AL MERCATO DEL PESCE DI AMBURGO

Altona Fischmarkt

Il mercato del pesce di Amburgo (il Fischmarkt) è una tradizione che si rinnova ogni domenica mattina da ben  300 anni.

Si svolge dalle  5.00 alle 9.30 del mattino d’estate, dalle 8.00 alle 10.00 d’inverno.

Si vende di tutto, non solo il pesce, e nella Fisch Halle (l’enorme padiglione un tempo dedicato alle contrattazioni dei venditori di pesce) oggi si canta, si beve, si balla.

Potevo mai perdermi ‘sta cosa?

Certo che no.

Ed infatti ho messo la sveglia per le 5.30 ed alle 6.30 sono sgattaiolata come una ladra fuori dall’albergo   — cercando di evitare lo sguardo vigile del portiere — che era ancora quello di notte.

Per strada non c’era anima viva, ed ho cominciato a chiedermi se non fossi stata matta a fidarmi della Lonely Planet e del depliant fornito dall’Ufficio Turistico di Amburgo.

Al Fischmarkt di Altona – St. Pauli ci si può arrivare in due modi: o dalla parte dell’Elba, per traghetto (più bello ma più complicato, a quell’ora) oppure dall’altra parte (da terra) con la metro che ti sbarca direttamente a Reeperbahn, a circa duecento metri dal Fischmarkt.

Yes, a Reeperbahn. Avete letto bene. Proprio nel centro del quartiere a luci rosse.

Ovviamente ho scelto la metro, e mi è bastato questo per ritrovarmi già nel vagone in mezzo ad un sacco di gente di tutti i tipi e poi immersa in un fiume di persone che si dirigevano tutte, inequivocabilmente, verso il Fischmarkt.

E al Fischmarkt… beh, lì… c’era proprio di tutto.

Gente che vendeva anguille, fiori, magliette, ceramiche.

“Abbanniando” (traduz. dal siculo idioma = urlando per decantare le meraviglie della propria merce) in modo che fa andare in visibilio i turisti e che a me faceva ritrovar aria di casa, abituata come sono agli “abbanniamenti” dei mercati della Vucciria e di Porta Carini.

Noi qui in Terronia diciamo che sono venditori che “abbanniano”.

Lì ad Amburgo, mi assicura la Lonely Planet, i venditori che strillano si chiamano “Marktscheier” = urlatori di mercato.

Ma comunque.  Fin qui, niente di particolarmente nuovo per me: un grande mercato all’aperto con i venditori che etc. etc.

Poi però sono entrata nella Fischauktionshalle, l’enorme edificio in cui un tempo si tenevano le aste del pesce.

Fischauktionshalle Fischmarkt Amburgo

E lì… veramente non potevo credere ai miei occhi.

Ordunque: alle 7.30 del mattino, lì dentro si beveva birra, si mangiavano panini con l’aringa cruda e la cipolla, complessi rock suonavano cose tipo “Satisfaction” , Rythm and Blues a go go, tutti che sapevano le parole,   tutti che ballavano e si agitavano divertendosi come matti.

Beh, mi sono divertita come una matta anche io e sono rimasta due ore, lì dentro. Non ci potevo credere, a quello che vedevo

La cosa incredibile non era tutta ‘sta gente che si agitava, ma che lo facesse a quell’ora e che ci fosse proprio di tutto: allegre famigliole con bambini al seguito, arzille anziane signore, baldi giovinotti, giovani coppie di innamorati,

Amburgo Fischmarkt

punk ultrastagionati  ed arcitatuati, pimpanti vecchietti, tranquille coppie di mezza età.  e poi strani personaggi che evidentemente erano lì non perchè si fossero alzati presto ma perchè  avevano trascorso la notte a Reeperbahn e non si erano mai andati a coricare…

Amburgo Fischmarkt

Insomma, forse più che raccontare è meglio far vedere questo video.

E’ un vero crescendo (perchè la birra, si sa, i suoi effetti li produce e la gente si va sempre più entusiasmando).

… Poi ad un certo punto, alle 9.30 in punto una potente voce comincia a martellare dagli altoparlanti: “Achtung! Achtung!”  per annunciare che la festa è finita, che le bancarelle devono smontare, che il Fischmarkt di questa domenica è finito e che insomma per piacere tutti a casa.

