LA VOCE DI UN VIOLINO

soldato russo suona il violino1943. Un soldato russo suona il violino tra le macerie di un edificio distrutto.
Foto Yakov Khalip

(Fonte)

 

“In mezzo al condotto, con indosso una vecchia camicia d’ordinanza e in testa un berretto con la stella verde del fronte, suonava, a capo chino, un violinista.Vavilov vide che Krymov si era svegliato, si chinò su di lui e disse: “E´ Rubincik, il nostro barbiere, un graaande virtuoso!”. Ogni tanto, senza troppi complimenti, qualcuno interrompeva la musica con una battuta volgare; ogni tanto qualcuno urlava un ´posso parlare o no? coprendo il violino con la voce per fare rapporto al comandante; oppure era un cucchiaio a battere contro la gavetta, o il lungo sbadiglio compiaciuto di chi radunava il fieno prima di dormire. Dal canto suo il barbiere badava a che il violino non disturbasse i comandanti, pronto a interrompersi in qualsiasi momento. Ma perché Jan Kubelik, di cui Krymov si era appena ricordato, un Kubelik canuto e con la marsina nera, aveva fatto dietrofront al cospetto del barbiere dello Stato maggiore? Perché la voce esile e stridula del violino, quel motivetto semplice come un ruscello, esprimeva meglio di Bach e Mozart le profondità dell’animo umano?
[…]
Quella musica gli aveva fatto capire che cos’è il tempo. Il tempo è lo spazio trasparente in cui gli uomini nascono, si muovono e scompaiono senza lasciare traccia… […] Così è il tempo: tutto passa, lui resta. Tutto resta, il tempo passa. E com’è lieve, silenzioso il suo fluire. Ieri eri ancora sicuro, allegro, forte, figlio del tempo. Oggi un altro tempo è arrivato, ma tu non lo sai ancora. Dal violino di compensato del barbiere Rubincik usciva il tempo dilaniato dalla battaglia. Il violino diceva agli uni che era giunto il loro momento, agli altri che il loro tempo era scaduto. Scaduto, scaduto, pensò Krymov.”

 

“DAVANTI SI POTEVA VEDERE LA COSTA FRANCESE…”

 

Hemingway e Capa_Giugno1944_Portland
Robert Capa ed Ernest Hemingway alla base navale di Portland, Giugno 1944
(fonte)

“Nessuno ricorda la data della battaglia di Shiloh. Ma il giorno in cui prendemmo la spiaggia Volpe Verde era il 6 giugno, e il vento soffiava forte da nordovest. Man mano che procedevamo verso la terraferma nella luce grigia del primo mattino, i battelli d’acciaio da trentasei piedi a forma di bare ricevevano solide lamine verdi d’acqua che andavano a cadere sulle teste coperte da elmi dei soldati, stipati spalla a spalla nel difficile, goffo, scomodo, solitario cameratismo degli uomini che vanno alla battaglia. C’erano casse di tritolo avvolte in salvagente di tubi di gomma per galleggiare nella risacca, accatastate a prora nella sentina d’acciaio dell’LCV (P) , e c’erano pile di bazooka e scatole di proiettili di bazooka protette da rivestimenti che ricordavano gli impermeabili trasparenti delle studentesse. Anche a questo materiale erano stati legati con delle cinghie salvagente in tubi di gomma, mentre gli uomini portavano questi stessi tubi grigi legati sotto le ascelle.Quando l’imbarcazione si levava sul mare, l’acqua da verde diventava bianca e andava a sbattere sugli uomini, le armi e le casse di esplosivo. Davanti si poteva vedere la costa francese. La massa grigia, imboschita di bome e di picchi da carico, dei mezzi d’assalto era ormai dietro di noi e su tutto il mare le imbarcazioni stavano strisciando in direzione della Francia.

[…]

Sono molte le cose che non ho scritto. Si potrebbe scrivere per una settimana senza attribuire a tutti i meriti per ciò che hanno fatto su un fronte di 1135 iarde. La guerra vera non è mai come quella sui giornali, e i resoconti che se ne leggono non assomigliano molto al suo aspetto effettivo. Ma se volete sapere qual era la situazione a bordo di un LCV (P) il D-Day quando prendemmo la spiaggia Volpe Verde e la spiaggia Facile Rosso il 6 giugno 1944, questa è la migliore approssimazione alla quale posso arrivare.”

Hernest Hemingway, Viaggio verso la vittoria -Voyage to Victory, corrispondenza di guerra per la rivista ´Collier’s. Articolo pubblicato il 22 luglio 1944
In By-Line, traduz. Giorgio Monicelli, p. 496, Oscar Mondadori, 2011. Ne avevo parlato >> qui

  • Robert Capa, foto dello sbarco >>
  • Le spiagge del D-Day >>
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