LA MEMORIA DI TUTTI

Charlotte Salomon Kristallnacht
Charlotte Salomon, Kristallnacht (La notte dei cristalli)

Mi sono molto interrogata, in queste settimane, sul se e come avrei potuto quest’anno 2024 commemorare quel 27 gennaio del 1945 quando, alle otto del mattino, i sovietici liberarono Auschwitz, il più grande campo di concentramento e di sterminio nazista, considerando quello che è accaduto in quel terribile 7 ottobre del 2023, considerando quello che l’Israele di Netanyhau sta facendo a Gaza, considerando che sono in tanti che paragonano Gaza alla Shoah… arrivando a parlare di “genocidio”, di “vittime che si trasformano in carnefici”.
Il Giorno della Memoria delle persecuzioni nazifasciste degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, in generale dello sterminio, della Shoah avrebbe “tenuto”?
Nei mesi scorsi ho osservato sgomenta il feroce attacco terroristico di Hamas, lo scatenarsi dell’offensiva militare israeliana su Gaza, per cui, nel dubbio e per rispetto, paradossalmente la tentazione di tacere l’ho avuta. Tacere?! Ma anche no! L’unica certezza era che non me la sentivo di fare una commemorazione formale, ma di certo non me ne sarei stata zitta. Cerco perciò di parlarne, della questione, e di farlo senza alcuna pretesa o presunzione di saperne più di altri.

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DIARIO PARTIGIANO – ADA GOBETTI

Ada Gobetti Diario partigiano

Ada Gobetti Marchesini Prospero, Diario partigiano, Introduzione a cura di Goffredo Fofi, Contributi di Italo Calvino, Postfazione a cura di Bianca Guidetti Serra, pp. 444, Einaudi

“Dedico questi ricordi ai miei amici: vicini e lontani; di vent’anni e di un’ora sola. Perchè proprio l’amicizia – legame di solidarietà, fondato non su comunanza di sangue, nè di patria, nè di tradizione intellettuale, ma sul semplice rapporto umano del sentirsi uno con uno tra molti – m’è parso il significato intimo, il segno della nostra battaglia. E forse lo è stato veramente. E soltanto se riusciremo a salvarla, a perfezionarla o a ricrearla al disopra di tanti errori e di tanti smarrimenti, se riusciremo a capire che questa unità, quest’amicizia non è stata e non dev’essere solo un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma è un valore in se stessa, perchè in essa forse è il senso dell’uomo – soltanto allora potremo ripensare al nostro passato e rivedere il volto dei nostri amici, vivi e morti, senza malinconia e senza disperazione.

Credo di dover incominciare il mio racconto da quel momento – verso le 4 del pomeriggio del 10 settembre 1943 – in cui, mentre con Paolo, Ettore e Lisetta stavo distribuendo manifestini all’angolo di via Cernaia e corso Galileo Ferraris, vidi, con occhi increduli, passare una fila d’automobili tedesche.”

Lo sto leggendo in questi giorni e ne sono conquistata. Questi sono libri che dovrebbero circolare nelle scuole, tra i ragazzi e le ragazze. Il Diario partigiano di Ada Gobetti, traduttrice, intellettuale, madre intelligente ed affettuosa, scrittrice e partigiana (nome di battaglia Ulisse) Medaglia d’Argento al valore militare per il suo contributo alla Resistenza, cui partecipò attivamente assieme al diciottenne figlio Paolo (le è a fianco in due delle foto qui sopra) è puntuale cronaca di anni terribili (1943 – 1945). Sono anni durissimi raccontati con semplicità e passione, e sono pagine avvincenti come un romanzo.

Nell’immediato dopoguerra fu Benedetto Croce, di cui era amica, ad esortarla a scrivere di questa straordinaria esperienza e lei lo fece, basandosi sugli appunti che in quegli anni aveva scritto quotidianamente in una minuscola agendina in un inglese criptato che poteva decifrare e capire solo lei.

Tornerò, spero, a parlare più nel dettaglio di questo libro a lettura ultimata. Intanto però ho voluto riportare qui la bellissima dedica iniziale e le prime righe di avvio del racconto di questa donna intelligente e coraggiosa.

LE STESSE COSE RITORNANO

Hermann Broch Robert Musil
Hermann Broch e Robert Musil

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LA GENTE CHE NON SA SCRIVERE

 

Jack London

 

La gente che non sa scrivere tende a scrivere troppo sulla gente che scrive sul serio

(Jack London, Martin Eden)

 

LE GUERRE SONO GRANDI GIOCHI

Dasa Drndic Trieste

“Le guerre sono grandi giochi. Ragazzotti viziati spostano soldatini di piombo su variopinte carte geografiche. Vi inseriscono il ricavato. Poi vanno a dormire. Le mappe volano nei cieli come aeroplani di carta, si posano sulle città, sui campi, sui monti e sui fiumi. Coprono la gente, ridotta a un ammasso di figurine che più tardi grandi strateghi smisteranno altrove, dislocheranno di qua e di là, insieme alle loro case e ai loro stupidi sogni. Le carte geografiche di dissoluti condottieri ricoprono quello che è stato, sotterrano il passato. Quando il gioco finisce, i guerrieri riposano. » E’ a quel punto che arrivano gli storici, a trasformare i giochi crudeli di chi non è mai sazio in menzogne alla moda. Viene dunque scritta una nuova Storia, la quale sarà annotata da nuovi condottieri su nuove carte, perchè il gioco non abbia mai fine.”