Però nel mio filmino l’ “Achtung! Achtung!” non c’è.

Autore: Gabrilu

https://nonsoloproust.wordpress.com

19 pensieri riguardo “AL MERCATO DEL PESCE DI AMBURGO”

  1. Eh che meraviglia il tuo racconto su questo luogo dalle suggestioni vagamente felliniane!
    La varietà dei visitatori e il tuo stupore di fronte ad essa mi ha ricordato la mia incredulità, durante la mia vacanza in Irlanda, quando in ogni pub vedevo seduti al bancone, gli uni accanto agli altri e senza alcun problema, intere famigliole con bambini e nonni a seguito, punk e sbandati vari, signori e signore attempati e distinti… e via così.

    Vedi un po’ se sono riuscita ad attivare i feed di cui mi parlavi… Fammi sapere se così ti va bene!
    Ciao e buon ferragosto!
    🙂

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  2. Paperis
    quello che mi ha impressionata di più è stato, come ho detto, ***l’orario*** in cui si svolge tutto questo.
    Fosse stato pomeriggio o sera, confesso che non sarei rimasta lì dentro più di dieci minuti, non amo particolarmente questo tipo di cose ma questo spettacolo all’alba, che devo dirti… mi ha ipnotizzata…

    I Feeds? Ti ho risposto in pvt al tuo messaggio, non lo hai letto? Cmq non so come e perchè ma sono riuscita a “prelevarti” e ad inseririti nel mio Google Reader.
    Ciao 🙂

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  3. Ciao Gabriella e scusa, solo adesso ho visto il tuo messaggio. Non ho grande familiarità con Splinder, e ho aperto un account praticamente solo per seguire il tuo blog, dunque andavo a cercare in Mail il tuo messaggio (ovviamente non trovandolo).
    Sì, alla fine sono riuscita a metterli ‘sti benedetti feeds 🙂
    Non mi ero mai posta il problema prima, perché con Blogger ho inserito tutti i blogs che seguo nella pagina del mio blog e la lista viene sempre aggiornata, dunque, apro la pagina del mio blog tutti i giorni e do una veloce scorsa a questa lista, dove appaiono i titoli dei nuovi posts di ogni blog e a quando risalgono (1 giorno fa, 14 minuti fa, 2 ore fa e così via). Pensavo che funzionasse così un po’ ovunque…

    Tornando al tuo post, sì immagino che trovarsi in quel luogo e assistere a un simile spettacolo a quell’ora della mattina sia stato il vero motivo di fascino del tutto. Sono come te, comunque, tendenzialmente la folla, il rumore, la musica non mi attirano granché (per non dire affatto); mio marito dice sempre che ho spiccate tendenze eremitiche. Tant’è.
    Una buona giornata!

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  4. E’ molto interessante l’architettura dell’edificio, del resto tipica dei mercati coperti tra Otto e Novecento. Da quanto ho visto, mi sembra anche tenuto splendidamente.

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  5. Oyrad
    Mi ha ricordato molto il Il grande mercato coperto Nagycsarnok di Budapest

    Se vuoi vedere le immagini un po’ più grandi, clicca su

    BUDAPEST

    BUDAPEST

    Perchè mai da noi le tante cose belle (che ne abbiamo , di cose belle, eh — pardon — ne avremmo) invece si fa di tutto per distruggerle?

    Perchè è questa, la vera domanda.

    Io una risposta me la sono data da tempo.

    Ciao 🙂

    Talpa
    Se l’apprezzamento viene da una sfegatata Sudista germanofila come te, vale il doppio ^__^

    …Guarda, ad Amburgo già si preparano anche loro per l’Oktoberfest ^__^

    Se vuoi vedere la fotina in tutto il suo splendore (si fa per dire, la luce era pessima e la foto è pessima ed infatti non l’avrei mai esposta al pubblico ludibrio, ma per te faccio questo ed altro e tutto sommato a noi che ce importa? Smile) ecco qui

    AMBURGO

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  6. Un mercato del pesce davvero fuori del comune. Giuseppe mi ha raccontato di quello di Tokyo (pure lui si è imposto una levataccia per poterlo vedere), ma non ha niente che vedere con la fantasia di questo ad Amburgo! Non avrei mai creduto i tedeschi capaci di tanto 🙂
    Bellissimo filmato, complimenti!
    Annarita

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  7. Annarita
    Mai sottovalutare i tedeschi.
    Nel male e nel bene.
    Tutti quelli che in passato hanno sottovalutato i tedeschi hanno poi capito che averli sottovalutati non era stata poi un’idea poi così tanto intelligggggggente.

