ANIME BALTICHE – JAN BROKKEN

 

Jan Brokken Anime BalticheJan BROKKEN, Anime baltiche (tit. orig. Baltische zielen), traduzione dal nederlandese di C. Cozzi, Claudia Di Palermo, postfazione di Alessandro Marzo Magno, pp.512, Iperborea, ottobre 2014

Nel settembre del 1999, nel porto di Pärmu, sul Golfo di Riga, a bordo del Grachtborg, poco dopo la mezzanotte, lo scrittore Jan Brokken viene interrogato dai doganieri sospettosi:

“Il mio interrogatorio fu il più lungo; delle nove persone a bordo ero l’unico passeggero.

´Che cosa ci fa su questa nave?’
´Volevo vedere il mar Baltico’
´Perchè, cos’ha di speciale?’
´Secondo i marinai è il più bello di tutti.’
´Mai notato.’
E’ la luce a essere speciale. Morbida e calda. In autunno si infiamma.
´E lei cosa fa di lavoro?’
´Lo scrittore’.
´Ah!’
Un pazzo, ma non pericoloso.
Mi sembrò di cogliere una punta di sarcasmo nel modo in cui mi timbrò il passaporto”

pallino

Negli anni 2000 lo scrittore olandese Jan Brokken ha percorso i tre paesi baltici: la Lituania, la Lettonia e l’ Estonia. Il golfo di Riga, punto di partenza del suo periplo, sarebbe già bastato ad indicare quanto la storia recente abbia marcato questa regione settentrionale: una parte delle sue acque, infatti, era ancora disseminata di mine delle guerra fredda. Ma Brokken si è recato anche nelle città e nelle campagne, passando dalle foreste della Lituania a tutte le piccole stazioni, alberghi, castelli che testimoniano ancora degli antichi imperi come delle invasioni più recenti.

Repubbliche baltiche mappa

In questi paesi, nota l’autore, l’età di un individuo non ha lo stesso significato che nel sud dell’Europa: “L’età qui […] indica sotto quale regime si è diventati adulti” . Polacchi, Tedeschi, Russi o Sovietici, Lituani, Estoni o Ucraini si sono a volte scontrati, poi mescolati, senza però mai dimenticare chi erano e chi sono ancora; i nazionalismi osservano curve ascendenti o discendenti a seconda delle epoche storiche. La Storia, qui, è una serie di tracce a volte quasi invisibili, che testimoniano di cosa è andato perduto e di che cosa è rimasto. Gli Ebrei di Bialystock sterminati dai nazisti nel 1941 ma anche i discendenti dell’aristocrazia baltico-tedesca o gli artisti sono le anime erranti o ancora viventi di questo libro che attraversa i decenni e che rivivono sotto la penna di Jan Brokken. Nei paesi baltici, scrive Brokken, ciascuna comunità ha i suoi eroi, i suoi martiri e i suoi carnefici. Il bene e il male si confondono. Ciò che per gli uni costituisce la Verità costituisce offesa, motivo di collera e disperazione per altri.

“Di quel blocco d’ambra che sono i paesi baltici, Königsberg e Riga rappresentavano la facciata occidentale, tedesca; Tallin e Tartu quella settentrionale, scandinava; Daugavpils e Vilnius quella orientale, russa”

Della storia di questi popoli sono intrecciate le storie individuali o familiari narrate nei 12 racconti che compongono il libro.

Evocando una dozzina di destini individuali Jan Brokken riesce a circoscrivere lo spirito così particolare della gente dei paesi baltici. Alcuni dei personaggi ci sono familiari: Hanna Arendt, Emmanuel Kant (originari di Könisberg, oggi Kaliningrad), o Roman Kacev, più conosciuto sotto lo peseudonimo di Romain Gary (nato a Vilnius, in Lituania), il grande violinista Gidon Kremer e il musicista Arvo Pärt, il pittore Mark Rothko, il regista lettone Ejzenstejn; il grande ballerino Michail Barysnikov.

Ci sono anche persone comuni ma la cui storia personale e familiare — spesso drammatica — è altamente significativa dei continui stravolgimenti cui le popolazioni dei paesi baltici sono state sottoposte nei secoli recenti.

