Ernst JÜNGER, Le api di vetro (tit. orig.le Gläserne Bienen), traduz. di Henry Furst. Con uno scritto di Giorgio Cusatelli, pp. 256, Ugo Guanda Editore, Collana Narratori della Fenice, 2020
“…ebbi subito l’impressione di una cosa imprevista e supremamente bizzarra, quasi l’impressione di un insetto piovuto dalla luna. Poteva aver lavorato a fabbricarlo un demiurgo, in regni remoti, il quale una volta avesse sentito parlare di api.”
Romanzo ambientato in una Germania distopica e che si intuisce essere a metà strada tra la Repubblica di Weimar e quella nazionalsocialista ha per protagonista e voce narrante Richard. “Uomo del passato”, Richard – di origini contadine, fortemente e visceralmente legato alla natura – ha fatto poi parte della Cavalleria, ha assistito al passaggio dalle cariche a cavallo all’avvento dei panzer ed è stato uno degli ultimi combattenti a cavallo. Nostalgico di quei tempi ormai andati, assiste impotente allo stravolgimento della società e al pervertimento della natura, via via piegata alle esigenze della produttività, dell’economia e del progresso. (continua a pag.2)
“Capitai dunque in questa famiglia strana, esotica e ricca un giorno d’inverno di un anno movimentato, pieno come molti altri anni cosiddetti storici di scioperi, di pogrom, di massacri e di diverse altre manifestazioni del genio umano, così particolarmente inventivo per tutte le perturbazioni sociali. A Baku la maggior parte della popolazione, composta di armeni e di azeri, era attivamente occupata a massacrarsi. Quell’anno gli armeni, meglio organizzati, sterminavano gli azeri per vendicarsi di massacri passati; da parte loro gli azeri, in mancanza di meglio, vi attingevano ragioni per massacri futuri. Così tutti vi trovavano il loro tornaconto, eccetto quelli, purtroppo numerosi, che morivano nel corso di questi eventi.”
I miei giorni nel Caucaso, pubblicato per la prima volta nel 1945 ottenendo un grande successo di pubblico e critica è il resoconto dell’infanzia e dell’adolescenza in Azerbaigian di Banine, pseudonimo di Umm-El-Banine Assadoulaeff; una vita scandita da numerosi eventi storici come la Rivoluzione d’Ottobre, la dittatura armena, l’arrivo e il dominio dei bolscevichi. Continua a leggere “I MIEI GIORNI NEL CAUCASO – BANINE”
Eduard von Keyserling, Nell’angolo di quiete (tit. orig.le Im stille Winkel), traduz. Giovanni Tateo, Postfazione Giovanni Tateo, pp. 128, L’Orma Editore, 2018
“I turbamenti del giovane Paul”, così avrei voglia di sintetizzare Nell’angolo di quiete di Eduard von Keyserling, novella del 1914 pubblicata nel 1918 ambientata sulle Alpi bavaresi in cui Bruno von der Ost, un severo e rigido direttore di banca che vorrebbe una vita domestica ordinata come i suoi registri contabili porta in villeggiatura la giovane moglie Irene, che reagisce alla freddezza del marito con un’ironia irriverente e il figlio Paul, un ragazzino di undici anni il quale nello sguardo del padre vede solo delusione perchè lo considera un bambino debole e privo di volontà. Continua a leggere “NELL’ANGOLO DI QUIETE – EDUARD VON KEYSERLING”
“In meno di sei anni la Germania, commettendo crimini che nessuno avrebbe ritenuto possibili, ha distrutto la struttura morale del mondo occidentale, mentre i suoi conquistatori hanno ridotto in cenere le testimonianze visibili di più di mille anni di storia tedesca.”
1949. Per la prima volta dopo la fuga in Francia nel 1933 e la successiva emigrazione negli Stati Uniti avvenuta nel 1941, Hannah Arendt torna in Germania tra l’agosto del 1949 e il marzo del 1950 per conto della Commission on European Jewish Cultural Reconstruction che aveva sede a Wiesbaden per raccogliere e ordinare i frammenti di una civiltà distrutta, e nella misura in cui questo è ancora possibile, riconsegnarli alle istituzioni culturali ebraiche. Proprio prima di partire per l’Europa la Arendt ha portato a termine la monumentale ricerca su Le origini del totalitarismo e completato il manoscritto dell’opera. Continua a leggere “RITORNO IN GERMANIA – HANNAH ARENDT”
Ernst Jünger, La capanna nella vigna. Gli anni dell’occupazione, 1945-1948 (tit. orig. Die Hütte im Weinberg. Jahre der Okkupation), traduz. di Alessandra Iadicicco, pp.288, Guanda, Biblioteca della Fenice
Kirchhorst, 13 maggio 1945: “Incominciato con Isaia, che sin dal primo capitolo descrive una situazione simile alla nostra: la capanna nella vigna.´La vostra terra è desolazione, il fuoco brucia la vostra città; da stranieri mangiati i vostri campi, siete sepolti, dissolti, sommersi. La figlia di Sion è la capanna in una vigna, tettoia in una cocomeraia, borgo accerchiato.”
