CHIAMALO SONNO – HENRY ROTH

Henry Roth Chiamalo sonno

Henry Roth, Chiamalo sonno (tit. orig.le Call it Sleep) traduzione Mario Materassi, pp. 520, Garzanti, 2006

“[…] Era soltanto in prossimità del sonno che ogni battito delle ciglia poteva provocare una scintilla contro l’esca confusa del buio, accendere negli angoli oscuri della camera una tale miriade di vividi zampilli di immagini – un luccichio su barbe inclinate, l’ineguale scintillio su dei pattini, la secca luce sugli scalini di pietra grigia di un ingresso, lo splendore a diminuire delle rotaie, la lucentezza oleosa dei fiumi lisci nella notte, il brillio di sottili capelli rossi, di facce rosse, il brillio sulle palme aperte e tese di legioni e legioni di mani che si precipitavano verso di lui. ”

E soltanto adesso, dopo Joseph e Philip …ho conosciuto – con molto ritardo, devo ammettere – un altro importante Roth: l’americano Henry Roth.

Nato nell’attuale Ucraina, che allora faceva parte dell’ Impero austroungarico, Henry Roth era arrivato a Ellis Island nel 1908, a due anni, e a leggere la sua storia personale (e quella del piccolo David narrata in Chiamalo sonno, romanzo oggi considerato da molti un capolavoro della letteratura americana del ’900) sembra di trovarsi o ritrovarsi – con tutte le differenze del caso – in una specie del C’era una volta in America di Sergio Leone dall’atmosfera in questo caso però rigorosamente ebraica e kosher.
Chiamalo sonno è l’opera prima (e per molti versi rimasta unica) di un giovane uomo che a 28 anni scrisse questo corposo romanzo che la critica dell’epoca giudicò unanimamente un capolavoro. E poi? E poi niente. Henry Roth iniziò un altro romanzo ma non ne era soddisfatto, dunque lo bruciò e smise di scrivere. Si ritirò nel Maine ad allevare anatre, fece lavori diversi, dal boscaiolo all’insegnante di latino all’assistente in un ospedale psichiatrico. Scomparve completamente dalla circolazione e nei decenni successivi scrisse solo qualche breve racconto. Di Chiamalo sonno non si parlò praticamente più e cadde nel dimenticatoio fino a quando nel 1960 influenti critici promossero di loro iniziativa la ristampa del romanzo che ebbe questa volta un enorme successo di pubblico. Il libro vendette subito un milione di copie. Il recalcitrante e sempre defilato autore venne assediato dai media e la domanda principale che ogni volta gli rivolgevano era sempre la stessa: “perché non ha scritto più nulla?”

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LA MIA RUSSIA – ELENA KOSTJUČENKO

Elena Kostiucenko La mia Russia

Elena Kostjučenko, La mia Russia. Storie da un Paese perduto, a cura di Claudia Zonghetti, traduzione dal russo di Maria Castorani, Martina Mecca, Riccardo Mini, Giulia Sorrentino, Francesca Stefanelli, pp. 456, Einaudi Editore, 2024

Elena Kostjučenko è la piú importante giornalista d’inchiesta russa, una delle migliori e delle più coraggiose. Scoprì il giornalismo a 14 anni leggendo gli articoli sulla Cecenia di Anna Politkovskaja, la giornalista scomparsa nel 2006 uccisa con un colpo di proiettile alla testa nell’ascensore del suo condominio.

In questo libro Kostjučenko ci fa vedere l’altra faccia della Russia, dall’ascesa di Putin alla guerra in Ucraina. Un ritratto agghiacciante e umanissimo del Paese e della sua gente, vicino e lontano da Mosca e dal Cremlino.

“Per tutta la carriera ho raccontato come la Russia ha sistematicamente tradito i propri cittadini. Eppure la Russia è il Paese che amo.”

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