E’ il caso del libraio ed editore Janis Roze, deportato in Siberia o della lituana Loreta Asanaviciutè di Vilnius, una ragazza di 22 anni che, all’alba del 13 gennaio 1991 fu massacrata a Vilnius da uno dei carri armati sovietici che reprimevano le manifestazioni di indipendenza. Una giovane vittima della “rivoluzione cantante” lituana, un’anima baltica tra altre, che ha contribuito a fare l’Europa di oggi.

Via Baltica
23 Agosto 1989
La catena umana formata sulla Via Baltica che congiunge le capitali dei tre Stati Vilnius, Riga e Tallinper rivendicare l’indipendenza dall’Unione Sovietica.

Si dipana così, sul filo dei vari capitoli, una storia comune, quella di tre piccoli popoli che parlano lingue di origini finnico-ungheresi e dunque appartenenti al finlandese e che per lungo tempo trovano nel loro rapporto con la natura ed i suoi elementi l’essenza prima della loro ispirazione culturale. Una striscia di terre costiere ai bordi del mar Baltico, strette da vicini molto ingombranti: la Germania, la Polonia, la Russia o la Svezia. Nazioni che, nel corso dei secoli, sotto diverse bandiere e per tante ragioni la maggior parte delle quali ormai dimenticate si sono scatenate in guerre nel corso delle quali più o meno sistematicamente i popoli baltici sono stati presi in ostaggio e decimati.

E’ — anche — per questo che il rapporto padre figlio è spesso molto tormentato, come nel caso degli Ejzenstejn o dei Kremer. Perchè in quei paesi

“Ogni figlio si chiede da che parte stesse il proprio padre nel 1919,1934,1940,1941,1945,1949,1958 o 1989 […] nello spazio di un secolo i lettoni si sono via via trovati a dover scegliere tra tedeschi e russi, rossi e bianchi, stalinisti e fascisti, democratici e nazionalisti autoritari. Difficile, in queste condizioni, mantenere l’equilibrio, non lasciarsi stravolgere dalle sofferenze che ogni famiglia, ogni adulto e ogni bambino è stato costretto a subire”

In questi luoghi, i vulcani sono invisibili ma la loro attività è permanente: qui si parla degli anni 1944-1949 come del “secondo genocidio”. In una parola: paesi in cui le comunità linguistiche e culturali, ebree, baltico-tedesche, scandinave, polacche, russe e baltiche si sono sovrapposte le une alle altre per il meglio (qualche volta) e per il peggio (e cioè quasi sempre). E’ in questo contesto che va letta la drammatica e travagliata vicenda della famiglia estone von Wrangel e delle peripezie dei loro figli Lotti, Claus e Olaf. La storia di questa famiglia riassume a meraviglia la complessità della storia baltica.

Una piccolissima digressione: nel capitolo “I baroni baltici” ho incontrato anche la baronessa Alexandra Wolff-Stomersee, che dal castello di Stameriena/Stomersee, in Lettonia, a seguito dei ribaltamenti della situazione politica avvenuta in Curlandia e della confisca da parte dei sovietici di tutte le proprietà della famiglia (trenta tenute e ville e 290.000 ettari di terreno) venne a sposarsi e a vivere in Sicilia, a Palermo. Pur essendo notissima negli ambienti psicoanalitici internazionali (fu la prima psicanalista donna in Italia e Presidente della Società Psicoanalitica italiana che aveva rifondato nel 1946 assieme a Cesare Musatti), credo che ai più sia conosciuta (se lo è) soltanto come “la moglie di Giuseppe Tomasi di Lampedusa”…

E’ un mondo, quello che emerge dalle pagine di Jan Brokken, fatto di cambiamenti continui, di incertezze. Si cambiano i nomi (delle città, di interi Paesi, delle persone). Si cambia patria, ogni dato biografico è incerto.