    Avrei alcuni illustri nomi da citare ed esemplari esempi per esemplificare.

    Ma mi rendo conto che siamo a Ferragosto e siete tutti sotto l’ombrellone …. alè….)

    Ciao 🙂

    Bart

    Gradiresti un bicchierino di vodka? 😉

    🙂

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  8. Un po’di nostalgia, non per questo mercato del pesce, peraltro bellissimo, ma per il “mio” mercato, passato a miglior vita nel 2001 (è vero, in qualche modo le costruzioni destinate a mercato di quel periodo s’assomigliano tutte, come dice Oyrad).
    Ora siamo in un capannone industriale come tanti, potrebbe essere una fabbrica di scarpe o sedie, da fuori non si capisce la differenza e da dentro si vuole solo uscire il prima possibile.
    Storia lunga e, per me, dolorosa assai.
    Scusa la digressione.
    Ciao.

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  9. Amfortas
    Beh, in quanto a distruzioni, gli abitanti di Amburgo ne sanno qualcosa.

    I bombardamenti anglo-americani hanno raso al suolo l’80% (dicesi l’ot-tan-ta-per-cento) della città. Dimmi tu se è poco.

    Giusto? Non giusto? Esagerato? Se lo meritavano? Non se lo meritavano? Ho le mie idee ma non è questo il momento di esternarle.

    Fatto si è che oggi, il turista che va da quelle parti e che non abbia letto nemmeno due righe di un libro di storia, di tutto questo non si rende conto.
    Vede solo gli amburghesi che cantano e ballano.

    …Come vedi, caro Amfortas, le digressioni le faccio anche io perciò vai tranquillo e scrivi pure quello che ti pare 🙂

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  10. per sgomberare subito il campo da ogni dubbio faccio il mio “outing”: sono tedesca che vive da oramai 24 anni in Italia (per scelta e percorso personale) e solo dopo questo tempo riesco a venire a capo di questa a tutti gli effetti “doppia nazionalità” ripeto per scelta e non per nascita.
    Quindi come si è già potuto notare (thread su Berlino) sono molto permeabile e sensibile all’argomento.
    ora la prendo un po’ alla lontana per arrivare al pensiero centrale: ho appena finito di leggere un libro che per molti motivi mi è piaciuto anche se la lettura è stata assai sofferta che s’intitola “La fortuna di Matilda Turpin” scritto da Alvaro Pombo, scrittore spagnolo. faccio un cortocircuito in quanto uno degli argomenti principali è la distanza, l’ironia che tale distanza richiede, nell’osservazione di un evento qualsiasi si esso di accettabile o inaccettabile portata. Comunque spesso soprattutto per quanto riguarda scrittori d’origine ebrea l’ironia fu salvifica nell’affrontare il passato da loro vissuto e sofferto.

    pur non appartenendo alla generazione di coloro che hanno vissuto la guerra sono tedesca e porto senz’altro non tanto la colpa quanto una responsabilità.e questa la sento e l’ho sempre sentita.

    ora la Germania è lì, la riavvicino come “visitatrice” inizialmente e man mano che mi sto riconciliando anche più vicino emotivamente soprattutto con Berlino! (che è comunque un posto a parte!)

    ritornando all’argomento iniziale sulla distanza ironica incontrata nella lettura recente penso che la capacità ironica non sia certo da ascrivere alle caratteristiche nazionali tedesche ma una capacità di presa di distanza in senso di passato elaborato si, e lo noto in molte cose della Germania di oggi con un tenerissimo virgulto di orgoglio perché appartengo comunque a questo popolo dal quale ho tentato con molta lena di prendere le distanze!

    fanno sfruttare questa presa di distanza con un rivolgersi verso il passato con un desiderio di comprensione per chi ne è stato vittima e per chi la creato. vivendo in Italia dove alla parola memoria non viene dedicato molto interesse, arrivare là e sentirla (con orecchio, vista e testa) in ogni momento, fa respirare e sperare…

