Victor KLEMPERER, E così tutto vacilla. Diario 1945, (tit. orig. Victor Klemperer: Ich will Zeugnis ablegen bis zum letzen. Tagebücher 1942-1945), a cura di Anna Ruchat, pp. 613, Scheiwiller, 2010
Dresda, gennaio 1945: “I russi davanti a Cracovia, i bombardieri angloamericani sopra di noi, la Gestapo alle nostre spalle”, annota nel suo diario Victor Klemperer.
Quando scrive queste righe, il professore ebreo Victor Klemperer, stimatissimo esperto di filologia romanza, studioso di letteratura francese ha sessantaquattro anni, da dieci ha dovuto lasciare la cattedra di letteratura francese e solo il matrimonio con la pianista ariana Eva Schlemmer lo ha sinora salvato dal campo di sterminio.
Queste annotazioni fanno parte di uno sterminato diario (circa cinquemila pagine) che l’autore tenne per cinquantanni e che, nascosto presso un’amica nel periodo della più dura persecuzione antiebraica e della guerra, è miracolosamente scampato al disastro.
I Diari di Victor Klemperer vengono considerati uno dei più importanti documenti-testimonianza del ventesimo secolo.
La lettura di questo volume — che raccoglie le annotazioni di Klemperer redatte nel 1945, anno cruciale per la Germania ma non solo — è stata per me, decisamente, una delle più interessanti negli ultimi mesi.

La stesura del diario del nazismo comincia nel 1933, e già dall’inizio Klemperer si rende conto di star facendo una cosa molto pericolosa: la scoperta di quelle pagine redatte giorno dopo giorno provocherebbero la deportazione del loro autore.
“Ma io continuo a scrivere: E’ questo il mio modo di essere eroico Voglio testimoniare e testimoniare nel dettaglio” (diario del 1942).
Victor Klemperer (cugino del ben più noto al grande pubblico Otto Klemperer, il grande direttore d’orchestra) è figlio di un rabbino, dunque colpito direttamente dalle leggi razziali del 1935. E’ vero che nel 1921 si era convertito al protestantesimo, forse per ottenere una cattedra a Monaco, ma questo non avrebbe fermato i nazisti. Lo salva (ma fino a quando?) il fatto di essere sposato con un’ariana, la pianista Eva Schlemmer. Questo matrimonio resiste a tutte le politiche e le persecuzioni antisemite che si abbattono sulla comunità ebraica: in un momento in cui molti matrimoni misti vanno in frantumi davanti alle misure derivanti dalle leggi di Norimberga, l’unione tra Victor ed Eva si rivela indistruttibile, capace di resistere a tutto.

Victor Klemperer e la moglie Eva Schlemmer a Dresda, nel 1940
Eva condivide con il marito tutti i crescenti disagi, restrizioni, pericoli sempre più terribili, condivide la fame e il rischio che ogni giorno si fa più minaccioso dell’arresto e della deportazione. Ed in effetti, l’ambiguità in cui lo colloca il matrimonio con un’ariana costituisce per Klemperer un tema costante di riflessione ma anche una spinta alla voglia di sopravvivere. Non deve egli forse la vita a colei che lo protegge con la propria identità ariana? Il diario dà conto giorno per giorno della resistenza di una coppia al nazismo e del rifiuto di una identità imposta dall’esterno da un iniquo potere politico.
Nonostante la sua conversione — un gesto puramente formale — infatti Klemperer non smette di interrogarsi sulla propria identità di ebreo, ma sempre denunciando che questa identità gli viene imposta dal potere, come un’arma per distruggerlo. Il matrimonio con un’ariana non gli risparmia nessuna delle misure restrittive, nessuno dei divieti e delle persecuzioni dirette agli ebrei. Gli evita però la deportazione. Almeno fino all’ultimo: perchè proprio nel febbraio del 1945, la sera stessa che precede i terribili bombardamenti e la distruzione di Dresda, egli riceve l’ordine di deportazione.
Nella notte del 13 febbraio, in una Dresda in fiamme e devastata dalle bombe inizia il rastrellamento degli ultimi ebrei. Ma a quel punto, Klemperer si strappa dal cappotto la stella gialla e fugge. Lui e d Eva si salvano solo grazie alla confusione ed al caos che segue i bombardamenti.
“A un certo punto, mentre mi cercava [Eva] aveva voluto accendersi una sigaretta, ma non aveva fiammiferi. Per terra c’era un pezzo di brace e si era chinata per usarlo: era un cadavere che stava bruciando”

Dresda, 1945. La statua di Martin Lutero davanti alla Frauenkirche
I Klemperer fuggono da Dresda e, attraversando la Germania ormai al collasso con i pochi treni ancora funzionanti e sotto il continuo fuoco aereo degli Alleati, riescono ad arrivare a Monaco. Dove trovano un altro inferno.