Non credo sia un caso che il capitolo più lungo del libro sia quello dedicato a Romain Gary, l’uomo dai tanti nomi, dalla biografia incerta (lui stesso, anche nei suoi libri autobiografici fornisce sulla sua vita spesso notizie non corrispondenti alla realtà). Roman Kacev alias Romain Gary alias Émile Ajar. Romain Gary “il camaleonte”. Come camaleontico è tutto ciò di cui leggiamo in Anime baltiche

Eppure, a dispetto di tutti i cataclismi e sconvolgimenti politici, l’anima baltica — ci dice Jan Brokken — è sopravvissuta, esiste. Basta cercarla e si scoprirà così anche la natura dell’orgoglio baltico:

“l’orgoglio non ha niente a che vedere con il nazionalismo, lo sciovinismo, o l’arroganza. Essere orgogliosi del proprio paese significa credere in tutto ciò che lo rende speciale, diverso, unico. Significa avere fiducia nella propria lingua, nella propria cultura, nelle proprie capacità e nella propria originalità. Quest’orgoglio è la sola risposta adeguata alla violenza e all’oppressione” (p.23)

Jan Brokken non si accontenta mai di facili semplificazioni (“Quando si viaggia, i pregiudizi è meglio lasciarli a casa”, scrive) e non scarta alcuna fonte di informazione (per rendersene conto basta dare anche solo un’occhiata alla ricca bibliografia presente in appendice). L’anima dei baltici è tormentata, non si svela al primo venuto, ma conoscerla non può che renderci più ricchi, perchè abbiamo parecchio da imparare, dice, dai baltici.

E d’altra parte, non lo avevamo già sospettato, leggendo ed amando i libri di Romain Gary? Eppure molti ignoravano persino che fosse un baltico. Un ebreo lituano.

Questo libro – corredato come ho già detto di una ricca bibliografia, una bella documentazione iconografica, cartine ed indici di nomi, una interessante postfazione dal titolo Il baltico alle porte di casa — in cui Alessandro Marzo Magno ci fa vedere quante affinità ci sono, in realtà, tra terre baltiche e sud dell’Europa — ci conduce sulle tracce di fantasmi, celebri o anonimi, che nacquero in queste terre prese dalla tormenta del XX° secolo e lasciando dietro di sè una cultura molta della quale scomparsa per sempre. Jan Brokken ci fa scoprire, con il suo avvincente racconto, con la sua grande sensibilità, la sua empatia la ricchezza di questi paesi la cui storia viene troppo spesso ignorata.

Anime baltiche è una delle più belle e stimolanti letture che io abbia fatto in questi ultimi mesi. Fa venire una gran voglia di visitare queste tre ex repubbliche sovietiche, evoca e fa venir voglia di leggere e/o di rileggere decine di altri autori ed altri libri, di vedere e/o rivedere film, ascoltare e/o riascoltare certe musiche, guardare meglio e/o riscoprire certe opere di pittura o di scultura… E’ un libro che spalanca mille finestre su altri libri, che a loro volta ne illuminano altri.

“Perchè viaggiare, insieme a leggere e ascoltare, è sempre la via più utile e più breve per arrivare a se stessi”

Ci sarebbe ancora tanto, da scrivere, a proposito di Anime baltiche, ma è giusto che i suoi tesori ciascuno li trovi da sè.

Vorrei riportare solo lo stralcio dal libro La mia Europa del poeta lituano Czesław Miłosz che ho riletto proprio in questi giorni e che Jan Brokken pone come una delle epigrafi di Anime baltiche.

“Cosa strana: la nostra è un’epoca in cui si parla tanto di storia. Ma se non fossimo capaci di ravvivarla con qualcosa di personale, la storia rimarrebbe sempre più o meno astratta, piena di scontri di forze anonime e di schemi. La generalizzazione, indispensabile per una visione d’insieme di un materiale immenso e caotico, uccide però i particolari, che sfuggono per definizione alle esemplificazioni schematiche.”

Considerazione, questa, che condivido totalmente.

Jan Brokken
  • La scheda del libro >>
  • Finora, che io sappia, di Jan Brokken è disponibile in italiano solo un altro libro, il romanzo biografico sul pianista russo Youri Egorov (Nella casa del pianista, Iperborea 2011)

 

Autore: Gabrilu

https://nonsoloproust.wordpress.com

28 pensieri riguardo “ANIME BALTICHE – JAN BROKKEN”

  1. “Ogni figlio si chiede da che parte stesse il proprio padre nel 1919,1934,1940,1941,1945,1949,1958 o 1989 […] nello spazio di un secolo i lettoni si sono via via trovati a dover scegliere tra tedeschi e russi, rossi e bianchi, stalinisti e fascisti, democratici e nazionalisti autoritari. Difficile, in queste condizioni, mantenere l’equilibrio, non lasciarsi stravolgere dalle sofferenze che ogni famiglia, ogni adulto e ogni bambino è stato costretto a subire”

    Questo è un libro per me!

