“Inenarrabile”, cioè secondo Dante “non raccontabile in prosa”, ci dice Gassman introducendo la lettura del Canto XXVIII dell’Inferno, quello della Nona Bolgia. Il Canto degli scismatici, dei seminatori di discordie.
Sempre attuale, Dante. Nonostante il trascorrere dei secoli, nonostante tutte le possibili e doverose contestualizzazioni. Prendiamo questo Canto, ad esempio: mi basta guardare un qualunque telegiornale per avere in mente un bel po’ di persone che personalmente spedirei dritte filate nella Nona Bolgia…
A proposito però di contestualizzare: l’ “inenarrabile”, il “non raccontabile” di cui parla Gassman non rischia oggi di assumere un significato diverso? Penso, in particolare, ai versi 22-42 (5:10 – 8:50).
Mi permetto di segnalare questo contributo, anche e soprattutto per rispondere alle nuove feroci polemiche contro Dante islamofobo che addirittura vorrebbero espungerne la lettura dalle scuole:
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LA LETTERATURA VA CONTESTUALIZATA E VALUTATA IMMERGENDOSI NEL CLIMA CULTUTALE IN CUI E’ NATA, A PRESCINDERE DAI PARAMETRI IDEOLOGICI O DA FANATISMI CHE CARATTERIZZANO LA SOCIETA’ ATTUALE.
Magari si potrebbe anche obiettare che con la mistica islamica la Divina Commedia ha intrattenuto un rapporto fecondo benché mediato. Asìn Palacios agli inizi del secolo scorso sottolineò le analogie tra il poema dantesco e il Libro della Scala, che Alfonso il Saggio re di Castiglia fece tradurre in latino e castigliano. Come ne sia venuto a conoscenza Dante è questione aperta e irrisolta (la grande Maria Corti però non aveva problemi ad ammettere questa possibilità).