CLAUDIO MAGRIS E LA GIORNATA DELLA MEMORIA

Claudio Magris

Chi mi conosce sa che considero Claudio Magris non solo uno dei miei Maestri, da anni un mio fermo punto di riferimento e, tra gli italiani, l’unico che sarei lietissima di vedere insignito del Nobel per la Letteratura.
Non deve stupire dunque se per il 27 gennaio – Giornata della Memoria 2023 ho scelto di proporre alcuni pensieri su ebraismo, Shoah, memoria, identità contenuti nell’ Intervento pronunciato da Claudio Magris al Quirinale nella Giornata della Memoria del 2009 e pubblicato su Moked- Il portale dell’ebraismo italiano .
Il testo integrale si trova >>qui

Si tratta di un testo importante, che va letto per intero perchè ogni paragrafo, ogni riga richiederebbe una chiosa, evoca altri testi, sollecita riflessioni, fornisce risposte e stimola nuovi interrogativi. Cioè compie la sua funzione di testo come (anche) pretesto. Io qui ed ora mi limito a estrapolare solo alcuni passaggi che mi hanno particolarmente colpita e/o in cui mi riconosco (i grassetti sono miei):

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COME MIO FRATELLO – UWE TIMM

Uomini delle Waffen – SS in Unione Sovietica
Bundesarchiv, Bild 101III-Wiegand-117-02 / Wiegand / CC-BY-SA 3.0

“Essere sollevato in aria – riso, esultanza, una gioia irrefrenabile – questa sensazione accompagna il ricordo di un attimo, un’immagine – la prima immagine che mi si è impressa nella mente – con la quale comincia per me la consapevolezza di me stesso, la memoria: dal giardino entro in cucina dove ci sono gli adulti, mia madre, mio padre, mia sorella. […] e poi sbuca fuori lui, il fratello, e mi solleva in alto. Non ricordo la sua faccia, nemmeno quel che indossava, forse l’uniforme, ma la situazione è molto chiara: tutti che mi osservano e io che scopro i capelli biondi […] e poi la sensazione di essere sollevato – sospeso in aria.
E’ l’unico ricordo di mio fratello, sedici anni più grande di me, che pochi mesi dopo, alla fine di settembre, venne ferito gravemente in Ucraina.

Uwe Timm ha, in quel momento che costituisce un’immagine fondativa della sua memoria, 3 anni. Il fratello Karl-Heinz ne ha 19, 16 più di lui. Pochi mesi dopo, ferito gravemente in Ucraina, dove si trova con la divisione scelta Totenkopf delle Waffen-SS, nelle quali si era arruolato volontario a 18 anni, morirà il 16 Ottobre 1943.

Saranno trascorsi quasi sessant’anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale quando, nel 2003, Uwe Timm riesce finalmente a scrivere ed a pubblicare un libro sul suo fratello maggiore morto in guerra. Come mio fratello (Am Beispiel meines Bruders) è un testo autobiografico, la cui stesura è costata all’autore molto dolore, un testo privato ed intimo, che lasciando spazio all’emotività e che riprendendo la memoria individuale (di se stesso, dei genitori, della sorella) e del gruppo familiare in quanto tale finisce per diventare in qualche modo emblematico di gran parte della Germania degli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra.

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UN FILO D’OLIO – SIMONETTA AGNELLO HORNBY

Agnello Hornby Un filo d'olio
Simonetta Agnello Hornby, Un filo d’olio, Sellerio collez. La memoria, p.288, 2011

Ho sempre pensato che siano i libri a scegliere noi, e non noi a scegliere i libri.

Non avevo letto mai nulla di Simonetta Agnello Hornby, ma qualche settimana fa, non so nemmeno io perchè, questo Un filo d’olio — che mi sembra sia il penultimo della Hornby in ordine di pubblicazione — mi si è letteralmente imposto alla lettura e… l’ho divorato in due giorni.
Non si tratta di un romanzo ma di un libro in cui Simonetta racconta, “senza nostalgia”, delle sue lunghe estati nella fattoria paterna di “Mosè” ad Agrigento dove la sua famiglia si trasferiva, con tutta la servitù, da giugno a ottobre.

Non dico altro, sui contenuti, e voglio subito precisare che con questo post non intendo fare una recensione letteraria.

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GLI USI DELLA MEMORIA

Terezin

Tzvetan Todorov, nel capitolo su Gli usi della memoria del suo libro Memoria del male, tentazione del bene, parla di quelli che, secondo lui, sono le due derive da evitare: la sacralizzazione e la banalizzazione della memoria.

Voglio riportarne uno stralcio che riguarda in particolare la sacralizzazione della memoria e la specificità dello sterminio degli ebrei (o giudeocidio, come scrive Todorov) da parte dei nazisti.

“La sacralizzazione di un avvenimento passato non si confonde con l’affermazione della sua singolarità. Ritorniamo all’esempio dello sterminio degli ebrei d’Europa da parte dei nazisti. Descriverlo come un avvenimento singolare e specifico è legittimo, per poco che si precisi il livello a cui ci si situa. Non sul piano dei valori: tutti gli esseri umani sono preziosi gli uni come gli altri, e quando le vittime di un regime si contano a milioni, è vano, per non dire di più, volere stabilire gerarchie del martirio — soprattutto perchè, come dice uno dei personaggi lucidamente disperato di Woody Allen, a proposito del giudeocidio, “i record sono fatti per essere battuti”. Oltre una certa soglia, i crimini di tale natura hanno un bel restare specifici, essi si riuniscono nell’orrore senza sfumature che suscitano e nella condanna assoluta che meritano. Ciò vale egualmente, ai miei occhi, per lo sterminio degli amerindi come per la sottomissione in schiavitù degli africani, per gli orrori del gulag come per quelli dei campi nazisti. La vita e la dignità di un uomo o di una donna, di un bambino o di un vecchio sono egualmente preziose, qualunque ne sia la razza, la nazione o la cultura. La messa a morte dei popoli senza scrittura non è meno ignobile che quella di un gruppo i cui antenati hanno inventato il monoteismo e la religione del Libro.

E più avanti, a proposito della specificità dello sterminio degli ebrei, di cui si parla molto nel corso del libro:

“Ciò che è specifico e merita di essere interrogato, è il senso dell’avvenimento. Si è visto in che cosa consisteva la singolarità del giudeocidio nazista: la messa a morte sistematica come obiettivo assunto, mirato su un popolo indissociabile dall’identità europea nei secoli

(Tzvetan TODOROV, Memoria del male, tentazione del bene. Ne avevo parlato >> qui)

Terezin

Le immagini che ho inserito sono disegni fatti da bambini rinchiusi dai nazisti nel ghetto di Terezin.

Terezin è una località poco distante da Praga, ha la pianta a forma di stella racchiusa da una fortificazione.
Tra il 1941 e il 1945 servì da ghetto per circa 140.000 ebrei deportati dai nazisti dall’Europa Centrale ed Orientale.
Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza bambini degli ebrei cechi, deportati a Terezin insieme ai genitori. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz.

Ricordo ancora il nodo alla gola quando ho visto tanti di questi disegni al Museo ebraico di Praga, Pinkas Synagogue.

Terezin
Terezin
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