    Quando apro qui da te , cara Gabrilù, e mi imbatto in certi titoli e nelle tue analisi chirurgiche
    (non so se è giusto l’aggettivo, ma altro non trovo)di libri ..mi si apre il cuore.
    Questo è tipico titolo per me, non lo conoscevo!Domani mi sa che faccio giretto librario..è appena uscito vedo.Grazie, come sempre!

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  2. Che indicazione invitante. Il Baltico, con la sua luce “morbida e calda” , così diverso dalle luci e dalle sontuosità mediterranee. Aggiungerei anche con i suoi silenzi , perfino sulle spiagge ( temo però che questa caratteristica sia da ascrivere non tanto al mare quanto alla antropologia…). E poi l’ orgoglio baltico, che personalmente invidio, come vorrei ancora provare orgoglio ( italiano). E i personaggi, spesso non solo camaleontici ma anche celati dietro un’ ombra, un pensiero che non verranno mai del tutto rivelati ( penso a Romain Gary, per esempio) e confronto tutto ciò con certa esibizione scrittoria impudica che non nasconde nulla.
    Insomma, grazie, in questo difficile periodo della mia vita credo che questo libro sarà una bella compagnia.

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    1. @Renza
      guarda, a proposito dell’ “orgoglio”, leggendo facevo e-sat-ta-men-te la stessa tua (amara) considerazione. E mi fermo qui.
      P.S.
      Spero che il tuo periodo difficile passi in fretta…

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  3. “…Fa venire una gran voglia di visitare queste tre ex repubbliche sovietiche, evoca e fa venir voglia di leggere e/o di rileggere decine di altri autori ed altri libri, di vedere e/o rivedere film, ascoltare e/o riascoltare certe musiche, guardare meglio e/o riscoprire certe opere di pittura o di scultura… E’ un libro che spalanca mille finestre su altri libri, che a loro volta ne illuminano altri…”
    E cosa si può volere di più da un libro?
    Da comprare a scatola chiusa, e leggere presto!
    Grazie per le preziosissime indicazioni.

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    1. carloesse a me, a parte gli autori di cui parla Brokken nei suoi 12 capitoli/ racconti, questo libro ha evocato (ovviamente con tutte le differenze e i distinguo del caso) libri come Gli emigrati di Sebald, Danubio di Magris, Vado a vedere se di là è meglio di Cataluccio, per certi aspetti Un’eredità di avorio e ambra di de Waal, La danza di Natasha di Orlando Figes… … e poi mi ha aiutata molto a rivedere, a “rileggere”, comprendere meglio alcuni autori che già credevo di conoscere bene. Insomma è un libro che “apre” e non “chiude”, fa venir voglia di allargare il campo, di saperne di più.
      C’è davvero tanta roba, lì dentro, è un libro molto denso. La lettura è avvincente, ma mi permetto di consigliare di resistere alla tentazione di divorarlo e di leggere e lasciare sedimentare un racconto per volta.Magari non più di uno al giorno.
      Così ho fatto io, e non me ne pento.
      La lettura veloce a volte rischia di “bruciare” ciò che si legge…
      Ciao! (e scusa lo sproloquio) 😉

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  4. Grazie, molto interessante, lo leggerò. Iperborea è una casa editrice benemerita, tra sue le pubblicazioni penso a Tunstrom (uno scrittore meraviglioso), Enquist, Hallberg di Trash europeo, eccetera. Ciao 🙂

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  5. @Domenico Fina
    spero che ti piacerà e che poi torni a dirci le tue impressioni.
    Si, Iperborea è una casa editrice di tutto rispetto. Sia per il catalogo che per la cura dei volumi e delle presentazioni.
    La letteratura scandinava purtroppo la conosco molto superficialmente — tranne ovviamente gli autori celeberrimi — ma non è mai troppo tardi…
    Ciao e a presto 🙂

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  6. Spero di farvi cosa gradita: ho appena sentito che questo pomeriggio a Farenheit , trasmissione di Rai 3 che certo a voi è nota, parleranno proprio di questo libro e, se no ho capito male, intervistano anche Brokken. Ero in auto, altro non ho sentito bene.
    Io sarò al lavoro , ma recupererò trasmissione quanto prima. Buona giornata a tutti!