E’ dall’Antico Testamento e precisamente dal Libro di Isaia che Jünger trae il titolo di questo suo ultimo diario della Seconda Guerra mondiale, scegliendo un’immagine (la “capanna nella vigna”) che allude chiaramente alla vulnerabilità della Germania vinta e occupata nella quale i superstiti lasciati in vita dal “Geova degli eserciti” hanno impedito che la Germania subisse la stessa sorte delle città bibliche di Sodoma e di Gomorra.
Ernst Jünger, Irradiazioni. Diario (1941-1945) (tit. orig. Strahlungen), traduz. Henry Furst, pp. 540, Guanda, Biblioteca della Fenice, 1993-1995
“Irradiazioni: con ciò s’intende prima di tutto l’impressione che il mondo e i suoi oggetti hanno provocato sull’autore, il sottile intreccio di luci e di ombre che questi oggetti formano […] Esistono irradiazioni chiare e scure. Completamente scure sono quelle zone di terrore che, con la fine della Prima Guerra Mondiale, cominciarono a gettare la loro ombra sul nostro tempo e si allargarono paurosamente […]. Irradiazioni: il processo va inteso anche come effetto che l’autore opera sul lettore” (pp. 5-6).
Ernst Jünger nel suo giardino a Kirchhorst U. Litzmann/Deutsches Historisches Museum Berlin
Kirchhorst, 16 aprile 1939
“[…] guardando dalla finestra, ho visto sulla strada i cannoni affrettarsi l’uno dietro l’altro verso est, quasi come in guerra alla vigilia di un grande combattimento. In queste settimane i tedeschi hanno occupato la Boemia, la Moravia e il Territorio di Memel, gli italiani sono entrati in Albania. Tutti segnali che indicano guerra in tempi brevi; farò bene a mettere in conto di dover presto interrompere il lavoro. E ciò accade a un punto in cui sento che mi si sta facendo un po’ più chiaro, e in cui il valore del tempo per me è molto aumentato. In tutti i casi, la penna dovrà riposarsi, perfino sul diario. Toccherà agli occhi, invece, farsi carico del lavoro, perché gli spettacoli non mancheranno”
La penna di Jünger, però, non riposerà. Per quasi dieci anni — dal 1939 al 1948 — annoterà minuziosamente nei Diari la sua partecipazione alla Seconda Guerra mondiale come Capitano della Wermacht prima e poi, dopo la disfatta tedesca, la vita sua e della sua famiglia nella Germania occupata dalle truppe delle potenze vincitrici.
Un racconto affascinante che mi ha riempito a tratti di stupore e meraviglia, che ha suscitato in me decine di interrogativi, che è risultato anche proficuamente spiazzante per chi, come me, è abituato a vedere/leggere la storia della blitzkrieg (la guerra lampo) di Francia, della battaglia di Parigi e degli anni dell’occupazione tedesca della capitale francese, dei tedeschi a Stalingrado e in Ucraina servendosi prevalentemente delle testimonianze e degli occhi di quelli che si trovavano “dall’altra parte”. I Diari di Jünger mi hanno fatto vedere e considerare molte cose da una prospettiva e con un’ottica che non mi è abituale. Ho letteralmente divorato i tre corposi volumi di cui è composta l’edizione italiana.
“[…] e parlando mi aveva definito un ´fuoco glaciale’. Questa e l’altra espressione, ´fiamma azzurra’, cui la gente così spesso ricorre parlando di me, devono rendere l’impressione che io suscito in molte persone.”
“Nei miei rapporti con gli uomini, mi avvedo di non destare simpatia tra gente di mezza misura, come intelligenza e come carattere; mentre mi è facile trattare con i semplici o con le persone più evolute.
Somiglio, dunque, a un pianoforte di cui risuonino soltanto i tasti estremi. Per questa ragione i rapporti usuali mi sono difficili, sono sempre una faticosa traduzione nel linguaggio quotidiano. Mi sembra spesso di muovermi in un mondo per il quale non sono attrezzato.”
Ernst Jünger, Irradiazioni. Diario 1941-1945, traduz. H. First, Guanda, Quaderni della Fenice, 1993