ANGELO INCONSOLABILE, ANGELO DEVASTATO


Annemarie Schwarzenbach

Annemarie Schwarzenbach a 24 anni, in quella che probabilmente è la sua fotografia più famosa, scattata nel 1931 a Berlino da Marianne Breslauer, la sua amica fotografa ex allieva di Man Ray.

…Ma su questa foto avrò modo di tornare.

“Angelo inconsolabile” la chiama Roger Martin du Gard nella dedica scritta su una copia del suo Confessione africana: “Per Annemarie Schwarzenbach, ringraziandola di camminare su questa terra con il suo bel viso di angelo inconsolabile”. “Angelo inconsolabile” la chiameranno spesso anche Klaus ed Erika, les enfants terribles figli di Thomas Mann.

Il suo nome in effetti compare nei luoghi più diversi e più singolari. Carson McCullers, pazzamente innamorata di Annemarie le dedica il suo romanzo più famoso Riflessi in un occhio d’oro. Klaus Mann parla spesso di lei nella sua autobiografia La svolta e nei suoi Diari, il nome di Annemarie compare nella corrispondenza di Catherine Pozzi con suo figlio Claude Bourdet, con lo pseudonimo di Christine ne La via crudele di Ella Maillart.

Ne La svolta Klaus Mann descrive così la reazione del padre Thomas quando incontrò per la prima volta la sua amica Annemarie: «[…] il Mago la guardò per un po’ di sguincio, con un misto di preoccupazione e di compiacimento. Alla fine sentenziò: “Strano, se lei fosse un giovinetto, dovrebbe essere dichiarata eccezionalmente bella!”». Dichiarazione che è tutto un programma…

Nel 1938, quando lo stato di Annemarie, eroiname, morfinomane, con tendenze suicide e crisi aggressive sempre più difficili da gestire peggiora di nuovo nonostante i numerosi e terribili ricoveri in cliniche specializzate, Thomas Mann la definisce nel suo diario un “angelo devastato”.

Carson McCullers descrive con queste parole Annemarie che le parla di se stessa:

«Non immagini che cosa significhi […] guarire da una simile dipendenza.»
«Da quale dipendenza?»
«Nessuno te ne ha parlato?»
«No, che cosa avrebbero dovuto raccontarmi?»
«Sono morfinomane dall’età di diciotto anni.»

Quando Carson le chiede da quando non prende più la morfina, Annemarie risponde: «Da oggi».

L’americana scriverà in seguito: «Il suo viso era un Donatello, i suoi capelli biondi e morbidi erano tagliati come quelli di un ragazzo; il suo sguardo blu scuro ti scrutava con lentezza; la sua bocca era infantile e dolce».

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RAGTIME – E. L. DOCTOROW

Doctorow Ragtime cover

Non suonatelo in fretta questo pezzo.
Non va mai bene suonare in fretta il ragtime…

Questa frase, che Doctorow sceglie di mettere come epigrafe al suo romanzo, è di Scott Joplin, il compositore e pianista statunitense di ragtime più famoso di questo genere musicale tanto da venire chiamato King of Ragtime.

Il ragtime (letteralmente “tempo stracciato, a brandelli”) era un genere musicale suonato prevalentemente al pianoforte — qualche volta accompagnato da un’orchestra — in voga negli Stati Uniti d’America a fine ‘800 – inizio ‘900. Di origine afro-americana, nato come musica da ballo dei quartieri a luci rosse e dei bordelli in particolare di Saint Louis e New Orleans era caratterizzato dalla contrapposizione di due ritmi diversi, uno regolare e ossessivo, l’altro vario e sincopato. Si era agli albori del jazz.

Anche  Ragtime di Doctorow procede in maniera sincopata, come il modello musicale di riferimento. Eccone un esempio: “Stava in piedi tra due vagoni del treno del latte diretto a New Rochelle. Pensava di gettarsi sotto le ruote. Ascoltava il loro ritmo, il loro battito continuo, come la mano sinistra di un rag. Il cigolio e il clangore del metallo contro il metallo alla giuntura dei due vagoni era il sincopato della mano destra. Sarebbe stato un suicidio al rag.”

Il romanzo di Doctorow mi è sembrato affascinante e… mi ha riservato anche una particolarissima sorpresa.

Della quale però intendo parlare solo alla fine del post.

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