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  7. un libro di questo genere è La lanterna di Molotov di Rachel Polonsky, che ho appena finito di leggere. Bisogna essere appassionati di cose russe, se no può sembrare noioso, ma la Polonsky è bravissima a ricostruire storie, personaggi, atmosfere della russia sovietica

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  8. Ho letto ( e riletto) “ Anime baltiche”, intrecciato ad altre letture (“ Forse Esther” di Katja Petrowskaja e “Debora” di Esther Singer Kreitman). L’ ho letto come era giusto fare e come gabrilu aveva consigliato : un capitolo alla volta, vincendo l’ impeto di divorarlo. Decisamente uno dei più bei libri che mi sia capitato ultimamente. D’ accordo quindi con carloesse che, in un altro blog, aveva scritto cose più o meno simili. Non sarei dell’ idea, come qualcuno fa, di indicare i capitoli più belli o quelli che sono piaciuti di più. A me pare che il libro sia una trama, in cui ogni parte ha la funzione ben precisa di raccontare un pezzetto della storia di quei Paesi e/ o di tracciare elementi di una fisionomia. E’ vero che alcuni capitoli possono colpire con più immediatezza ma credo che il separarli tradirebbe il disegno narrativo di Brokken ( che, tra parentesi, mi dicono amici tedeschi, è molto noto e apprezzato in Germania). E’ come se l’ autore fornisse al lettore i frammenti di uno specchio da ricomporre : così i capitoli forniscono tracce che si ripetono o si approfondiscono in altri capitoli. Un viaggio di conoscenza in cui ogni stazione ha la sua bellezza, evidente o nascosta. Grazie, gabrilu.

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    1. @Renza
      “Forse Esther” è prevista come mia prossima lettura (assieme a circa duemila altre e sempre se riuscirò mai a venir fuori dal meraviglioso gorgo dei racconti di Cechov in cui in questi giorni sono ripiombata — ma chi ha voglia di uscir da Cechov? Son letture che aiutano a ridare una giusta proporzione alle cose e a dare un senso alla parola “letteratura”—).

      carloesse “in un altro blog”?. 🙂

      Be’ (o “beh”? sull’argomento c’è chi si accapiglia) lui fa sempre così. E’ un’ape. Mi fa pensare ad un celebre personaggio della “Cenerentola” di Rossini.

      …Ma lui (carloesse) qui adesso non c’è, e non posso mica parlare di lui carloesse, se carloesse non c’è. Sarebbe cosa estremamente scorretta 🙂

      Tornando ad Anime Baltiche, sono assolutamente d’accordo con te sul fatto che non si possa e soprattutto non si debba scegliere/privilegiare una storia o un’altra. Per un verso o per l’altro, sono tutte straordinarie.

      Che bello, quando ci capitano per le mani libri come questi

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  9. Oddio, uscire dal meraviglioso gorgo di Cechov non è cosa facile ( anzi, direi che mi fai venir voglia di tuffarmici…), ma ” Forse Esther” merita. Non mi azzardo a sostenere che sia” il più bel romanzo di narrativa tedesca dopo Austerlitz” (affermazione riportata nella presentazione), ma è certamente un testo intenso, uno stile franto ( come franta è la memoria che vuole ricostruire passati laceranti) ricercato e originale che mi ha ricordato, per alcuni aspetti, il bellissimo
    ” Trama d’ infanzia” della Wolf. E poi con ” Anime baltiche” ha una serie di rimandi : l’ autrice ha studiato all’ Università di Tartu, in Estonia e anche in questo romanzo ci sono persone che pensano all’ arrivo dei Tedeschi con tragica tranquillità… Si legge con il cuore dolente.
    Buon anno a te, gabrilu, e a tutti.

