LA MIA RUSSIA – ELENA KOSTJUČENKO

Elena Kostiucenko La mia Russia

Elena Kostjučenko, La mia Russia. Storie da un Paese perduto, a cura di Claudia Zonghetti, traduzione dal russo di Maria Castorani, Martina Mecca, Riccardo Mini, Giulia Sorrentino, Francesca Stefanelli, pp. 456, Einaudi Editore, 2024

Elena Kostjučenko è la piú importante giornalista d’inchiesta russa, una delle migliori e delle più coraggiose. Scoprì il giornalismo a 14 anni leggendo gli articoli sulla Cecenia di Anna Politkovskaja, la giornalista scomparsa nel 2006 uccisa con un colpo di proiettile alla testa nell’ascensore del suo condominio.

In questo libro Kostjučenko ci fa vedere l’altra faccia della Russia, dall’ascesa di Putin alla guerra in Ucraina. Un ritratto agghiacciante e umanissimo del Paese e della sua gente, vicino e lontano da Mosca e dal Cremlino.

“Per tutta la carriera ho raccontato come la Russia ha sistematicamente tradito i propri cittadini. Eppure la Russia è il Paese che amo.”

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MR. GOEBBELS JAZZ BAND – DEMIAN LIENHARD

Lienhard Mr Goebbels Jazz Band

Demian Lienhard, MR. GOEBBELS JAZZ BAND, traduz. Cristina Vezzaro, pp.228, Bollati Boringhieri, 2024

“questa è la guerra, il nemico sono i britannici, e se per attirarli nella trappola ci vuole la musica jazz, ecco che è l’arma migliore, semplice e banale.”

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IL CASTELLO DEGLI SCRITTORI. NORIMBERGA 1946 CRONACHE DALL’ABISSO – UWE NEUMAHR

Uwe Neumahr Il castello degli scrittori

Uwe Neumahr, Il castello degli scrittori. Norimberga 1946 cronache dall’abisso, (tit. orig.le Das Schloss der Schriftsteller. Nürnberg ’46. Treffen am Abgrund, 2023), traduz. dal tedesco Silvia Savojini e Giovanna Targia, pp. 304, Marsilio Editori in Venezia, 2023

“A tutt’oggi non è mai più successo che tanti famosi scrittori da tutto il mondo siano stati riuniti sotto uno stesso tetto”, dove “si sono incontrate la letteratura e la storia mondiali” scrive Uwe Neumahr in Das Schloss der Schriftsteller, il castello degli scrittori, uscito recentemente in Germania e prontamente pubblicato in Italia da Marsilio.

Il 20 novembre del 1945 nel Palazzo di Giustizia di Norimberga si apre il processo ai vertici del regime nazista.
Il procedimento si sarebbe concluso il primo ottobre del 1946 con la condanna a morte di dodici dei ventidue imputati. Tra loro alcuni degli ideologi, dei ministri, dei leader del Terzo Reich, come degli organizzatori della Shoah, tra gli altri von Ribbentrop, Kaltenbrunner, Rosenberg e Frank, tre all’ergastolo, quattro dai 10 ai 20 anni di reclusione, compreso Albert Speer, l’architetto di Hitler le cui gravi responsabilità erano state riconosciute solo in minima parte, mentre tre verranno assolti.

A quelle udienze fu permesso di assistere ogni giorno ad oltre quattrocento spettatori. Tra loro moltissimi giornalisti e corrispondenti esteri provenienti da più di ventitré Paesi, per un totale di 325 testate tra giornali, radio e agenzie di stampa.

Sul processo di Norimberga esiste ormai una vastissima bibliografia, ma in questo Il castello degli scrittori Uwe Neumahr ricostruisce minuziosamente quei giorni, il contesto di quella inedita convivenza scegliendo di mettere a fuoco, in particolare, il settore della stampa accreditata delineando i profili di quelle figure che si trovarono a misurarsi con la complessità di uno degli avvenimenti che ha marcato la storia dell’umanità o, per dirla con le parole di Neumahr “quando la letteratura globale ha incontrato la storia del mondo”

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FEBBRAIO 1933. L’INVERNO DELLA LETTERATURA – UWE WITTSTOCK

Uwe Wittstock, Febbraio 1933. L’inverno della letteratura, tit. orig.le Februar 33. Der Winter der Literatur 2021, traduz. dal tedesco Isabella Amico di Meane e Giovanna Targia, pp. 304 , Marsilio Editori, 2023

Un mese. Basta soltanto un mese. Il 30 gennaio 1933 viene conferito ad Hitler l’incarico di Cancelliere del Reich. Il 28 febbraio, il giorno dopo l’incendio del Reichstag, viene emanato il “Decreto per la protezione del Popolo e dello Stato” che elimina di colpo i diritti civili.

