
Vera POLITKOVSKAJA (con Sara Giudice), Una madre. La vita e la passione per la verità di Anna Politkovskaja, traduz. dal russo Marco Clementi, pp. 129, Rizzoli, 2023
“In Russia tutti si sono dimenticati in fretta di Anna Politkovskaja, soprattutto la gente che conta, perchè mantenere la memoria di persone come mia madre è pericoloso. E’ molto più comodo perderne le tracce e dimenticare la sua verità.”

Vera Politkovskaja, la figlia di Anna, è anche lei giornalista ed autrice televisiva; oggi ha 42 anni. Ne aveva ventisei ed era incinta quando, il 7 ottobre del 2006, la madre venne assassinata nell’ascensore mentre stava rientrando a casa e da quel giorno si è sempre battuta insieme al fratello Il’ja per avere giustizia.
Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il cognome Politkovskaja è tornato a essere oggetto di minacce di morte, i rischi per la sicurezza di Vera e della sua famiglia sono aumentati. A scuola, la figlia Anna – che porta lo stesso nome della nonna materna – ha definito apertamente “invasione dei confini ucraini” ciò che in Russia deve essere chiamata “operazione speciale” ed ha cominciato a subire pesanti episodi di bullismo.
“Anna era fortemente contraria all’operazione militare speciale in Ucraina e, come tutti in famiglia, esprimeva il suo dissenso nei confronti del baratro morale in cui stava sprofondando il nostro Paese. Commentava le immagini che riusciva a trovare su Telegram. Immagini delle città distrutte che guardava con sgomento e indignazione. E a causare una tale devastazione era la Russia di Putin. Le cose a scuola peggioravano. Ogni volta che tornava a casa sembrava più tesa del giorno prima, fino a quando, una sera, ha ricevuto sul telefono un messaggio terribile. La misura era colma. […]
‘Farai la fine di tua nonna’ ha promesso a mia figlia una compagna di classe, Agata, raccontandole nel dettaglio come sarebbe accaduto. Anja si è molto impaurita, senza tuttavia capire fino in fondo il perchè di una tale cattiveria. Cosa aveva fatto di male? Qual era la sua colpa?”
Con l’intensificarsi delle minacce dopo lo scoppio della guerra con l’Ucraina, il 24 febbraio scorso, Vera Politkovskaja ha capito che non era più possibile avere libertà di opinione e temeva per la sua incolumità e quella della figlia. Ha dunque deciso di lasciare il Paese e la sua professione e attualmente vive sotto protezione assieme alla figlia in un luogo segreto fuori dalla Russia. Superare la frontiera, però, è stato difficile e durante il viaggio sotto copertura, la dacia di famiglia – l’abitazione di campagna dove Anna Politkovskaja curava i fiori del suo giardino e i figli custodivano i suoi ricordi – è andata distrutta, bruciata in un incendio doloso.

Vera – assieme a Sara Giudice, inviata di Piazzapulita su La7 – ha scritto questo libro perchè sua figlia (la nipote che la nonna Anna non ha mai conosciuto) e il mondo intero possano ricordarsi sempre la storia unica di una donna che non ha mai nascosto il suo dissenso per la politica di Vladimir Putin e che non ha avuto paura di denunciare le violazioni dei diritti umani in Russia compiute da un ex ufficiale del Kgb diventato l’artefice di un minaccioso disegno imperiale.
“Mia madre è sempre stata una persona scomoda, non solo per le autorità russe, ma anche per la gente comune. Scriveva la verità, nuda e cruda, su soldati, banditi e civili finiti nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi smembrati e destini infranti.”
Una madre è un libro in cui Anna viene vista con gli occhi di Vera ed Il’ja, i figli che nel bene e nel male hanno condiviso la sua complicata esistenza.
Ne esce un’immagine di donna esigente, radicale, che pretende molto da sè stessa e dagli altri, ma allo stesso tempo anche molto umana, amante delle cose semplici, che cucina ogni giorno per la famiglia
“Quando i miei si sposarono, mamma non aveva nessuna esperienza in cucina. Non sapeva neanche preparare la kaša […] Eppure quella giovane sposa che assillava sua madre implorando aiuto su dosi e tempi di cottura per ottenere una kaša commestibile, sussurrando al telefono per non farsi sentire dal marito, nel giro di pochi anni è diventata una cuoca eccezionale. Cucinava qualsiasi piatto, anche le marmellate. […] Non l’ho mai vista mettere in tavola piatti pronti comprati in rosticceria. Poi amava organizzare i menu elaborati per le feste da celebrare in famiglia.”
Poi, nel corso degli anni, le maratone in cucina vennero, a poco a poco, sostituite dai continui viaggi in Cecenia…
Ama coltivare personalmente i fiori ed il suo orto (quegli iris e quelle peonie piantate da Anna nella sua dacia e che dopo la sua morte e l’incendio doloso che tutto ha distrutto continuano a fiorire). Anna, una donna con il cuore sempre aperto alle tragedie della sua gente.

