Edgar L. Doctorow, La marcia (tit. orig. The March), traduzione di Vincenzo Mantovani, pagg. 365, Mondadori – Collana Scrittori italiani e stranieri, Milano, 2007
La marcia che dà il titolo a questo libro del newyorkese Doctorow, pubblicato nel 2005, è quella condotta nel dicembre del 1864 dal generale William Tecumseh Sherman attraverso la Georgia e le due Caroline nel momento culminante della guerra civile americana.
«Uncle Bill», come lo chiamavano i suoi fedelissimi, guidò dunque — per conto del Presidente Lincoln — la cosiddetta “marcia al mare” che, partita da Atlanta in Georgia si concluse con l’assedio e la presa della città di Savannah. La distanza che i sessantamila uomini di Sherman dovettero percorrere era di appena sessanta miglia.
Furono sessanta miglia di inferno, incendi, morte e violenza, atrocità spaventose ma anche di gesti di eroismo e di pietà.
Shermann e i suoi uomini resero possibile la fine della schiavitù, ma nello stesso tempo portarono miseria, violenza, disperazione e terrore nelle città che misero a ferro e fuoco.
Tra i libri di scrittori statunitensi che ho letto negli ultimi tempi e che pur avendo più o meno apprezzato, poca traccia hanno lasciato in me, La marcia è quello che mi ha maggiormente colpita ed è per questo che ho voglia di parlarne qui.