“Hindenburg firma senza esitare. Il secondo decreto serve anzitutto a introdurre la pena di morte per determinati reati politici. Il primo, di portata assai più vasta, abolisce tutti i principali diritti fondamentali. Da oggi non ci sono più limiti alle prevaricazioni dello Stato. La libertà di parola, di stampa, di associazione e di riunione, il segreto postale e telefonico, l’inviolabilità del domicilio e della proprietà vengono soppresse. E così i diritti alla libertà personale: d’ora in poi la polizia può arrestare chiunque a proprio piacimento, prolungando il periodo di reclusione illimitatamente e impedendo il contatto del detenuto con la sua famiglia o con un avvocato. In altre parole: entro i confini della Germania chiunque è in balia dell’arbitrio del governo e delle autorità. Il terrore ha la strada spianata. La soppressione dei diritti fondamentali vale nominalmente solo «fino a nuovo ordine». Ma entrambi i decreti firmati nella giornata di oggi rimarranno in vigore per l’intera durata del regime nazista. Lo Stato di diritto è abolito. […] La dittatura ha inizio.” p.214

Uwe Wittstock, critico letterario e saggista, è stato redattore della «Frankfurter Allgemeine Zeitung» e della rivista d’informazione «Focus» e vice-capo della sezione di approfondimento del quotidiano «Die Welt». Ha ricevuto il premio Theodor Wolff, un prestigioso riconoscimento per la stampa tedesca.

Wittstock concentra la sua attenzione, in questo libro, su ciò che accadde nel mondo della cultura ed ai suoi protagonisti: come reagirono, cosa ne fu di loro. Innanzitutto, nessuno era riuscito a prevedere quello che sarebbe successo. Nei giorni convulsi che seguirono l’insediamento del nuovo Cancelliere, Thomas ed Heinrich Mann, Klaus ed Erika Mann, Alfred Döblin, i Wedekind, Joseph Roth, Bertolt Brecht, Erich Maria Remarque, Georges Grosz, Leo Feuchtwanger, Anna Seghers, Bernhard von Brentano e tantissimi altri noti e meno noti, sbigottiti e frastornati si interrogano e discutono sul da farsi mentre è già, immediatamente, iniziata “la caccia” (la chiamano proprio così) all’intellettuale. Le campagne diffamatorie, le perquisizioni, i primi agguati, i pestaggi sempre più frequenti, gli arresti immotivati… La lista degli intellettuali in pericolo è lunga, Wittstock non può che seguire il percorso di un numero limitato di essi ma sappiamo che tutte le eccellenze della cultura tedesca del tempo – scrittori, drammaturghi, pittori, architetti, attori, musicisti, grandi direttori d’orchestra e concertisti, giornalisti, filosofi, editori, direttori dei più prestigiosi teatri della Germania si trovarono improvvisamente davanti alla scelta fatale: aderire al nazismo oppure…

Molti di loro erano ebrei. Certo, le uccisioni di massa hanno avuto inizio solo più tardi e nessuno – nemmeno i più pessimisti – potevano immaginare l’inimmaginabile, ma già nel 1933 si è in realtà deciso chi avrebbero riguardato.

“chi doveva temere per la propria vita e quindi scappare e chi si faceva avanti per far carriera al seguito dei carnefici. Mai prima di allora così tanti scrittori e artisti hanno lasciato il proprio paese nel giro di così poco tempo.”