Una bella evocazione, una lettura scorrevole. Nei commenti al libro lasciati su Amazon c’è chi scrive: “Temevo fosse abbastanza pesante, mentre invece si è rivelato di facile lettura. Anche il numero di pagine è abbastanza limitato. Non ne sono stata delusa….ma nemmeno entusiasta. Mi aspettavo qualcosa di più .”
Non so cosa esattamente intendesse, chi ha lasciato il commento, con quel “mi aspettavo qualcosa di più”. Io ho trovato Una madre un libro molto bello e toccante, che racconta – con uno stile in cui la “semplicità” è solo (?) chiarezza e rigore – la verità di una persona che rifugge da svenevolezze, che ama veramente la propria Patria e che proprio per questo non tace.
E’ vero, sono solo poco meno di 200 pagine, ma dentro ci sono tante cose. Molte non le sapevo. Per esempio che Aleksandr Politkovski, il padre di Vera, anche lui giornalista famoso, seguiva molti argomenti delicati tra cui la tragedia della centrale nucleare di Cernobyl’ e che, indagando sulle conseguenze catastrofiche dell’incidente ed entrando nelle case dei villaggi che sorgevano vicino alla centrale iniziò ben presto a manifestare anche lui gli effetti delle radiazioni.
Il libro è costituito da due filoni strettamente intrecciati: l’evocazione di Anna come donna, giornalista, madre e contemporaneamente la storia politica della Russia attraverso le guerre in Cecenia, la guerra contro la Georgia con le “operazioni di pace” per le autoproclamate Repubbliche di Abcasia ed Ossezia del Sud, l’occupazione della Crimea, il consolidamento del potere attraverso quella che è stata definita una “riforma costituzionale” con l’azzeramento dei limiti alla permanenza del potere ed infine l’invasione dell’Ucraina… insomma: viene ripercorsa la storia della (ir)resistibile ascesa di Vladimir Putin dai giorni del colpo di stato degli anni ’90 con il quale venne esautorato Gorbačëv e che segnò la fine della perestrojka fino ad oggi. Putin incombe, per la verità, in tutto il libro, ma a lui è dedicato, in particolare, il capitolo Il regno di Putin.
Interessanti sono sembrate a me le considerazioni sulla Russia di oggi e su quelli che Vera Politkovskaja individua come “i tre pilastri fondativi su cui Putin costruì una parte consistente della retorica sulla sua nuova Russia” e che provo a sintetizzare così: (i grassetti sono miei)
- La seconda guerra cecena è stata secondo Vera uno dei pilastri su cui Putin costruì una parte consistente della retorica sulla sua nuova Russia; i massacri in Cecenia vennero infatti spacciati come guerra di difesa, come lotta al terrorismo islamico;
- la pobedobesie o ‘culto della vittoria’; che descrive bene le celebrazioni iperboliche che ogni anno si svolgono in tutto il Paese in occasione del 9 maggio, anniversario della sconfitta del nazismo. “La grande guerra patriottica”, la resistenza al nazismo e la vittoria vengono usate come fortissimo pilastro propagandistico e la parola “denazificazione”, utilizzata come una sorta di parola d’ordine per individuare un nemico – qualsiasi nemico – pronto (ovviamente secondo criteri e convenienze della dirigenza russa) a ripetere la minaccia del 1941;
- “terzo pilastro su cui poggia la nuova dottrina nazionale è quello del vittimismo. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia è stata umiliata. Da chi, se non dall’Occidente, con i suoi valori così lontani da quelli della tradizione russa?”
Il libro è uscito ad un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e a sedici anni dalla morte della giornalista. In esso Vera parla da giornalista e da figlia con la stessa chiarezza e lucidità che ha contraddistinto il lavoro di sua madre fino a quel 7 ottobre del 2006.
Quel giorno Anna Politkovskaja, reporter per Novaja Gazeta, stava per pubblicare un articolo riguardo le torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramzan Kadyrov, su cui indagava da tempo e che, scrive Vera, ha sempre mostrato apertamente il suo odio per lei. “In un’intervista, mia madre ha detto che Ramzan Kadyrov aveva promesso di ucciderla, perchè lei lo considerava un bandito di Stato e lo diceva apertamente. La minaccia era stata pronunciata durante una riunione del governo ceceno e mia madre ne fu informata da un testimone diretto. A noi, i suoi figli, ha parlato più volte dell’odio feroce che Kadyrov nutriva verso di lei.”
Oggi Kadyrov (soprannominato dai media occidentali “Il macellaio di Groznyj”) è presidente della Repubblica cecena…
Vera Politkovskaja scrive con pacatezza e rigore. Non descrive sua madre come un’eroina; descrive piuttosto il suo carattere forte, scomodo anche per la stessa Redazione del giornale per cui lavorava, dove era pronta a discutere per ciò che riteneva giusto. “Non era una persona facile, non amava parlare molto e non scendeva a compromessi, in famiglia come nel suo lavoro”, ha spiegato Vera nel libro e nelle numerose interviste che ha rilasciato in occasione della presentazione del libro, ricordando le notti insonni della madre scandite da quel “tic-tic” del battere incessante sulla macchina da scrivere, dove riportava ciò che vedeva.
“Ho deciso di scrivere questo libro per ricordare la lezione che mia madre ci ha lasciato: siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi.”
Nel libro ci sono molte fotografie provenienti dall’archivio personale di Vera. Voglio chiudere con queste due immagini, così significative nella loro antiteticità