Ma è a Monaco che finalmente arriva la tanto sperata, desiderata notizia della caduta definitiva del Reich, della morte di Hitler, della resa della Germania, della fine della guerra.
25 aprile 1945. Gli americani entrano a Monaco
Mentre l’Armata rossa arriva a Berlino, Klemperer si trova nei pressi di Monaco, passa la notte in un alloggiamento delle SS ormai abbandonato: “Nella stufa bruciava il ritratto di Hitler; – è una gioia vivere”, scrive.
I Klemperer decidono allora di tornare a Dresda, dove arrivano il 10 giugno del 1945 dopo un viaggio che si svolge quasi tutto a piedi ed in cui affrontano la fame e la miseria perchè la Germania ormai collassata non offre più neanche nei villaggi di campagna — assaliti dagli sfollati dalle grandi città bombardate — la possibilità di una tazza di latte, un pezzo di pane, un tetto sotto il quale dormire.
In un paesaggio di rovine, i Klemperer trovano la loro casa di Dölzschen miracolosamente quasi intatta, e Klemperer impiegherà i mesi seguenti alla redazione del suo libro LTI. La lingua del Terzo Reich , che verrà pubblicato nel 1947.
Il suo avvenire professionale è però incerto, tutto vacilla, e non solo per lui. Incertezza sociale (che tipo di potere si sta organizzando nella Germania orientale? I carnefici saranno puniti? Verrà fatta pulizia dai nazisti? Le vittime saranno risarcite?), incertezza individuale (“qual è la cosa migliore per la mia situazione, la mia libertà, la mia opera da scrivere e in questo modo sarò comunque al servizio del mio compito ideale; sedersi sul cavallo giusto. Qual è quello giusto? La giostra dei petits chevaux continua a girare. Russia? Stati Uniti? Democrazia? Comunismo? Professore in servizio? Emerito? Impolitico? Con un ben preciso orientamento politico? Punti di domanda, uno dopo l’altro”).
“E così tutto vacilla. […] come diventerà col passare del tempo? E quel che mi preoccupa più di tutto — come influenzerà la futura posizione degli ebrei in Germania? Molto presto si dirà: si impongono su tutti noi, si vendicano, sono loro i vincitori: Hitler e Goebbels avevano ragione” (p.296)
“Dovunque, ogni due minuti, ogni due righe, arrivo sempre alla stessa conclusione: tutto barcolla, tutto vacilla, ovunque si vada si annaspa…” (p316, 23 giugno 1945)
“Tutto è fermo, tutto vacilla, hic et ubique” (p.365, 21 luglio 1945)
“Sono troppo vecchio e ogni cosa mi è già successa una volta” (p.365, 20 luglio 1945)
Alla fine, Klemperer decide di fare di tutto per assicurarsi una carriera nella DDR e, una volta ottenuto la nomina a professore ordinario si iscrive al KPD. La sua adesione al Partito gli apre la strada ad una serie di prestigiosi incarichi.
Scrive Antonio Moresco nel bel saggio introduttivo a questo volume:
Leggere questo libro è un’esperienza rara. Si attraversa tramite il suo autore una catastrofe umana, morale, storica e spirituale che ha pochi equivalenti nel corso del nostro tempo di specie. E’ una testimonianza unica per ampiezza, articolazione, immersione, dove le convinzioni ideali e le ragioni generali sono intrecciate alle “ragioni” delle singole vite e dove neppure le paure, le contraddizioni, gli opportunismi, i limiti, le debolezze e le piccole vanità e insensibilità del testimone vengono occultati ma, al contrario, mostrati assieme a tutto il resto con disarmante candore e quasi infantile sincerità. Ma è proprio questo che ci permette di avere una visione così tridimensionale e profonda dell’ inconcepibile “normalità” di quegli anni, senza le grandi sintesi successive e le semplificazioni e concettualizzazioni della “Storia”.
Tra le tante riflessioni e suggestioni che ha prodotto in me la lettura di questo libro di Klemperer, ce ne sono due alle quali vorrei anche solo accennare perchè si riferiscono ad altri due libri, diversissimi tra loro ma la cui lettura, incrociata con le annotazioni del diario di Klemperer aiutano io credo a meglio comprendere il clima, il contesto della Germania di quegli anni terribili.
