LA ZONA DI INTERESSE – MARTIN AMIS

Martin Amis, La zona di interesse (tit. orig. The Zone of Interest, 2014), traduz. Maurizia Balmelli, pp.312, Einaudi Supercoralli, 2015

“è vero quel che si dice, qui nel KL: Nessuno conosce se stesso. Chi sei tu? Non lo sai. Poi arrivi nella Zona d’Interesse, e lei ti dice chi sei.” (Doll)

“O impazzisci nei primi dieci minuti, – si dice spesso, – o ti ci abitui”. Potreste obiettare che quelli che ci si abituano di fatto impazziscono. E c’è un altro esito possibile: non impazzire e non abituarcisi. (Szmul)

Il britannico Martin Amis ambienta questo suo quattordicesimo romanzo nella cosiddetta “zona d’interesse” (Interessengebiet) e cioè quella zona che si trovava intorno al campo di Auschwitz, in Polonia: un’area di circa 25 miglia amministrata e controllata dalle SS, delimitata da un muro sottile, in cui si trovavano i loro uffici e le case in cui vivevano con mogli e figli. Nel romanzo, la Zona di interesse di Auschwitz diventa il Kat Zet 1 (abbreviazione di Konzentrationslager), e ciò che avviene in quel perimetro è riportato narrativamente da un triplice punto di vista. Vi si narra (anche) di una storia d’amore. Una storia d’amore all’ombra delle camere a gas, dei crematori…
E’ un libro difficile, questo. Corrosivo e destabilizzante. Ha generato (e continua a generare ancora oggi) molte perplessità, come avevano già ampiamente dimostrato le polemiche suscitate in occasione della sua prima pubblicazione.
L’interrogativo non è nuovo: è lecito utilizzare il registro stilistico dell’ironia, del dark humor quando si parla di una tragedia immane come la Shoah? Perché è questo, quello che fa Amis con il suo romanzo.

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MR. GOEBBELS JAZZ BAND – DEMIAN LIENHARD

Lienhard Mr Goebbels Jazz Band

Demian Lienhard, MR. GOEBBELS JAZZ BAND, traduz. Cristina Vezzaro, pp.228, Bollati Boringhieri, 2024

“questa è la guerra, il nemico sono i britannici, e se per attirarli nella trappola ci vuole la musica jazz, ecco che è l’arma migliore, semplice e banale.”

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LA MEMORIA DI TUTTI

Charlotte Salomon Kristallnacht
Charlotte Salomon, Kristallnacht (La notte dei cristalli)

Mi sono molto interrogata, in queste settimane, sul se e come avrei potuto quest’anno 2024 commemorare quel 27 gennaio del 1945 quando, alle otto del mattino, i sovietici liberarono Auschwitz, il più grande campo di concentramento e di sterminio nazista, considerando quello che è accaduto in quel terribile 7 ottobre del 2023, considerando quello che l’Israele di Netanyhau sta facendo a Gaza, considerando che sono in tanti che paragonano Gaza alla Shoah… arrivando a parlare di “genocidio”, di “vittime che si trasformano in carnefici”.
Il Giorno della Memoria delle persecuzioni nazifasciste degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, in generale dello sterminio, della Shoah avrebbe “tenuto”?
Nei mesi scorsi ho osservato sgomenta il feroce attacco terroristico di Hamas, lo scatenarsi dell’offensiva militare israeliana su Gaza, per cui, nel dubbio e per rispetto, paradossalmente la tentazione di tacere l’ho avuta. Tacere?! Ma anche no! L’unica certezza era che non me la sentivo di fare una commemorazione formale, ma di certo non me ne sarei stata zitta. Cerco perciò di parlarne, della questione, e di farlo senza alcuna pretesa o presunzione di saperne più di altri.

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IL CASTELLO DEGLI SCRITTORI. NORIMBERGA 1946 CRONACHE DALL’ABISSO – UWE NEUMAHR

Uwe Neumahr Il castello degli scrittori

Uwe Neumahr, Il castello degli scrittori. Norimberga 1946 cronache dall’abisso, (tit. orig.le Das Schloss der Schriftsteller. Nürnberg ’46. Treffen am Abgrund, 2023), traduz. dal tedesco Silvia Savojini e Giovanna Targia, pp. 304, Marsilio Editori in Venezia, 2023

“A tutt’oggi non è mai più successo che tanti famosi scrittori da tutto il mondo siano stati riuniti sotto uno stesso tetto”, dove “si sono incontrate la letteratura e la storia mondiali” scrive Uwe Neumahr in Das Schloss der Schriftsteller, il castello degli scrittori, uscito recentemente in Germania e prontamente pubblicato in Italia da Marsilio.

