Vasilij Grossman all’aerodromo di Ziabrovski, vicino Gomel, agosto 1941
Durante la Seconda Guerra mondiale Vasilij Grossman, il futuro autore di Vita e Destino, è corrispondente speciale per conto del giornale dell’Armata Rossa ‘Krasnaïa Zvezda’.
Per l’URSS la guerra è cominciata il 22 giugno del 1941 con l’invasione tedesca dei territori russi battezzata da Hitler “Operazione Barbarossa”.
Grossman, come centinaia di migliaia di altri cittadini sovietici, si presenta volontario e il 5 di agosto 1941 viene mandato al fronte come inviato speciale di Krasnaïa Zvezda (Stella Rossa), il giornale ufficiale dell’armata sovietica per il quale lavorano anche altri scrittori come Constantin Simonov, Ilya Eheremburg, e poi Andrei Platonov.
Grossman segue così — eccezionale testimone in prima linea — tutto lo svolgimento del conflitto: dalla disfatta e dalla ritirata dei sovietici nella prima fase dell’ Operazione Barbarossa (giugno 1941) sino alla battaglia di Berlino nel maggio del 1945 fermando nei suoi taccuini tutto ciò che vede e che colpisce la sua sensibilità.
La guerra si rivelerà una tappa fondamentale nel percorso che porta lo scrittore a prendere coscienza dei crimini del regime in cui è cresciuto ed al quale ha sinora aderito.
Grossman annota fatti e cifre, ma anche sensazioni, emozioni; si appunta aneddoti, brani di conversazione, liti e discussioni tra i comandati dell’Armata Rossa, gli eroismi dei soldati e della gente comune; speranze e paure sue e di coloro che lo circondano: militari, contadini, povera gente delle città assediate o di villaggi sperduti nelle immense distese dell’Ucraina e dello sterminato territorio delle Repubbliche Sovietiche.
Alcuni di questi appunti vengono immediatamente rielaborati e trasformati negli articoli destinati al giornale Stella Rossa.
Grossman serve la causa sovietica sul fronte con un orgoglio evidente che gli fa dimenticare i pericoli — fisici ma anche politici — cui va incontro. Scampato più volte alla morte come per miracolo, scrive articoli che gli guadagnano l’ appassionata adesione dei lettori del giornale e lo pongono in prima linea tra i propagandisti sovietici.
Altri appunti costituiranno più tardi — assieme alle lettere inviate a parenti o a giornalisti e scrittori amici come Ehremburg — la “materia prima” dei grandi romanzi Il popolo è immortale, Per una giusta causa e soprattutto di quello che sarà il grande capolavoro Vita e Destino.
Tutti gli appunti descrivono quello che lo stesso Grossman definisce “La verità impietosa della guerra”. La loro scoperta da parte del KGB sarebbe stata molto probabilmente fatale, per Grossman, che sempre di più critica propaganda, tattica e strategia ed insomma la gestione del conflitto da parte di Stalin e dei suoi più stretti collaboratori.
La lettura de Taccuini di guerra di Grossman è un’esperienza appassionante e anche sconvolgente perchè in questi testi buttati giù di getto e senza preoccupazioni letterarie, si vede da subito l’eccezionale sensibilità descrittiva del romanziere come quando, ad esempio, evoca “l’odore abituale del fronte: qualcosa tra l’obitorio e la fucina”.
Questi appunti, che culminano nella tremenda descrizione dell’ “inferno di Treblinka” forniscono la misura del tormento personale che, durante tutta la guerra, opprime Grossman: nel 1941, infatti, egli non ha potuto far fuggire da Berdicev sua madre che morirà vittima dei primi massacri commessi in Ucraina dai Tedeschi con l’aiuto e il sostegno di molti civili e cittadini ucraini.
Grossman farà rivivere la madre attraverso la commovente figura di Ira Sturm, in Vita e Destino. Ma questo non allevierà il senso di colpa che lo ossessionerà fino alla morte.
