“VI PREGO, RUOTE, PARLATE, ED IO, IO PIANGERO’…”

Yitzhak Katzenelson
Yitzhak Katzenelson
(Fonte: Holocaust Historical Society
)

Nato nel 1886, Yitzhak Katzenelson divenne un intellettuale di spicco nell’ambito del movimento sionista attivo in Polonia. Rinchiuso nel ghetto di Varsavia, fu costretto ad assistere impotente alla deportazione di sua moglie e di due suoi figli a Treblinka, il 14 agosto 1943. Nel maggio del 1943, utilizzando un falso passaporto dell’Honduras, riuscì a trasferirsi in Francia, e qui scrisse in lingua yiddish – tra il 3 ottobre 1943 e il 17 gennaio 1944 – un terribile poema intitolato Il canto del popolo ebraico massacrato. Il 29 aprile 1944, insieme ad un altro figlio, Katzenelson fu deportato ad Auschwitz. Il testo qui riportato è tratto dal canto n. 4 (dei 15 che, nell’insieme, compongono il poema); datato 26 ottobre 1943, descrive in forma poetica le deportazioni da Varsavia a Treblinka.

IV. I vagoni sono tornati!

1
Orrore e paura mi assalgono, mi soffocano –
i vagoni sono già di ritorno! Sono partiti solo ieri sera –
e oggi sono qui di nuovo, già pronti all’Umschlag [= abbreviazione di Umschlagplatz, posto di
smistamento, il luogo in cui gli ebrei erano caricati sui vagoni – n.d.r.].
Li vedi, là con le fauci aperte, spalancate nell’orrore?

2
Hanno ancora fame! Niente li sazia.
Aspettano gli ebrei! Quando glieli porteranno?
Sono affamati – come se non avessero già divorato i loro ebrei…
Ne hanno avuti tanti! Ma ne vogliono di più, ancora di più!

11
Vagoni vuoti! Eravate pieni, ed eccovi di nuovo vuoti.
Cosa ne avete fatto degli ebrei? Dove sono finiti?
Erano diecimila, contati e stivati – e voi siete qui di nuovo!
O vagoni, vagoni vuoti, ditemi dove siete stati!

12
Voi tornate dall’altro mondo, lo so. Non dev’essere lontano.
Solo ieri siete partiti carichi, e oggi siete già di ritorno!
Perché questa fretta? Avete così poco tempo?
Presto sarete vecchi come me, logori e grigi.

13
Solo a guardare, a vedere, a sentire tutto ciò – gevàld ! [= aiuto!, in lingua yiddish – n.d.r.] –
come fate, anche se siete di ferro e di legno?
O ferro, giacevi nel profondo della terra.
O legno, un giorno fosti un albero alto e fiero.

14
E ora? Ora siete vagoni, e state a guardare,
testimoni muti di un tale carico, di una tale pena.
In silenzio tutto avete osservato. Oh, ditemi, vagoni,
dove andate, dove avete portato a morire il popolo ebraico?

15
Non è colpa vostra – vi caricano e poi vi dicono: andate!
Vi fanno partire pieni e tornare vuoti.
Voi che tornate dall’altro mondo, ditemi una parola.
Vi prego, ruote, parlate, ed io, io piangerò…

26 ottobre 1943

(Y. Katzenelson, Il canto del popolo ebraico massacrato, Firenze, Giuntina, 1998, pp. 43-47. Versione poetica di D. Vogelmann dalla traduzione dallo yiddish di S. Sohn)

Purtroppo, attualmente questa edizione Giuntina del “Canto” che era corredata dalla prefazione di Primo Levi risulta, come si legge sul sito della casa editrice, non disponibile.

Il poema di Katzenelson è invece disponibile tradotto e curato da Erri De Luca e pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Feltrinelli. Qui la scheda del libro.

Varsavia, i treni per Treblinka
Ebrei caricati sui treni per Treblinka all’Umshlagplatz (punto di raccolta) di Varsavia durante l’occupazione nazista della Polonia.
(Fonte)
  • Yitzhak Katzenelson (in inglese) >>
  • Itzhak Katzenelson (in italiano) >>
  • Un video di Rai News su Itzhak Katzenelson ed il suo Canto del popolo yiddish messo a morte >>

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LA CONTESSA – BENEDETTA CRAVERI

Benedetta Craveri La Contessa

Benedetta Craveri, La contessa. Virginia Verasis di Castiglione, pp. 452, 20 ill. b/n e col., Adelphi, 2021

“LE EGUAGLIO PER NASCITA

LE SUPERO PER BELLEZZA

LE GIUDICO PER INGEGNO”

Personaggio potentemente romanzesco degno della penna di un Balzac fu la marchesa fiorentina Virginia Oldoini (1837-1899) coniugata con il torinese Francesco Verasis, conte di Castiglione.

Zola la prese come modello per il personaggio della bellissima ed ambigua italiana Clorinde Balbi nel romanzo Son excellence Eugène Rougon. Le biografie di Robert de Montesquiou (La divine comtesse, prefazione di Gabriele D’Annunzio, 1913) e La Castiglione di Alain Decaux (1953) ne avevano autenticato la leggenda, di lei si credeva di sapere tutto. Ed invece, molto restava ancora da scavare e da capire. Ciò che questo libro di Benedetta Craveri ci rivela di lei risulta al tempo stesso affascinante e respingente, interessante e profondamente inquietante, definitivo e inafferrabile.
Virginia Oldoini Verasis Contessa di Castiglione (o, come veniva chiamata con uno dei tanti soprannomi Ninny, Niny, Nicchia, Ninì- tutti diminutivi di “Virginicchia”) rimane nonostante tutto, come dice la stessa Craveri, “una figura destinata comunque a rimanere inafferrabile. Un vero e proprio enigma”. E proprio da questo, probabilmente, scaturisce la sua ancora potente fascinazione.

Benedetta Craveri, già autrice di memorabili ritratti di alcune grandi dame e cavalieri del Settecento francese illuminista e libertino e della civiltà dei “salotti” in cui con la conversazione regnavano con suprema eleganza intellettuale ricostruisce la sua vita: l’infanzia e l’adolescenza di Virginia “prima che Virginia diventasse Virginia”, la sua fulminea ascesa nel mondo dell’aristocrazia, della politica e dell’alta finanza ed infine la lunga e drammatica caduta, vera e propria “discesa agli Inferi”.

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