I romanzi di Modiano sono pieni di nomi di strade, di luoghi, di stazioni di métro, di alberghi di Parigi.
Ci sono i romanzi ambientati in un determinato quartiere e lo esplorano fino nei suoi angoli più remoti – là un hotel, là un garage, un caffè, un cinema, una stazione di polizia… E quelli in cui i personaggi, al contrario, attraversano tutta la città — a piedi e di notte, generalmente — ad un punto tale che il semplice passaggio da una riva all’altra della Senna diventa vera e propria rottura temporale. E poi c’è anche una manciata di romanzi (come Les boulevards de ceinture in italiano Viali di circonvallazione ) che girano tutt’intorno Parigi e non si avvicinano alla capitale che, appunto, per i Grands Boulevards.
C’è la Parigi dell’Occupazione nazista in cui Modiano è nato e che — come a Stoccolma ha detto egli stesso nel suo discorso all’Accademia Svedese — egli considera “un mauvais rêve”.
Questa Parigi non ha mai cessato di ossessionarlo e l’ha marcato profondamente: “a toujours été pour moi comme une nuit originelle. Sans lui je ne serais jamais né. Ce Paris-là n’a cessé de me hanter et sa lumière voilée baigne parfois mes livres.
Voilà aussi la preuve qu’un écrivain est marqué d’une manière indélébile par sa date de naissance et par son temps”.
C’è la Parigi di oggi. Ma nelle pagine dei libri di Modiano, e nonostante il brulicare di decine e decine di indirizzi e di nomi di hotel e di caffè, non sempre queste Parigi risultano per noi lettori immediatamente riconoscibili.
Perchè l’uso che Modiano fa della toponomastica e della cartografia parigina è molto, molto particolare.
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