UN URLO ESPLOSIVO (E CONTAGIOSO)

Thomas Bernhard

Thomas Bernhard

(Fonte: Das Thomas Bernhard Archiv)

Ma che caspita di lingua parla, questoqqui?!?!? Ma come diavolo scrive?!?
Una cosa è certa: Bernhard non lascia indifferenti.

Lo si ama, lo si odia, lo si molla a pag. 3, ci si procaccia tutto il procacciabile e lo si divora, si dice “ancora, ancora…”, si dice “ma che sòla che mi è capitata” (segue lancio quanto meno simbolico del cartaceo alle ortiche — se trattasi di un .epub subito nel trash), “mai più nella vita, ho di meglio da leggere, passo ad altro…”, “ma quanto è deprimente  ‘sto tizio…meglio la canna del gas…”…

… Basta farsi un giro su aNobii (tanto per rimanere in Rete) per leggere di tutto e di più.

Da parte mia lo trovo affascinante, consolatorio (si, ho scritto “consolatorio”), u-ma-nis-si-mo e … catarticamente divertente.

Taccio sulla sublime musicalità della sua scrittura, talmente sublime da resistere impavidamente e kunderianamente a qualunque eventuale pessima traduzione.

Non me ne sazio mai.

E’ per questo che da tempo resisto alla voglia di una full immersion, che me lo centellino, che lo leggo/lo assumo in piccole dosi.

Come gli antibiotici. Che si assumono quando veramente servono.

Quando sto male leggo un libro di Bernhard e mi sento subito meglio. Ed è vero, eh.

… Ma chi sono io per parlare della lingua di Bernhard? Della comicità di Bernhard? Meglio lasciare la parola allo stesso Bernhard e a Pier Aldo Rovatti.

 

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UNA ROTTA LUNGA E TORTUOSA

Joseph Conrad

” […] Ho semplicemente seguito il capitano Anthony. Eravamo entrambi decisi a catturare il nostro sogno: sta al lettore giudicare se ci siamo riusciti. La determinazione del capitano Anthony lo spinse a seguire una rotta lunga e tortuosa, ed è questo il motivo per cui il libro è così lungo. Non nego che quella rotta l’abbia scelta io. Un critico ha osservato che se avessi scelto un altro metodo di composizione, e con un piccolo sforzo in più, avrei potuto raccontare la storia in circa duecento pagine. Confesso di non comprendere esattamente il senso di una tale critica, e neanche l’utilità di una osservazione del genere. Senza dubbio, scegliendo un dato metodo e a costo di grande fatica il racconto si sarebbe potuto scrivere su una cartina per sigarette. Se è per questo, l’intera storia dell’umanità potrebbe essere scritta così, se solo la si affrontasse col dovuto distacco. La storia degli uomini sulla terra, fin dall’alba dei tempi, si può riassumere in un’unica frase infinitamente evocativa: nacquero, soffrirono, morirono… E tuttavia, che grande racconto! Nelle storie infinitamente minute di uomini e donne che mi è toccato in sorte narrare, però, io non sono capace di un simile distacco.”

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Il caso è stato recentemente pubblicato da Adelphi. Ricompare in esso l’indimenticabile capitano Marlow di Lord Jim e Cuore di Tenebra, che della vicenda è il narratore (oltre che personaggio non del tutto marginale).

Nonostante qualche passaggio marinaro ed i continui richiami e sottili distinguo tra “gente di mare” e “gente di terra” il romanzo non appartiene alla categoria “racconti di mare e di costa” ma, se mai, ad una categoria che potrei etichettare sommariamente come una “love story”.

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UN GOMITOLO DI CONCAUSE. LETTERE A PIETRO CITATI (1957 – 1969) – CARLO EMILIO GADDA

Un gomitolo di concause

Carlo Emilio GADDA, Un gomitolo di concause. Lettere a Pietro Citati (1957-1969), a cura di Giorgio Pinotti, Piccola Biblioteca Adelphi, pp.239, 2013

Sono molto contenta di poter ospitare su NonSoloProust alcune considerazioni di Dragoval (>> qui la sua libreria su aNobii) su questo  libro che riguarda due personaggi della letteratura italiana da me molto apprezzati.

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di Dragoval

Cui dono lepidum novum libellum

Con feroce ironia, il verso catulliano potrebbe alludere all’intricatissima vicenda editoriale delle opere di Gadda, stressato, ricattato, vessato (a sentir lui) dagli editori Garzanti, Einaudi e Mondadori che si contendono aspramente le sue opere, e di cui molto veniamo a sapere grazie alla corrispondenza del Gaddus con Pietro Citati, collaboratore di Garzanti nonché, come detto in quarta di copertina, mediatore tra Gadda e il mondo.

Il Gadda di queste lettere appare nevrastenico, malato e costretto a regimi iposodici e ipocalorici malgré soi, che peraltro non sembra abbiano effetti rilevanti sulla sua salute.

Gli spostamenti lo terrorizzano e lo stancano; l’umore è tetro, amareggiato dalle polemiche dovute a sue opere risalenti anche a vent’anni prima e oltre (allusioni a noti e a meno noti in Giornale di guerra e di prigionia, Eros e Priapo e La Cognizione del dolore, che lo costringono a ritardatarie e frenetiche ritrattazioni); il lavoro creativo è compromesso dalla necessità di scrivere, riscrivere e correggere scritti promessi a questo e a quell’editore; i ritardi e l’inabilità a districarsi lo relegano in una posizione di colpevole quanto rancoroso disagio.

Da qui, filtrano,tuttavia, anche l’affetto per l’olimpico Citati (che imperturbabile sembra assorbire e rintuzzare con garbo e pazienza le ubbie del suo interlocutore), l’interesse per il suo (di Citati) lavoro critico – nello specifico su Goethe- ed alcuni insospettabili e gustosi retroscena, come le serate romane in compagnia di Moravia-Morante-Pasolini, l’amicizia con Parise, il reverente affetto per don Benedetto (Croce), consulente d’eccezione per la parte napoletana della lingua del Pasticciaccio .

Doviziosissimo l’apparato critico, esegetico e testuale, del curatore Giorgio Pinotti, indispensabile per dipanare il fittissimo gnommero di rimandi, allusioni e sottintesi, intra ed extratestuali, di cui sono inestricabilmente intessute queste lettere.

Citati Contini Gadda (1957)Pietro Citati, Alfredo Schiaffini e Carlo Emilio Gadda nel 1957
N.B: Ho preso la foto dal  sito di Radio3 della Rai, puntata del 10/02/2014 di “Qui comincia…” nel quale la  persona al centro viene indicata, erroneamente, come Gianfranco Contini.(gabrilu)

La scheda del libro >>

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