Il libro, basato su un’ampia bibliografia e documentazione (tutte le fonti sono citate) ha un incalzante taglio narrativo e cronachistico. I percorsi dei singoli, le scelte diverse, i diversi esiti finali sono narrati praticamente giorno per giorno con tutti i loro dubbi, le loro paure, le loro esitazioni, le loro certezze. Chi ce la fa e chi non ce la fa, chi sceglie l’esilio che salva la vita ma distrugge l’identità, chi decide di tagliare definitivamente ogni ponte dietro di sè, di rinnegare per sempre la Germania. Le figure che Wittstock sceglie di seguire da vicino, giorno dopo giorno, sono rappresentative del variegato universo culturale di un Paese che ha dato moltissimo alla cultura mondiale ma che nonostante tutto non è stato in grado di prevedere la catastrofe che sarebbe piombata su tutti (intellettuali e non) all’improvviso.

Non faccio certo spoiler dicendo che nell’ultimo capitolo intitolato “Cosa è accaduto in seguito. 33 brevi biografie” Wittstock racconta come si sono concluse le vite di quegli artisti che sono riusciti ad aver salva la vita. Spesso, purtroppo, non sono stati in grado di creare più nulla. La perdita della loro terra, delle persone care, delle radici aveva inaridito la loro creatività per sempre.

“Per distruggere la democrazia, agli antidemocratici è bastato poco più di un mese. Chi fosse partito alla fine di gennaio lasciando uno Stato di diritto, si sarebbe ritrovato al ritorno, quattro settimane dopo, in una dittatura”

Un libro da leggere e che rimane purtroppo sempre attuale perchè ci ricorda ancora una volta che «quanto siano preziosi la democrazia e il diritto diventa evidente appena iniziano a scomparire».

LA RESISTENZA DELLE DONNE – BENEDETTA TOBAGI

Benedetta Tobagi La Resistenza delle donne

Benedetta TOBAGI, La Resistenza delle donne, pp. 376, Einaudi, 2022

Moltissime donne hanno preso parte alla Resistenza, alla lotta dei patrioti italiani per la liberazione dal fascismo. Lo sapevamo. Non è dunque escluso che si apra questo libro con la convinzione di sapere già tutto, della Resistenza e delle donne italiane nella Resistenza. Già dopo poche pagine ci si accorge però che non è affatto così. Ma non voglio parlare certo a nome di tutti. Dichiaro solo che a me è successo proprio questo. Credevo di sapere ma ho scoperto che quello che sapevo non solo non era tutto, ma non era nemmeno abbastanza.

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DIARIO PARTIGIANO – ADA GOBETTI

Ada Gobetti Diario partigiano

Ada Gobetti Marchesini Prospero, Diario partigiano, Introduzione a cura di Goffredo Fofi, Contributi di Italo Calvino, Postfazione a cura di Bianca Guidetti Serra, pp. 444, Einaudi

“Dedico questi ricordi ai miei amici: vicini e lontani; di vent’anni e di un’ora sola. Perchè proprio l’amicizia – legame di solidarietà, fondato non su comunanza di sangue, nè di patria, nè di tradizione intellettuale, ma sul semplice rapporto umano del sentirsi uno con uno tra molti – m’è parso il significato intimo, il segno della nostra battaglia. E forse lo è stato veramente. E soltanto se riusciremo a salvarla, a perfezionarla o a ricrearla al disopra di tanti errori e di tanti smarrimenti, se riusciremo a capire che questa unità, quest’amicizia non è stata e non dev’essere solo un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma è un valore in se stessa, perchè in essa forse è il senso dell’uomo – soltanto allora potremo ripensare al nostro passato e rivedere il volto dei nostri amici, vivi e morti, senza malinconia e senza disperazione.

Credo di dover incominciare il mio racconto da quel momento – verso le 4 del pomeriggio del 10 settembre 1943 – in cui, mentre con Paolo, Ettore e Lisetta stavo distribuendo manifestini all’angolo di via Cernaia e corso Galileo Ferraris, vidi, con occhi increduli, passare una fila d’automobili tedesche.”

Lo sto leggendo in questi giorni e ne sono conquistata. Questi sono libri che dovrebbero circolare nelle scuole, tra i ragazzi e le ragazze. Il Diario partigiano di Ada Gobetti, traduttrice, intellettuale, madre intelligente ed affettuosa, scrittrice e partigiana (nome di battaglia Ulisse) Medaglia d’Argento al valore militare per il suo contributo alla Resistenza, cui partecipò attivamente assieme al diciottenne figlio Paolo (le è a fianco in due delle foto qui sopra) è puntuale cronaca di anni terribili (1943 – 1945). Sono anni durissimi raccontati con semplicità e passione, e sono pagine avvincenti come un romanzo.