Daša Drndić, Trieste. Un romanzo documentario, traduz. di Ljiljana Avirović, pp. 446, Bompiani, 2016

UNA STANZA PER DUE. JOHN STEINBECK E ROBERT CAPA

 

Robert Capa John Steinbeck Mosca 1947
Mosca, Settembre 1947. Robert Capa fotografa John Steinbeck in uno specchio.
Foto Robert Capa

(Fonte)

Nel 1947 John Steinbeck (futuro Premio Nobel per la Letteratura nel 1962) fece assieme a Robert Capa, il fotografo ungherese fondatore dell’Agenzia Magnum, considerato oggi il più grande fotoreporter della Seconda Guerra mondiale e divenuto vera e propria leggenda come “il fotografo delle cinque guerre” (guerra civile spagnola (1936-1939), seconda guerra sino-giapponese (1938), la seconda guerra mondiale (1941-1945), la guerra arabo-israeliana (1948), la prima guerra d’Indocina (1954)), un viaggio di circa quattro mesi in URSS, già in piena Guerra Fredda.

Lo scopo era fornire un resoconto onesto e privo di ideologie sulla vita quotidiana di un Paese, lontanissimo dalla cultura degli Stati Uniti, che degli Stati Uniti era stato, fino a poco tempo prima, l’alleato più forte nella Seconda guerra mondiale appena conclusa. Continua a leggere “UNA STANZA PER DUE. JOHN STEINBECK E ROBERT CAPA”

“ARDEVA UNA GRAN FIAMMA…”

 

Notre Dame incendio
Notre Dame in fiamme
Parigi, 15 Aprile 2019

 

“Ora ogni sguardo si levava verso la parte alta della chiesa, e lo spettacolo era straordinario: in cima alla galleria più elevata, più su del rosone centrale, ardeva una gran fiamma salendo tra le due torri con turbini di scintille, una gran fiamma ondeggiante e furiosa cui il vento talora strappava un brandello portandolo via con il fumo.
Sotto questa fiamma, sotto la balaustra scura intagliata a trifogli di brace, le gole di mostro in cui finivano le grondaie vomitavano senza tregua una pioggia ardente che formava due vividi argentei ruscelli sulla facciata tenebrosa sottostante. Via via che si avvicinavano al suolo, i due getti di piombo liquefatto si allargavano a fascio, come acqua che scaturisca dai mille forellini dell’annaffiatoio. Sopra la fiamma, le enormi torri di cui ognuna mostrava due facce nude e nette, una tutta nera, l’altra tutta rossa, sembravano ancora accresciute dall’ombra immensa che proiettavano nel cielo. Le innumerevoli sculture di diavoli e di draghi prendevano un aspetto lugubre, e sembravano agitarsi al chiarore inquieto della fiamma.
Certi serpenti avevano l’aria di ridere, certe grondaie a testa di cane pareva sentirle latrare, le salamandre soffiavano sul fuoco, le tarasche starnutivano nel fumo. E in mezzo a tanti mostri che la fiamma e il frastuono destavano dal loro sonno di pietra, ce n’era uno che camminava, e di tanto in tanto lo si vedeva passare davanti al rogo come un pipistrello davanti a una candela.”

(Victor Hugo, Notre Dame de Paris, traduz. Clara Lusignoli, Einaudi, Libro decimo)

IL COMPITO DEI LETTORI

Daniel Mendelsohn
“[…] sono convinto che, sebbene sia giusto che notiate tratti interessanti del testo, il vostro compito di lettori sia coglierne il senso, comprendere come i diversi tratti vanno a comporre un significato più ampio. Così è stato insegnato a me, e così è stato insegnato a coloro che hanno insegnato a me. Se l’opera è dotata di coerenza, tutti questi dettagli andranno a formare un quadro, anche se all’inizio non balzano all’occhio e anche se il quadro generale non è chiaro. Solo attraverso una lettura ravvicinata possiamo capire qual è il quadro più ampio e come i diversi pezzi, i piccoli tasselli, si combinano fra loro. In questo consiste l’interpretazione, ed è questo lo scopo della filologia.
L’interpretazione non è un’impresa soggettiva, abborracciata; si fonda su un esame scrupoloso dei dati, e i dati sono quello che c’è nel testo.”

>> Daniel Adam Mendelsohn, Un’odissea. Un padre, un figlio, un’epopea, tit. orig. A Father, a Son, and an Epic, traduz. Norman Gobetti, pp.320, Einaudi, 2018 <<<

Daniel Mendelsohn è anche l’autore del magnifico Gli scomparsi, libro del quale avevo parlato >>qui