Attraverso questi scritti scopriamo la vita quotidiana dell’Armata Rossa ma anche della popolazione. Restrizioni, ritirate, sacrifici, attacco, difesa del suolo russo, liberazione… vediamo il popolo russo vivere al ritmo dell’avanzata delle armate di Hitler e delle disfatte dell’armata staliniana.
Con i Taccuini abbiamo un’opera che presenta almeno tre grandi aree di interesse.
Troviamo innanzitutto una storia della seconda guerra mondiale vista da parte dei sovietici attraverso gli occhi di un giornalista di grande talento.
Le pagine di Grossman ci accompagnano lungo la terribile disfatta e la grande ritirata del 1941, la presa di Orel, la ritirata davanti Mosca, la battaglia di Stalingrado, quella di Koursk, la riconquista da parte dei sovietici dei loro territori occupati e la loro avanzata attraverso l’Europa centrale.
Grossman descrive l’entrata delle truppe sovietiche a Varsavia, poi a Lodz e Poznam, racconta cos’è avvenuto durante l’occupazione nazista.
Arrivati finalmente in Germania descrive — con grande onestà intellettuale e raccapriccio — i saccheggi e gli stupri commessi dall’armata sovietica, descrive la presa di Berlino e conclude il suo percorso con l’ingresso dentro ciò che rimane della Cancelleria di Adolf Hitler.
Abbiamo un contributo prezioso all’approfondimento della biografia di Vasilij Grossman, perchè queste pagine ci consentono di seguirne il percorso, ma anche gli interessi, i dubbi, gli interrogativi e gli choc da lui subiti durante la seconda guerra mondiale.
Patriota convinto, lo scrittore si impegna al massimo a descrivere l’exploit del popolo sovietico nel corso di quella che non a caso è rimasta nella storia con la definizione di “Grande guerra patriottica” ma allo stesso tempo non nasconde nulla di ciò che egli chiama, come ho già ricordato, “la verità impietosa della guerra”.
Pagina dopo pagina, la disperazione della disfatta e l’indignazione verso l’incapacità dell’alto comando fanno spazio alla speranza delusa di una liberazione (militare) senza libertà (politica) ed alla desolata constatazione dell’onnipresenza della violenza della guerra e di una barbarie che contamina tutto e tutti.
Nella vita di quest’uomo che con le sue origini giudaiche non ha più, dai tempi della Rivoluzione bolscevica che un tenue legame (la famiglia di Grossman era composta di ebrei laici) irrompe poi — e nella maniera più atroce — la questione ebraica.
Da un lato Grossman, che si è unito al Comitato antifascista ebreo (CAJ) constata che l’antisemitismo è sempre presente in URSS. Dall’altro, accompagnando le truppe che inseguono i nazisti, scopre l’ampiezza dei massacri che questi hanno commesso nei confronti degli ebrei nei territori occupati.
Viene a sapere che sua madre è stata assassinata dalle Einsatzgruppen e farà di lei uno dei personaggi più commoventi di Vita e Destino.
Sulla via di Berlino, scopre con orrore i campi di concentramento di Maidanek e l’inferno di Treblinka.
Più che mai rigoroso, annota fatti, cifre, ogni genere di dati.
Redige articoli sullo sterminio degli ebrei per un Libro Nero dedicato agli stermini nazisti, ma la pubblicazione di quest’opera verrà proibita dalle autorità sovietiche che non vogliono presentare gli ebrei come principali vittime della guerra.
Sconvolto dai massacri sistematici dei quali ha scoperto l’ampiezza, Grossman comincia a riflettere sul legame tra questi crimini e la natura dei regimi totalitari.