Nell’immediato dopoguerra fu Benedetto Croce, di cui era amica, ad esortarla a scrivere di questa straordinaria esperienza e lei lo fece, basandosi sugli appunti che in quegli anni aveva scritto quotidianamente in una minuscola agendina in un inglese criptato che poteva decifrare e capire solo lei.

Tornerò, spero, a parlare più nel dettaglio di questo libro a lettura ultimata. Intanto però ho voluto riportare qui la bellissima dedica iniziale e le prime righe di avvio del racconto di questa donna intelligente e coraggiosa.

LA TERRA INUMANA – JÓZEF CZAPSKI

Jozef Czapski La terra inumana

Józef CZAPSKI, La terra inumana (tit. orig.le Na nieludzkiej ziemi), a cura di Andrea Ceccherelli, Traduz. di Andrea Ceccherelli e Tullia Villanova, pp. 459, Adelphi

“Questo libro non offre conclusioni né sintesi, è semplicemente il racconto di un anno di esperienze, osservazioni e pensieri di un polacco in Unione Sovietica.”

No. Questo libro è molto di più.Tutti coloro che hanno letto La terra inumana lo sanno: si tratta di una eccezionale descrizione della drammatica situazione dell’esercito polacco nel corso della Seconda Guerra mondiale, la descrizione delle popolazioni dell’Unione Sovietica in quegli anni (“la terra inumana dello stalinismo”) ed una testimonianza capitale. Józef Czapski è infatti uno dei pochi ufficiali polacchi scampati al massacro di Katyn. Ha conosciuto il Gulag (campo di transito di Pavliščev Bor, nei pressi di Juchnov, nell’oblast’ di Kaluga, campo di Grjazovec , nei pressi di Vologda, nel Nord della Russia dove, da fine anno, tenne – basandosi esclusivamente sulla propria memoria – conferenze in francese su Proust), la Siberia; Mosca e l’Uzbekistan, l’Iran; Iraq e Palestina. Sarà poi catapultato nella guerra in Libia, in Italia a Montecassino, vivrà la lenta traversata dell’Europa occupata dai Nazisti. Un’odissea eccezionale, raccontata da un uomo, un testimone, uno spirito eccezionale.

La terra inumana, ora tradotto da Andrea Ceccherelli e da Tullia Villanova per Adelphi costituisce, insieme con Ricordi di Starobielsk, che nell’immediato dopoguerra fu pubblicato anche nel nostro Paese, un dittico di forte testimonianza autobiografica.

La testimonianza di Czapski, pubblicata per la prima volta nel 1947 ed in seguito arricchita con ulteriore documentazione relativa ai fatti di Katyn è un vero gioiello. Czapski racconta, facendo avanti e indietro tra diverse epoche della sua vita, l’incredibile storia dell’Armata polacca del Generale Anders, scampata ai Gulag sovietici e formatasi con enormi difficoltà in URSS, poi trasferitasi in Iran prima di venire lanciata nel 1944 all’assalto di Montecassino in Italia.

Racconta, La terra inumana, la drammatica storia delle migliaia di militari polacchi (la maggior parte dei quali ufficiali) prigionieri di guerra in URSS che, all’atto della liberazione dai gulag sovietici scomparvero nel nulla; narra di come si arrivò finalmente alla rivelazione, dopo tanti anni di inutili, frustranti ricerche finite nel nulla per i continui depistaggi delle alte sfere del potere sovietico, di ciò che avvenne davvero a Katyn.

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UNA MADRE – VERA POLITKOVSKAJA

Vera Politkovskaja Una madre

Vera POLITKOVSKAJA (con Sara Giudice), Una madre. La vita e la passione per la verità di Anna Politkovskaja, traduz. dal russo Marco Clementi, pp. 129, Rizzoli, 2023

“In Russia tutti si sono dimenticati in fretta di Anna Politkovskaja, soprattutto la gente che conta, perchè mantenere la memoria di persone come mia madre è pericoloso. E’ molto più comodo perderne le tracce e dimenticare la sua verità.”

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