Uno schizzo di Proust nella pagina del manoscritto di Du côté de chez Swann in cui parla lungamente di Françoise (Fonte)
Nei due precedenti post sulle lunghe frasi di Proust ho già detto quanto queste avessero non solo già molto irritato i suoi primissimi lettori, ma quanto anche oggi spesso scoraggino molti di coloro che affrontano la sterminata opera dello scrittore francese.
Oggi però tutti i lettori (anche quelli che si arrendono dopo appena un centinaio di pagine e abbandonano l’impresa) e tutti gli specialisti concordano nel riconoscere che esiste una “frase di Proust”: lunga, dal respiro interminabile ma discreto, con tutte quelle subordinate che mettono a dura prova la nostra memoria, quella musica di allitterazioni che supplisce alle nostre difficoltà di fronte alle ramificazioni logiche…
Sull’analisi di questa particolarissima modalità di scrittura esiste ormai una vastissima letteratura critica, la sua peculiarità è un tema tra i più massicciamente presenti nella sterminata bibliografia esistente su Proust.
Voglio proporre due interpretazioni a proposito della lunghezza delle frasi di Proust, e le propongo (anche) perchè sono diversissime tra loro.
Si tratta dell’interpretazione di Alessandro Baricco e di quella di Julia Kristeva