
Ada Gobetti Marchesini Prospero, Diario partigiano, Introduzione a cura di Goffredo Fofi, Contributi di Italo Calvino, Postfazione a cura di Bianca Guidetti Serra, pp. 444, Einaudi
“Dedico questi ricordi ai miei amici: vicini e lontani; di vent’anni e di un’ora sola. Perchè proprio l’amicizia – legame di solidarietà, fondato non su comunanza di sangue, nè di patria, nè di tradizione intellettuale, ma sul semplice rapporto umano del sentirsi uno con uno tra molti – m’è parso il significato intimo, il segno della nostra battaglia. E forse lo è stato veramente. E soltanto se riusciremo a salvarla, a perfezionarla o a ricrearla al disopra di tanti errori e di tanti smarrimenti, se riusciremo a capire che questa unità, quest’amicizia non è stata e non dev’essere solo un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma è un valore in se stessa, perchè in essa forse è il senso dell’uomo – soltanto allora potremo ripensare al nostro passato e rivedere il volto dei nostri amici, vivi e morti, senza malinconia e senza disperazione.
Credo di dover incominciare il mio racconto da quel momento – verso le 4 del pomeriggio del 10 settembre 1943 – in cui, mentre con Paolo, Ettore e Lisetta stavo distribuendo manifestini all’angolo di via Cernaia e corso Galileo Ferraris, vidi, con occhi increduli, passare una fila d’automobili tedesche.”
Lo sto leggendo in questi giorni e ne sono conquistata. Questi sono libri che dovrebbero circolare nelle scuole, tra i ragazzi e le ragazze. Il Diario partigiano di Ada Gobetti, traduttrice, intellettuale, madre intelligente ed affettuosa, scrittrice e partigiana (nome di battaglia Ulisse) Medaglia d’Argento al valore militare per il suo contributo alla Resistenza, cui partecipò attivamente assieme al diciottenne figlio Paolo (le è a fianco in due delle foto qui sopra) è puntuale cronaca di anni terribili (1943 – 1945). Sono anni durissimi raccontati con semplicità e passione, e sono pagine avvincenti come un romanzo.
Nell’immediato dopoguerra fu Benedetto Croce, di cui era amica, ad esortarla a scrivere di questa straordinaria esperienza e lei lo fece, basandosi sugli appunti che in quegli anni aveva scritto quotidianamente in una minuscola agendina in un inglese criptato che poteva decifrare e capire solo lei.
Tornerò, spero, a parlare più nel dettaglio di questo libro a lettura ultimata. Intanto però ho voluto riportare qui la bellissima dedica iniziale e le prime righe di avvio del racconto di questa donna intelligente e coraggiosa.