La didascalia del libro dice “Uno spaccato di normalità: l’intera famiglia al ristorante”

Continuavo a pensare a quel foro di proiettile nell’ascensore. Era all’incirca all’altezza della testa. Per qualche tempo, dopo la sua morte, sono dovuta tornare spesso a casa di mia madre. Quel foro stava sempre lì. Nessuno si era preoccupato di coprirlo. Un giorno ci trovai dentro un fiore. Ne conservo ancora la foto. […] Nessuna autorità russa presenziò al funerale. Solo tanta gente comune in lacrime.

- La scheda del libro
https://rizzoli.rizzolilibri.it/libri/una-madre/
Chi volesse approfondire ed ascoltare ciò che dice Vera in interviste e/o in vari incontri pubblici nei quali presenta il suo libro trova in rete, con l’aiuto di Google, parecchi video, a mio parere tutti interessanti anche perchè Vera parla proprio come scrive: con calma, lucidità, affetto, consapevolezza, determinazione.
Tra i tanti video disponibili ne scelgo due:
- Vera Politkovskaja viene intervistata da Corrado Formigli nella trasmissione Piazza Pulita su La7
- In quest’altro video, la figlia di Anna Politkovskaja, introdotta da Roberto Saviano, è ospite della trasmissione RAI Che tempo che fa. Propongo solo la parte in cui è presente Vera. L’integrale è comunque visibile >> qui
In chiusura dell’intervista, al 26:13, Fazio rivolge a Vera una domanda particolare. Ascoltate quello che risponde lei…