Il 20 novembre del 1945 nel Palazzo di Giustizia di Norimberga si apre il processo ai vertici del regime nazista.
Il procedimento si sarebbe concluso il primo ottobre del 1946 con la condanna a morte di dodici dei ventidue imputati. Tra loro alcuni degli ideologi, dei ministri, dei leader del Terzo Reich, come degli organizzatori della Shoah, tra gli altri von Ribbentrop, Kaltenbrunner, Rosenberg e Frank, tre all’ergastolo, quattro dai 10 ai 20 anni di reclusione, compreso Albert Speer, l’architetto di Hitler le cui gravi responsabilità erano state riconosciute solo in minima parte, mentre tre verranno assolti.

A quelle udienze fu permesso di assistere ogni giorno ad oltre quattrocento spettatori. Tra loro moltissimi giornalisti e corrispondenti esteri provenienti da più di ventitré Paesi, per un totale di 325 testate tra giornali, radio e agenzie di stampa.

Sul processo di Norimberga esiste ormai una vastissima bibliografia, ma in questo Il castello degli scrittori Uwe Neumahr ricostruisce minuziosamente quei giorni, il contesto di quella inedita convivenza scegliendo di mettere a fuoco, in particolare, il settore della stampa accreditata delineando i profili di quelle figure che si trovarono a misurarsi con la complessità di uno degli avvenimenti che ha marcato la storia dell’umanità o, per dirla con le parole di Neumahr “quando la letteratura globale ha incontrato la storia del mondo”

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DIARIO DI UN DISPERATO. MEMORIE DI UN ARISTOCRATICO ANTINAZISTA – FRIEDRICH RECK

Friedrich Rech Diario di un disperato

Friedrich RECK, Diario di un disperato. Memorie di un aristocratico antinazista (tit. orig.le Tagebuch eines Verzweifeltern), traduz. dal tedesco Matteo Chiarini, Castelvecchi editore, 2015

“Sono certo che oggi il gran corruttore ha firmato la propria sentenza di morte.”, annotava Friedrich Reck-Malleczewen all’annuncio della mobilitazione generale dell’armata tedesca nell’agosto del 1939.
Il “grande corruttore” era Hitler.

L’autore lo odiava da quando aveva preso il potere: “ti ho odiato senza tregua, ti odio tanto che offrirei con gioia la mia vita per la tua rovina: per vederti inabissare, ti attirerei nell’abisso con il mio odio.”

Friedrich Percyval Reck-Malleczewen era un aristocratico tedesco nato nel 1884 a Malleczewen nella Prussia orientale in una famiglia di Junker protestanti; si era convertito al cattolicesimo da adulto e fu strenuo oppositore del regime hitleriano. Era molto famoso in Italia per il volume Il re degli anabattisti. Storia di una follia collettiva (Res Gestae ed.), storia ambientata nel XVI secolo nella città di Münster dove si realizzò un esperimento sociale nel quale Reck vede la prefigurazione del terrore giacobino e di quello bolscevico. In Germania il volume, appena pubblicato nel 1937, era stato subito proibito…

Il diario che Reck scrisse dal 1936 all’ottobre del 1944 fu ritrovato dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Sono pagine che contengono un’analisi spietata del governo nazista e della società tedesca. Reck è sprezzante, caustico, a volte amaramente ironico e non risparmia critiche al mondo industriale e all’aristocrazia decaduta colpevoli di avere permesso e spesso sostenuto l’ascesa del regime.

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LA RESISTENZA DELLE DONNE – BENEDETTA TOBAGI

Benedetta Tobagi La Resistenza delle donne

Benedetta TOBAGI, La Resistenza delle donne, pp. 376, Einaudi, 2022

Moltissime donne hanno preso parte alla Resistenza, alla lotta dei patrioti italiani per la liberazione dal fascismo. Lo sapevamo. Non è dunque escluso che si apra questo libro con la convinzione di sapere già tutto, della Resistenza e delle donne italiane nella Resistenza. Già dopo poche pagine ci si accorge però che non è affatto così. Ma non voglio parlare certo a nome di tutti. Dichiaro solo che a me è successo proprio questo. Credevo di sapere ma ho scoperto che quello che sapevo non solo non era tutto, ma non era nemmeno abbastanza.

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DIARIO PARTIGIANO – ADA GOBETTI

Ada Gobetti Diario partigiano

Ada Gobetti Marchesini Prospero, Diario partigiano, Introduzione a cura di Goffredo Fofi, Contributi di Italo Calvino, Postfazione a cura di Bianca Guidetti Serra, pp. 444, Einaudi

“Dedico questi ricordi ai miei amici: vicini e lontani; di vent’anni e di un’ora sola. Perchè proprio l’amicizia – legame di solidarietà, fondato non su comunanza di sangue, nè di patria, nè di tradizione intellettuale, ma sul semplice rapporto umano del sentirsi uno con uno tra molti – m’è parso il significato intimo, il segno della nostra battaglia. E forse lo è stato veramente. E soltanto se riusciremo a salvarla, a perfezionarla o a ricrearla al disopra di tanti errori e di tanti smarrimenti, se riusciremo a capire che questa unità, quest’amicizia non è stata e non dev’essere solo un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma è un valore in se stessa, perchè in essa forse è il senso dell’uomo – soltanto allora potremo ripensare al nostro passato e rivedere il volto dei nostri amici, vivi e morti, senza malinconia e senza disperazione.