- Una delle connessioni che mi è venuta in mente è con il testo di alcune conferenze di Winfried G. Sebald.
W. G. Sebald, nelle sue conferenze pubblicate con il titolo Storia naturale della distruzione (ne ho parlato in questo post ) si chiede: perchè nella letteratura tedesca dell’immediato dopoguerra la distruzione delle città tedesche operata dalle forze aeree inglesi ed americane è pressocchè assente?
Scrive Sebald:
“Sembra proprio che in quegli anni […] nessuno fra gli scrittori tedeschi volesse o sapesse mettere per iscritto qualcosa di concreto sul decorso e le conseguenze di quella lunghissima, immane campagna di annientamento.”
Quei bombardamenti, quelle devastazioni, quella campagna di annientamento ci vengono narrati, in questo diario, giorno per giorno dal punto di vista di un tedesco che, nonostante le persecuzioni subite in quanto ebreo non ha mai rinunciato all’attaccamento alla Germania e alla sua cultura e pur soffrendo come tutti gli altri tedeschi gli effetti da essi provocati (la fame, le rovine, la devastazione del territorio) non può che considerare la tremenda offensiva di sovietici ed anglo-americani come una speranza di salvezza.
- L’altra connessione è con un grandissimo romanzo, e cioè La famiglia Karnowski di Israel Joshua Singer del quale ho già parlato >>qui e >>qui
Tutto ciò che ho letto della biografia di Victor Klemperer, infatti, mi ha ricordato moltissimo le figure di David ed il figlio Georg Moishe.
David Karnowski ama la Germania tanto da averla scelta come patria ed avere abbandonato lo sthetl polacco per trasferirsi a Berlino con tutta la famiglia; si riconosce nella sua cultura e pur non rinunciando alla sua identità di ebreo ed alla religione ebraica si sente perfettamente integrato (“tedesco tra i tedeschi, ebreo tra gli ebrei” è il suo motto”), per la Germania ha combattuto ed è stato ferito nella Grande Guerra. Il figlio Georg si laurea in medicina, diventa un medico molto stimato professionalmente. Anche lui, come Victor Klemperer, sposa un’ariana (Teresa Holbek) ma questo non gli risparmia nulla delle persecuzioni volute e sostenute dalle leggi razziali.
David e Georg Karnowski, anche loro, vedono che davanti a loro “tutto vacilla”: il mondo in cui avevano creduto ed investito economicamente, culturalmente, psicologicamente, affettivamente non solo li respinge ma vuole annientarli.
La famiglia Karnowski si salva emigrando, appena in tempo, negli Stati Uniti d’America. Victor Klemperer si salva grazie al caos, alla morte ed alla distruzione piovuta dal cielo con le bombe degli anglo americani.
Analogie e differenze che mostrano una stessa, complessa realtà da tre angolazioni e punti di vista differenti sia per il tempo in cui questi testi vennero scritti, sia per il punto di vista dei loro rispettivi autori.
Prima ancora di terminare la lettura del tuo splendido post, anch’io ho pensato immediatamente- complici le foto?- a Storia naturale della distruzione e, invece che a I.J. Singer, ad Hans Fallada. E a giudicare dalle domande che Klemperer si pone, mi chiedo anch’io: cosa sappiamo, effettivamente, dell’esatta misura del consenso e della resistenza in Germania? Chi ce ne parla, quali documenti ci sono rimasti? Cosa davvero pensavano i tedeschi del nazismo?
Una lettura importante, questa, che spero di avere un giorno la forza- emotiva- di affrontare.
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Hai proprio ragione, @Dragoval: l’Hans Fallada di “Ognuno muore solo” ma anche di “Nel mio paese straniero”… Fallada però era tedesco ariano, era cioè, come Sebald, ed obtorto collo, oggettivamente “dall’altra parte”.
Questo vuol dire altri distinguo ancora, reazioni emotive ancora differenti…
Ho pensato ai Karnowski soprattutto perché moltissimi ebrei tedeschi amavano (ed hanno continuato ad amare) la Germania nonostante quello che hanno subito. Molti di loro si sentivano più tedeschi dei tedeschi ariani e non si capacitavano, non potevano capacitarsi.
Penso anche (un libro tira l’altro) a Reich-Ranicki che, nella sua autobiografia, scrive — dopo tutto quello che ha passato nel ghetto di Varsavia — che la sua patria è “la letteratura tedesca”.
E gli ebrei italiani? Radicati, integrati, non certo un corpo estraneo… eppure.
Proprio in questi giorni ricordiamo tutti le fosse Ardeatine, il rastrellamento del ghetto di Roma… ma si parla poco, io credo, del fatto che i tedeschi poterono contare (anche) sull’aiuto e la complicità di molti italiani.