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  10. Anime baltiche è un libro splendido, uno di quelli che certamente restano dentro. A me ha evocato immediatamente Un’eredità d’avorio e ambra di De Waal, per il rigore della ricerca, la passione del racconto e la qualità della scrittura (forse con un registro più lirico e intimo in De Waal, almeno per quanto traspare nella traduzione), e non ultimo per il fatto che gli autori sono entrambi olandesi (non sono in grado di spiegare questo dato, mi limito a registrarlo).
    E’ vero anche che le due opere sono però profondamente diverse per alcuni aspetti: Brokken è un giornalista che compone un articolato pannello di storia europea attraverso le vicende di personaggi emblematici, noti e meno noti, della storia dei paesi baltici (e della storia della cultura e del pensiero occidentale); De Waal, invece , che nella vita fa tutt’altro, ha ricostruito la propria storia familiare attraverso i passaggi di mano della collezione dei netsuke . Questo, naturalmente, non per creare classifiche stupide, quanto semmai per evitare, appunto, le semplificazioni generiche (in fondo gli aspetti comuni si illuminano grazie alle differenze, n’est pas? , e forse viceversa). In ogni caso credo che entrambi abbiano conosciuto, amato e diversamente assimilato la lezione di Sebald.

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  11. @Dragoval
    Sono molto contenta che Anime baltiche ti sia piaciuto, e così tanto. D’altra parte avevo ben pochi dubbi in proposito, sapendo quanto avessi apprezzato il libro di De Waal. Il quale, per la verità non è olandese: olandese era il padre, ma lui Edmund è nato e cresciuto in Inghilterra, la nonna materna era quella Elizabeth degli Ephrussi ramo viennese rifugiatasi in Inghilterra e che poi, tornata a Vienna aveva recuperato i netsuke che erano stati salvati dalle razzie naziste e conservati dalla governante Anna…

    Non so, per la verità, se e quanto Brokken e De Waal abbiano avuto presente Sebald, non ne ho proprio idea: bisognerebbe chiederlo a loro 🙂

    Da parte mia, mi sono accorta che ormai da un bel po’ di tempo a questa parte amo sempre di più leggere questo genere di libri fatti di tante storie vere attraverso le quali si impara anche tanto di Storia. Ne ho letti proprio in queste settimane altri due molto molto interessanti su cui avevo intenzione di scrivere ma poi i fatti di Parigi prima e tutto l’ambaradan dell’elezione del PdR nostrano mi hanno distratta. Spero però di recuperare 🙂

    Tornando ai Paesi Baltici: proprio in questi giorni vediamo, ahimè, che sono popoli che non hanno mai un momento di tranquillità, di serenità, mi riferisco a tutto quello che sta succedendo nella vicina Ucraina…

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  12. Urka, che scivolone…..;-) eppure ero convinta di ricordare che fosse olandese (forse l’avevo semplicemente presunto dal cognome). Quanto all’eredità di Sebald, la critica inglese la riconosce effettivamente nell’opera di De Waal, come scrive Sabina Murray nel suo articolo After Sebald , pubblicato sull’ Huffington Post :
    http://www.huffingtonpost.com/sabina-murray/after-sebald_b_3836362.html,
    mentre sulla pagina ufficiale di Jan Brokken si legge che la critica francese non solo ritiene che l’autore abbia colmato il vuoto lasciato da Sebald, ma addirittura- reggiti forte- paragona Les Ames Baltes , per livello letterario e profondità intellettuale, a Danubio di Claudio Magris 🙂

    Purtroppo i Paesi Baltici – e dintorni- pagano e pagheranno sempre la loro posizione strategica; speriamo che almeno questa crisi ucraina si risolva con il massimo risultato e il minimo sforzo- ovvero con i minori rischi e disagi possibili per la popolazione civile, che è poi l’unica cosa che a noi comuni mortali interessa davvero.

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  13. Dragoval
    Sebald: letto l’articolo della Murray (grazie per il link. Poi dicono che i blog non servono. Ammè mi servono, eccome se mi servono :-).
    Leggendo Murray si, anch’io mi sono ricordata che effettivamente avevo letto da qualche parte di questo accostamento De Waal-Sebald.

    In quanto a Brokken-Magris, beh, qui la cosa non mi stupisce per nulla. Ci avevo pensato già io di mio, che Anime baltiche ha molto in comune con lo splendidissimissimo Danubio.

    In quanto all’Ucraina ed alla posizione strategica del Paesi Baltici e dintorni due superficialissime considerazioni al volo e a caldo:

    – l’Ucraina interessa l’Europa, e noi sappiamo, nevvero, che certe cosucce si sa come cominciano ma non si può mai sapere come si possano allargare e deflagrare (incrociamo le dita)

    – posizione strategica: beh, noi siciliani di “posizione strategica” a rischio ne sappiamo qualcosa, visto il di tutto e di più che ci è toccato nei secoli (per mia fortuna, almeno per il momento solo memoria storica, per quanto mi riguarda).