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  11. Innanzitutto, cara Stephi, grazie per il tuo intervento, che è molto, molto più che un semplice commento.
    Il tema è enorme, e ti capisco benissimo.
    Avrei duemila cose da dire, ma è difficile farlo qui, ed anche rischioso perchè , a causa della necessità di sintetizzare, è fin troppo facile cadere nella banalizzazione e magari essere anche equivocati.
    I miei più cari amici di infanzia erano tedeschi, ho parecchi amici tedeschi di varie età ed appartenenti a generazioni diverse, perciò anche per questo — oltre che per i libri che leggo, i film che vedo etc.) so bene di cosa stiamo parlando.
    Scusami se qualche volta nei post o in qualche commento appaio forse un po’ superficiale, ma ti assicuro che non è così.

    Berlino: hai visto il post di Daria Bignardi che ho messo in evidenza qui nella colonna a destra? Condivido le sue impressioni sulla Berlino di oggi. Quando ci sono stata io, l’anno scorso, ho notato esattamente le stesse cose. E, come ho scritto più volte qui nel blog, mi sono innamorata di quella città, che davvero mi sembra qualcosa di speciale e di diverso, rispetto al resto delle altre città tedesche. Almeno, per quel poco che, da turista, ho fin’ora potuto vedere.

    Certo, le mie sono impressioni da “esterna”, da una che è di un altro Paese. Il quale BelPaese di nefandezze ne ha fatte assai, eh, e solo adesso se ne comincia a parlare — la favoletta de “Italiani brava gente” non è altro, appunto, che una favoletta.

    Ti ringrazio ancora e mi farà sempre piacere leggerti e scambiare idee con te.

    Intanto ciao 🙂

    P.S. Francamente non ho capito il tuo riferimento al romanzo di Pombo. Non lo conoscevo, e perciò ho cercato qualche informazione in rete. Non mi è chiaro il nesso tra quello che sembra essere il tema del romanzo e quello di cui stiamo parlando, ma non importa. So che molto spesso le associazioni mentali ed i percorsi concettuali fanno voli pindarici ma non è che per questo manchino di senso 🙂

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  12. hai perfettamente ragione, a volte il punto di partenza di un’emozione, di una catena di pensiero è talmente piccolo che alla fine si fatica a riconoscere il nesso.
    ma cercherò di spiegarlo meglio anche perché dentro di me è comunque chiarissimo:
    il da me citato romanzo tratta in effetti tutt’altra tematica (consiglio in ogni caso vivamente la lettura!), ma un punto saliente è l’ironia.( nel romanzo succede un fatto all’interno della famiglia che induce il padre Juan a prendere posizione in proposito e fare riferimento alle parole di Tommaso d’Aquino che disse “ironizzare a volte è mentire”) L’ironia è una capacità che ammiro moltissimo in quanto ne sono abbastanza priva, e riconosco in lei una salvifica capacità di prendere la distanza da un qualsiasi evento traumatico (ma anche non) senza per questo distanziarsi dall’evento.
    Da lì il riconoscere che la presa di distanza a volte alberga in se una grande forza costruttiva e salvifica, come dire: allontanarsi per vedere meglio che in fondo e quello che io ho fatto del tutto incosciente nel momento in cui lo feci, venendo qua in Italia per vedere meglio il paese al quale appartengo per nascita.

    P.s.: Adesso vado a vedere l’articolo da te segnalato della Bignardi su Berlino, e comunque stai certa che il tuo blog mi attirava proprio per l’approfondimento delle varie tematiche che tratta in maniera tutt’altro che superficiale.

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  13. Stephi
    Si, ora credo di avere capito.
    L’ironia può essere uno strumento, ma è uno strumento anche rischioso, perchè non è detto che venga sempre decodificata secondo le intenzioni di chi la esercita.

    Ma immagino che tu in questo caso ti riferisca più all’ironia interiore, al “dialogo con se stessi”.

    Cambiando argomento ma mica poi tanto, in fondo: in questi giorni comincerò la visione di un lunghissimo film tedesco ad episodi che cercavo da tempo e dal quale mi aspetto molto. Per ora non voglio dir nulla (ma sono sicura che tu hai capito di che film parlo), magari in seguito, se le mie aspettative (che, ripeto, sono molto alte) non verranno deluse.

    Grazie, Stephi, ed a presto 🙂

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