Sarebbe bene farselo seriamente anche in Italia, un esame di coscienza ** pubblico**, su questi temi.
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Credo che solo chi vuole negare fatti non pensi ai numerosi ed efficienti collaboratori di tedeschi.
Non solo per quanto riguarda ebrei , anche per quanto riguarda persone in odore come resistenti partigiani.
Conosco molto bene storia di una città in Italia e i nomi dei due figli di un sarto allora ” alla moda”, un uomo bravissimo, onesto con ottima clientela che talora gli faceva confidenze.
I suoi figli collaborarono a ” vendere ” alcuni clienti ebrei del padre, mi son dimenticata per quale cifra ciascuno, sapevo anche la cifra…la storia me la raccontò un vecchio amico di mio padre( mio padre era a Buchenwald quando questo succedeva in sua città di adozione), ribadita dalla nipote di questo signore anni fa.
Il vecchio sarto si uccise dalla disperazione e dalla vergogna.Non ricordo in questo momento la fine dei figli.
Ci fu anche persona di servizio che fece sparire gioielli e argenti, per poi farli trovare ai superstiti della famiglia , a guerra finita.Questa signora allora aveva forse 19 anni, capi come si metteva : quello che potè lo salvò( aveva avuto vita difficile e di stenti, sapeva sopravvivere e adorava mia nonna che la prese con sè a 14 anni facendone quasi una figlia!!) e servì a cure e a piccolo inizio. Meglio di niente.
E’ ancora viva, in California, Mia nonna diceva che si poteva lasciarle Fort Knox, che non sarebbe mancato nulla.Ci scriviamo ancora e mio padre prima di morire andò a trovarla!!
Il libro di Klemperer ha già tre destinatari fra compleanni e Natale( grazie!!)
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@Nicole
tu sei una delle poche persone che riescono sempre a lasciarmi senza parole.
E sono certa che capisci quello che intendo dire
E cmq: riparleremo di tutto, e di di meno, e di più’…
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Gabrilu, io resto sempre senza parole davanti alla scelta di libri qui proposta! E’ qualcosa di stupefacente, se ci mettiamo poi le tue recensioni..
Non ho molto tempo per librerie, sarebbero la mia passione quelle piccole che non si trovano più, in queste grandi come supermercati che vendono libri messi come fossero deodoranti, che entri e trovi il banchetto dei più venduti o delle novità come se fosse la merce deperibile in scadenza..insomma non le reggo! A me non aiuta..a me piace scovare, controllare, fare il segugio, certo il tempo è tiranno.Poi ho preso anche delle bidonate, ma mica tutto quello che mettono in evidenza è roba da futuri Nobel!!Tu come fai a scovare questi libri? Hai un libraio di fiducia? Forse è domanda indiscreta, forse hai solo più tempo e sei meno allergica di quanto io sia a entrare in supermercato..ho tentato di acquistare in piccole librerie, anche fuori dalla mia città, quando facevo un viaggio.Ebbene hanno chiuso tutte, alla fine.Che tristezza!
I commessi poi…un tempo appunto c’era il libraio grande lettore attento, oggi son commessi con laurea che confondono Balcani con paesi Baltici.
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@Nicole
Le librerie ormai le frequento pochissimo (per nulla, direi). Per vari motivi che sarebbe lungo elencare adesso. Faccio eccezione per le piccole librerie “storiche”, o molto specializzate, insomma le librerie di nicchia.
Ho alcune aree tematiche che mi interessano particolarmente (la storia contemporanea, soprattutto), autori ed epoche letterarie che cerco di approfondire, e poi sai com’è: a quel punto si è nel vortice, perché un libro tira l’altro.
Nella scelta dei libri da leggere vado molto a fiuto, gironzolo parecchio per aNobii e leggo i pareri di persone che hanno interessi e gusti affini ai miei: quando un libro mi piace e mi convince leggo attentamente — se possibile — la biografia dell’autore, le bibliografie e le
note a più di pagina, cerco insomma di seguire come un segugio le piste che trovo nei libri di autori che mi piacciono/mi interessano.
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Che bel post! E il libro che hai recensito mi attira moltissimo: lo annoto fra le compere da fare.
P.S. non ho letto Sebald, ma La famiglia Karnowski è venuta subito in mente anche a me.
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@frine
Grazie 🙂
Se non hai ancora letto nulla di Sebald, mi permetto di consigliartelo vivissimamente. Sono certa che ti conquisterà.
Ciao, e spero di rileggerti
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