    Io e tutti coloro che mi sono vicini abbiamo tutti comunque ben presente che abbiamo le coste dell’Africa a due bracciate di nuoto, e che se a qualcuno di quei buontemponi che si agitano da quelle parti gli prende il ghiribizzo di lanciare qualche missile o di venir qui e farsi esplodere in un mercato panormita noi siamo qui belli pronti e precotti.
    In questi giorni penso molto a Giusi Nicolini, coraggiosa e brava sindaca di Lampedusa, vero e proprio avamposto e centro nevralgico di chi arriva e va di ogni sorta di gente… Ma sto divagando.
    Ciao!

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  14. Mesi fa, come lessi tua recensione, comperai i libro, ma non seguii consiglio di leggerlo con calma, di non divorarlo.per me fu difficile, lo lessi tutto d’un fiato.Un libro indimenticabile che mi ha permesso di imparare molto di storia contemporanea e sfatare anche cose sentite anche in casa, non vere oltre che antipatiche. Ora faccio ammenda e lo rileggerò con calma, voglio proprio.
    Mi ha colpito il modo di narrare di un mondo così grande e piccolo insieme, grande per la quantità di avvenmenti, per lo incalzare di guerre, pulizie etniche, per la parcellizzazione della storia..era come se lì si scomponesse in piccoli pezzi di mosaico che erano questi uomini e queste famiglie di cui racconta.elui mette insieme tutti piccoli ezzetti per avere il racconto della grande storia che fa da sfondo, e tutti apportano con loro sacrifici, dolori e sofferenze tanto a questa storia che chiamiamo grande.
    Brokken lo conoscevo, avevo letto il libro su Egorov( ma al momento non avevo collegato): ha questa capacità di penetrare sia animo del singolo che analizzare la società. Mi sono informata su di lui, affascinata dal suo modo di indagare e scrivere: è figlio di due antropologi che hanno anche avuto periodo di permamenza in lager del sud est asiatico. Perdonatemi se non ricordo dove, non avevo intenzioni di mettermi a scrivere.
    Leggete il libro ” nella casa del pianista”,è anche indimenticabile.Rende onore a un grande della musica che è deceduto troppo giovane.

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  15. “Nell’arte, la situazione è complessa: molti oggetti d’arte del passato sembrano più moderni di certa arte contemporanea. Come si spiega questo fatto?” (Arvo Part)
    Grazie ancora una volta per avermi fatto conoscere un autore eccezionale come Brokken e un libro pieno di grazia e fascino come “Anime baltiche”.

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    1. @Vania
      parafrasando la tua citazione di Part, mi vien voglia di risponderti: “molti romanzi del passato mi sembrano molto più moderni di certi romanzi contemporanei. Come si spiega questo fatto?” 🙂
      Scherzo, eh, ma fino ad un certo punto…
      Gli è che, guarda caso, avendo proprio pochi giorni fa abbandonato alle ortiche senza alcun senso di colpa nè rimpianto il secondo volume di una quadrilogia di cui dicono meraviglie ma che a me sembrava un insopportabile polpettone mi sto adesso beando alla grande con il mio mai abbastanza amato e laudato Balzac… 🙂
      Sono molto contenta che Anime baltiche ti sia piaciuto
      Ciao!

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  16. Ciao Gabrilu,
    sono Cristina. Certo che Carloesse è in un altro blog… sai bene quale!!