Credo di dover incominciare il mio racconto da quel momento – verso le 4 del pomeriggio del 10 settembre 1943 – in cui, mentre con Paolo, Ettore e Lisetta stavo distribuendo manifestini all’angolo di via Cernaia e corso Galileo Ferraris, vidi, con occhi increduli, passare una fila d’automobili tedesche.”

Lo sto leggendo in questi giorni e ne sono conquistata. Questi sono libri che dovrebbero circolare nelle scuole, tra i ragazzi e le ragazze. Il Diario partigiano di Ada Gobetti, traduttrice, intellettuale, madre intelligente ed affettuosa, scrittrice e partigiana (nome di battaglia Ulisse) Medaglia d’Argento al valore militare per il suo contributo alla Resistenza, cui partecipò attivamente assieme al diciottenne figlio Paolo (le è a fianco in due delle foto qui sopra) è puntuale cronaca di anni terribili (1943 – 1945). Sono anni durissimi raccontati con semplicità e passione, e sono pagine avvincenti come un romanzo.

Nell’immediato dopoguerra fu Benedetto Croce, di cui era amica, ad esortarla a scrivere di questa straordinaria esperienza e lei lo fece, basandosi sugli appunti che in quegli anni aveva scritto quotidianamente in una minuscola agendina in un inglese criptato che poteva decifrare e capire solo lei.

Tornerò, spero, a parlare più nel dettaglio di questo libro a lettura ultimata. Intanto però ho voluto riportare qui la bellissima dedica iniziale e le prime righe di avvio del racconto di questa donna intelligente e coraggiosa.

LA TERRA INUMANA – JÓZEF CZAPSKI

Jozef Czapski La terra inumana

Józef CZAPSKI, La terra inumana (tit. orig.le Na nieludzkiej ziemi), a cura di Andrea Ceccherelli, Traduz. di Andrea Ceccherelli e Tullia Villanova, pp. 459, Adelphi

“Questo libro non offre conclusioni né sintesi, è semplicemente il racconto di un anno di esperienze, osservazioni e pensieri di un polacco in Unione Sovietica.”

No. Questo libro è molto di più.Tutti coloro che hanno letto La terra inumana lo sanno: si tratta di una eccezionale descrizione della drammatica situazione dell’esercito polacco nel corso della Seconda Guerra mondiale, la descrizione delle popolazioni dell’Unione Sovietica in quegli anni (“la terra inumana dello stalinismo”) ed una testimonianza capitale. Józef Czapski è infatti uno dei pochi ufficiali polacchi scampati al massacro di Katyn. Ha conosciuto il Gulag (campo di transito di Pavliščev Bor, nei pressi di Juchnov, nell’oblast’ di Kaluga, campo di Grjazovec , nei pressi di Vologda, nel Nord della Russia dove, da fine anno, tenne – basandosi esclusivamente sulla propria memoria – conferenze in francese su Proust), la Siberia; Mosca e l’Uzbekistan, l’Iran; Iraq e Palestina. Sarà poi catapultato nella guerra in Libia, in Italia a Montecassino, vivrà la lenta traversata dell’Europa occupata dai Nazisti. Un’odissea eccezionale, raccontata da un uomo, un testimone, uno spirito eccezionale.

La terra inumana, ora tradotto da Andrea Ceccherelli e da Tullia Villanova per Adelphi costituisce, insieme con Ricordi di Starobielsk, che nell’immediato dopoguerra fu pubblicato anche nel nostro Paese, un dittico di forte testimonianza autobiografica.

La testimonianza di Czapski, pubblicata per la prima volta nel 1947 ed in seguito arricchita con ulteriore documentazione relativa ai fatti di Katyn è un vero gioiello. Czapski racconta, facendo avanti e indietro tra diverse epoche della sua vita, l’incredibile storia dell’Armata polacca del Generale Anders, scampata ai Gulag sovietici e formatasi con enormi difficoltà in URSS, poi trasferitasi in Iran prima di venire lanciata nel 1944 all’assalto di Montecassino in Italia.

Racconta, La terra inumana, la drammatica storia delle migliaia di militari polacchi (la maggior parte dei quali ufficiali) prigionieri di guerra in URSS che, all’atto della liberazione dai gulag sovietici scomparvero nel nulla; narra di come si arrivò finalmente alla rivelazione, dopo tanti anni di inutili, frustranti ricerche finite nel nulla per i continui depistaggi delle alte sfere del potere sovietico, di ciò che avvenne davvero a Katyn.

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