C’è un’immagine — terribile — che nei Taccuini torna due volte: è quella della terra delle fosse comuni che si muove e “vomita” i resti dei corpi che non riesce più ad assorbire e che, agli occhi di Grossman, accomuna i morti tedeschi in rotta sulla Bérézina nel 1943 agli ebrei assassinati a Treblinka…
Ancora un a volta, “l’impietosa verità della guerra”…
I Taccuini sono infine una formidabile fonte per tutti coloro che vogliono conoscere la materia prima su cui lo scrittore si è basato per i suoi racconti e i suoi romanzi di guerra e permette di valutare le eventuali differenze tra gli appunti presi “sul terreno” e la la loro rielaborazione letteraria.
C’è un aspetto, negli appunti i Grossman, estremamente importante.
Nonostante sia preso in pieno dalla furia della guerra, Grossman presta sempre una grandissima attenzione all’essere umano in quanto tale, all’essere umano anche il più semplice, il più insignificante; dal giovane prigioniero tedesco alla piccola contadina russa dai piedi nudi e sporchi. Delinea ritratti di militari e di civili, ne trascrive le conversazioni di cui si trova ad essere testimone o che gli riferisono i soldati da lui intervistati.
Parla degli stati d’animo, descrive la collera, la disperazione. Descrive i minimi dettagli della vita di ogni giorno, descrive i feriti che, all’ospedale, si impadroniscono dei giornali per poter con la loro carta farsi delle sigarette, quegli abitanti di Stalingrado che mangiano zuppa di cavolo all’ingresso di una casa bruciata.
L’attenzione di Grossman per i dettagli concreti e, soprattutto, verso gli esseri umani di ogni età e di ogni livello sociale è straordinaria.
Egli racconta con pudica tenerezza le storie dei suoi personaggi, le loro reazioni, i loro sentimenti, i loro sorrisi, i loro piedi che sono spesso nudi e neri di fango e sporcizia.
I suoi scritti sono impregnati di dolcezza e compassione, ed è questo che li rende diversi da altri resoconti di guerra troppo spesso dominati interamente da idee e principi e che non lasciano spazio alle sensazioni ed alle emozioni.
Tornerò, su questi scritti, perchè troppe cose ancora ho da dire.
Per ora mi fermo qui.
I preziosissimi Taccuini di guerra di Vassilij Grossman, ritrovati nel 1955 negli archivi russi non esistono in italiano ma sono già da tempo pubblicati in Inghilterra e in Francia dove, detto tra parentesi, anche tutte le altre opere di Grossman sono presenti in catalogo già persino in edizioni economiche.
Uno storico inglese, Antony Beevor, ha — insieme a Luba Vinogradova — non solo selezionato e messo in ordine gli appunti di Grossman ma li ha anche “legati” tra loro fornendo utilissime notizie facilitando così di molto, a me lettrice comune, la contestualizzazione storica di ciò che andavo leggendo.
Il volume, uscito nel 2005 in Inghilterra con il titolo A Writer at War è stato poi tradotto e pubblicato in Francia dalla casa editrice Calman-Lévy.
Non si tratta di un’edizione scientifica integrale, dotata di un apparato critico, ma di una raccolta di estratti dei Taccuini, di lettere e di testimonianze
Per questo motivo, la casa editrice francese Calman Lévy (è questa l’edizione dei Carnets che ho letto io) avrebbe fatto bene a mantenere il titolo originale inglese A Writer in War, che meglio esprime l’aspetto composito del libro, in cui si mescolano, come ho detto, estratti di scritti diversi.
Spero proprio, in ogni caso, che anche in Italia si decidano a tradurre e pubblicare al più presto questi taccuini, perchè essi costituiscono una lettura fondamentale sia per chi conosca già il capolavoro Vita e Destino sia per chi non lo abbia ancora affrontato.

Vasilij GROSSMAN, Carnets de Guerre de Moscou a Berlin 1941- 1945, Textes choisis et présentés par Antony Beevor et Luba Vinogradova.
Traduit de l’anglais et du russe par Catherine Astroff et Jacques Guiod , p.510, ill. in B/N, 2008, ISBN 2253122491
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