    Comunque: io sono a metà di questo libro enciclopedico che, certo, ha moltissimi meriti, ma che a me lascia un gusto un po’ spiacevole in bocca per come è scritto – in certe parti – : trovo la scrittura un po’ piatta e giornalistica, se mi faccio capire (molto diversa dall’eleganza sobria e alta di De Waal, ad esempio) ma, soprattutto, mi hanno disturbata alcune frasette e notazioni vagamente da “gossip” sulla vita e i sentimenti dei vari personaggi delineati, quelli sull’odio-amore di Romain Gary per il padre ad esempio , o sull’omosessualità di Ejzenstein, capitolo che ho trovato davvero piuttoso spiacevole.
    Insomma ci trovo delle cadute di stile e delle frasi incongrue o non necessarie che – nulla aggiungendo ai personaggi e alla loro vicenda – un poco li sminuiscono. Forse è un tentativo di psicologizzare a posteriori l’anima del personaggio, ma l’effetto su di me è in linea di massima raggelante.
    Appena posso rileggerò i capitoli in questione e magari posterò qua alcune frasi.
    Diciamo che secondo me l’opera e la storia – anzi le storie – sono super interessanti , ma che la scrittura ( e a volte l’approccio) di Brokken secondo me non li regge sempre, o non abbastanza.
    In un libro – anche di questo tipo – il dato della scrittura per me resta comunque essenziale.

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    1. Cristina
      Devo ammettere che è la prima volta che mi succede di leggere di Jan Brokken come di uno scrittore che scrive male e addirittura “da gossip”.

      Da parte mia, quello che avevo da dire sul libro di Brokken, quello che ne penso l’ho già scritto nel post, non mi pare il caso di aggiungere altro, soprattutto perché non voglio convincere alcuno.
      Ciao!

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  17. bè ,nemmeno io voglio convincere nessuno/a. Esprimo solo un mio sentire e un mio punto di vista, credo legittimi.

    Nel capitolo arruffatissimo e tanto affastellato da risultare quasi illeggibile ( la mole di dettagli e divagazioni rende la lettura davvero ardua) sui Baroni Baltici trovo alcune delle cose che mi fanno piacere questo libro solo in parte: di esempi ne potrei portare altri, ma questi mi sembrano già abbastanza eloquenti

    Un lessico impreciso, a volte banalmente enfatico e tendenzioso.
    ..” se l’Unione sovietica avesse dovuto subire un attacco, la pianeggiante Curlandia sarebbe stata il luogo ideale per un’invasione. Stalin era sufficientemente paranoico da temere un’invasione del genere.”
    “Per mezzo secolo ci volle un’autorizzazione per entrare in Curlandia…….. la sabbia si conservo’ di un bianco preistorico”

    Una sorta di ossessione per l’omosessualità e illazioni, diciamo, di bassa lega: insomma frasette insistite, un poco pruriginose e inutili.

    “Jeanne e Conrad – von Vietinghoff – ebbero due figli….il loro amore tuttavia era più platonico che sensuale. Conrad non voleva saperne di conti e baroni, né dei Romanov e della cricca aristocratica della loro corte, ma non andava d’accordo neppure con i nazionalisti estoni e lettoni, e sì, quando vide un giovane ufficiale prussiano con la schiena dritta,gli occhi azzurri, i capelli biondo scuro, un timido rossore sulle guance e maniere impeccabili, capì che il suo matrimonio era stato un errore. Amava quel tipo di uomini, che si mostravano forti senza esserlo e che si portavano dietro, come un invisibile ma pesante fardello, il d eclino tragico della loro famiglia “ (pag 291)

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    1. Ma certo che Gabrilù sa bene che io frequento altri blog…. Come un’ape nei giorni d’Aprile (Dandini ?).
      Io sono ubiquo. E talvolta anche obliquo.

      Quanto a Brokken, non riesco proprio a vedere ossessioni per l’omosessualità nè illazioni inutili o pruriginose di bassa lega neanche in quello che tu riporti qui (peraltro tutto ciò che viene estrapolato da un testo è difficile giudicarlo al di fuori del suo contesto pieno). Poi per carità, ognuno ha diritto di esprimere le proprie sacrosante opinioni e difenderle, come e dove vuole, così come di cambiarle o di rimanere delle proprie anche dopo un confronto.

      Tanto per la cronaca io rimango delle mie (che in questo caso sono molto simili a quelle di Gabrilù).
      Ciao Cri, ci si vede anche di là.
      🙂

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  18. Cristina
    per la verità, non trovo assolutamente nulla di enfatico, tendenzioso e men che meno pruriginoso nei brani che hai citato. La componente sessuale e l’atteggiamento che la società in un determinato momento storico esercita nei confronti dell’omosessualità è fondamentale per la struttura dell’identità, e non può non avere influenza anche sulla produzione di un artista. Brokken tratta questi aspetti con molta sensibilità e intelligenza. Almeno, a mio modo di vedere.
    Ciao

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