia di questi due fratelli Ashkenazy.
Ho apprezzato moltissimo la bravura nel descrivere le condizioni di vita dei lavoratori in quell’avvio di industrializzazione. Come pure le grandi diaspore attraverso la Polonia. Sembrava non di leggere un libro ma di vedere un film di Coppola, così bravo nel rendere le atmosfere di epoche ormai lontane. E che dire della descrizione dello stile di vita degli ebrei: così completa, dettagliata senza andare nello scolastico e nel documentaristico. Ora mi avvio a leggere La Famiglia Karnovsky.
@Vito Saponaro
grande autore, Israel Joshua! Sono molto contenta che gli Ashkenazi ti siano piaciuti. Finalmente, anche se in ordine sparso e soprattutto ahinoi in disordine cronologico stanno pubblicando/ripubblicando i suoi scritti e si può cominciare a considerare la sua opera letteraria nel suo complesso. Per quel che ne so, abbiamo ancora non disponibili, in Italia, un altro suo romanzo e un volume di racconti (pubblicato già invece, e da tempo, in Francia).
Sono in attesa di conoscere il tuo parere su i Karnowski, quando l’avrai finito.
Ciao! 🙂
Chi conosce l’ordine dei libri di yoshe kalb.?
Emilia
io certamente no. Non sapevo che Yoshe Kalb avesse scritto libri.
Ok. stavo scherzando:
Puoi formulare meglio la tua domanda?
Grazie 🙂
Ho visto che sta per uscire presso Adelphi La pecora nera di Singer. Ne sai qualcosa Gabrilu?
Grazie:)
@Piera
ah si?
Sì sì..:)
http://www.adelphi.it/libro/9788845929724
@Piera
ah, vabbè allora provochi 🙂
Se ne riparla del Nostro. Tranquilla , che se ne riparla.
Be quiet 😉
Mica vi libererete tanto facilmente di me e della famiglia Singer, eh?!?!
Eh?!?
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Gentili Signori,
grazie di averci messo a disposizione tutto questo materiale su Israel Singer.
Len Berg sono molto contenta che i miei post su Israel Joshua Singer e sui tre fratelli Singer vengano apprezzati e possano risultare in qualche modo utili. Grazie per il commento 🙂