
Claudio MAGRIS, Alfabeti – Saggi di letteratura, p.496, Garzanti, ISBN 9788811740827
La maggior parte degli scritti contenuti in questo Alfabeti è già comparsa, negli ultimi dieci anni, sul Corriere della Sera, su qualche altro giornale e rivista. Gran parte di essi perciò li conoscevo già. Ma ho imparato da tempo ad apprezzare molto questo tipo di raccolte, perchè mi consentono di seguire — meno superficialmente di quanto inevitabilmente possa fare leggendo un singolo articolo su un giornale che raramente poi conservo — un percorso di pensiero, di individuare temi ricorrenti, collegarli con scritti ed analisi letterarie precedenti.
Pur avendo in questi giorni letto tutto Alfabeti dalla prima all’ultima pagina, non mi sento di dire “questo libro l’ho finito”, perchè è uno di quei libri che non si finiscono mai. Che è bello leggere seguendo rigorosamente l’ordine dei capitoli ma che è poi bello anche leggere saltellando qua e là e tenere a portata di mano per sfogliarne di tanto in tanto alcune pagine così, a caso, per puro piacere o per una estemporanea consultazione.
Seguo Magris da decenni, i suoi volumi — alcuni in vecchie edizioni oggi non più reperibili — occupano un notevole spazio di una delle mie librerie.
E’ probabilmente questa dimestichezza con i suoi scritti che mi fa vedere in questa raccolta una sorta di vera e propria “autobiografia intellettuale” perchè “uno scrittore finisce sempre per svelarsi attraverso i suoi libri, ma qualcosa di più intimo e profondo ci arriva quando comincia a riflettere e raccontare le proprie letture di una vita, quelle che lo hanno formato, cresciuto, perso nella fantasia e assieme aperto al mondo.”
Una delle caratteristiche che mi piace maggiormente, nei suoi scritti di letteratura, è la capacità che ha Magris, e che trovo affascinante, di collegare sempre l’analisi letteraria (anche quella di autori e testi pochissimo conosciuti ai più o di epoche molto remote) alla propria personale esperienza, alla vita reale, ai grandi temi dell’oggi, all’etica, alla morale, alla politica. Non tanto per dare risposte, ma per collegare gli interrogativi di ieri con quelli di oggi. Non per trarne conclusioni definitive, ma per formulare sempre nuove ipotesi. Nei testi di Magris la letteratura è sempre qualcosa di molto vivo, l’aridità è completamente assente.
“Nella letteratura ci sono molte dimore e non occorre scegliere ideologicamente fra voci contrastanti; si può — si deve — credere insieme alla fede di Tolstoj ed all’inerzia di Oblomov; i grandissimi scrittori sono quelli il cui angolo prospettico abbraccia trecentosesanta gradi. Talvolta mi chiedo da che parte sto, se la mia storia è quella raccontata da Guerra e Pace oppure dalla Metamorfosi di Kafka o dall’Auto da fé di Canetti. Forse la mia odissea letteraria è quella che racconta il viaggio al nulla e il ritorno; forse per questo gli scrittori che mi hanno insegnato di più sono quelli che danno voce imparziale alle corde più diverse e alle passioni più antitetiche, alla fede e al niente — come Singer, senza il quale non sarei quel che sono”.
Di esempi tratti da questa raccolta ne potrei fare veramente tanti, mi limito a segnalarne solo qualcuno. Per esempio il bellissimo capitolo (articolo) dal titolo “Elogio della follia: Plaza de Majo” in cui Magris “legge” la drammatica vicenda delle donne di Plaza de Majo con la lente della tragedia greca di Antigone, o quello dedicato al Robinson Crusoe in cui l’eroe creato dall’inglese De Foe viene accostato a Kafka, o quello intitolato “Senza famiglia?” in cui la rilettura di testi come l’Odissea, Guerra e Pace, Cent’anni di solitudine, I Buddenbrook viene collegata all’analisi della situazione attuale di cui Magris scrive “un clima culturalmente incerto, in cui non si sa bene cosa si vuole, ossia si vuole contemporaneamente tutelare, riformare, contestare e abolire la famiglia”
Uno dei capitoli che ho apprezzato di più è uno degli ultimi, intitolato “Come un pugno” e dedicato a quei grandi capolavori “sgradevoli” che contengono qualcosa di urtante, che sconcertano e mettono a disagio perchè scuotono con violenza il lettore e la sua consueta visione del mondo.
A questo proposito Magris parla in particolare di due libri. Il primo è Auto da fè di Canetti “che non concede nulla al lettore ma lo colpisce allo stomaco, lo mette faccia a faccia col delirio del mondo e del pensiero; non dice che la realtà è stravolta e deforme, ma stravolge la vista di chi legge e lo induce a vederla stravolta lui stesso con i propri occhi” .
Il secondo è Cime tempestose di Emily Bronte, che Magris definisce “sconvolgente capolavoro di sgradevolezza, scostante e poeticamente irresistibile”. Concordando, a me sembra, con quanto molti anni fa aveva già scritto Bataille e con buona pace di quanti si ostinano ancora a considerare il romanzo della Bronte letteratura romantica per signorine.
Alfabeti è un libro sulla lettura e sulla scrittura, sulla letteratura e sul lettore. Ma è anche, e forse soprattutto, un libro sulla presa di coscienza dell’ambiguità e ambivalenza scrittore/individuo.
Non a caso il libro si chiude con le ultime parole di un articolo del Corriere della Sera del 21/10/2007 in cui Magris scrive:
“la letteratura è un continuo viaggio fra scrittura diurna, in cui un autore si batte per i propri valori e i propri dei, e quella notturna, in cui uno scrittore ascolta e ripete ciò che dicono i suoi demoni, i sosia che abitano nel fondo del suo cuore, anche quando dicono cose che smentiscono i suoi valori. La letteratura è anche una discesa agli Inferi — anche a quello che Flaubert chiamava “la latrina del cuore”.
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