KATYN – ANDRZEJ WAJDA (2007)

Katyn Wajda

Katyn di Andrzej Wajda è il primo film sul massacro di 22.000 polacchi avvenuto nella foresta di Katyn, che si trova in Ucraina, non lontano dalla frontiera russa. Il primo film sulla “bugia di Katyn”.

Questo massacro venne effettuato nel 1940, nel momento in cui la Polonia veniva invasa contemporaneamente dall’ Armata Rossa dell’URSS e dalla Wermacht della Germania nazista.

Ad ottantatre anni, il grande regista polacco, Oscar alla carriera nel 2000, ha fatto uno splendido film su un tema assolutamente tabu ai tempi del comunismo in Polonia. Tanto tabu che il solo fatto di essere parente di una vittima di Katyn poteva avere come conseguenza anche l’interdizione agli studi universitari.

Centoventiquattro minuti di immagini che raccontano ciò che accadde nella foresta di Katyn e la tragedia delle famiglie delle vittime.

A Katyn vennero uccisi su ordine di Stalin e Beria più di 22.000 civili ed ufficiali polacchi, rappresentanti la maggior parte l’èlite della società polacca o quanto meno i principali corpi dirigenti ed i quadri più importanti dell’apparato statale della Polonia.

Vennero uccisi uno per uno con un colpo alla nuca e gettati poi ammassati in fosse comuni. II massacro (una vera e propria mattanza) aveva uno scopo ben preciso: eliminare la classe dirigente della Polonia.

Furono i nazisti i primi a scoprire il massacro quando, nel 1943, le loro truppe d’occupazione invasero la Russia e trovarono le fosse. Stalin accusò i tedeschi di essere stati loro gli autori dell’eccidio dei polacchi, ma i tedeschi insistevano nel propagandare la scoperta fatta in Russia per mascherare i loro propri massacri degli ebrei, degli zingari…

Questo soggetto non era affrontabile nella Polonia del dopoguerra, visto che la Polonia fu sotto il regime comunista fino al 1989. I sovietici insistevano nella loro propaganda addossando l’eccidio agli uomini di Hitler e punivano con il carcere chiunque osasse dire la verità.

Soltanto nel 1990 Mikhail Gorbaciov ammise la responsabilità del suo paese.

Nel film, la narrazione si apre in data 17 settembre 1939 con una grande scena simbolica: due folle di fuggitivi polacchi si trovano su un ponte correndo gli uni in direzione degli altri, scappando gli uni dai nazisti della Wermacht e gli altri dai sovietici dell’Armata Rossa.

L’Urss invadeva la Polonia facendo seguito al patto Molotov-Ribbentrop con cui il regime nazista e la controparte staliniana si erano spartiti nel 1939 il territorio polacco.

Katyn - WajdaKatyn - Wajda

Katyn

“Dove andate? Ci sono i tedeschi dietro di noi!”

“Sono entrati i sovietici!”

“Dove andate, tornate indietro, sono entrati i Russi!”

“Ma dietro di noi ci sono i tedeschi!”

Una scena che è una grande metafora della condizione bellica di un popolo stritolato tra due potenze, condannato qualsiasi direzione decida di prendere.

Altrettanto potente è la scena seguente, in cui si vedono due soldati sovietici strappare in due la bandiera polacca. Uno di loro appenderà all’asta la parte rossa della bandiera, mentre l’altro soldato adopererà la stoffa bianca per pulirsi i piedi…

Katyn

Appena qualche giorno dopo l’invasione ha inizio la deportazione in massa dei graduati migliori dell’esercito polacco nei campi di Kozielsk, Starobielsk, Ostaszkow.

Katyn - Wajda
Katyn - Wajda
Katyn - Wajda
Katyn - Wajda

Il 6 novembre dello stesso anno i professori dell’Università di Cracovia, scienziati e ingegneri di tutto il Paese vengono arrestati dai Nazisti e deportati in Germania.

Anche i tedeschi vogliono “decapitare” la Polonia.

Katyn - Wajda

Comincia così il racconto su due piani paralleli: da una parte la condizione degli ufficiali prigionieri dei sovietici. Pensano ancora di essere normali prigionieri di guerra, non sanno di essere dei condannati a morte. Beria, infatti, ha già firmato il decreto.

Katyn

Il giorno di Natale del 1939 nel campo di Kozelsk

Katyn
Katyn

Dall’altra parte assistiamo al calvario delle famiglie, che non cessano di chiedere invano notizie dei loro padri, mariti, fratelli di cui non sanno più nulla, di aspettarli, di sperare.

Katyn

Katyn Wajda

Finché, nell’aprile del 1943, i quotidiani e la filodiffusione organizzata dai nazisti non inizia a ribadire un giorno dopo l’altro la notizia del ritrovamento di migliaia di corpi nella fossa comune di Katyn, uccisi per mano sovietica.

Katyn Wajda

La pubblicazione e la lettura dei nomi degli scomparsi aleggia come uno spettro sulla vita quotidiana. Il dramma di chi ha perso qualcuno non è maggiore di quello di chi lo sospetta solamente, lo percepisce ma non lo accetta.

Katyn

La fine della Guerra rappresenta, per i familiari delle vittime di Katyn, l’inizio di un’altra guerra: quella per la verità.

Katyn Coloro che non accettano la versione imposta dall’Unione Sovietica alla nuova Repubblica Popolare Polacca, ovvero che responsabili del massacro siano i nazisti, devono fare i conti con la propria coscienza, con la prigione, con una vita da braccati o reclusi. L’università è vietata a chi nel proprio curriculum scrive che il proprio padre è stato ucciso dai russi, la lapide di una tomba non può portare la scritta “ucciso a Katyn”…

Per loro la guerra non è davvero mai finita; sono condannati a vivere in eterno le battaglie che i loro cari hanno solo potuto immaginare dal campo di prigionia.

E’ solo nel finale del film che, tornando indietro al 1940, Wajda ci fa vedere quello che è successo in quei giorni a Katyn.

Una terribile sequenza che dura circa un quarto d’ora ed è di una crudezza quasi insostenibile. In essa Wajda ricostruisce il processo automatico con cui vengono giustiziati i prigionieri, una vera e propria mattanza.

KatynKatyn

Le inquadrature restituiscono il ritmo del massacro, gli uomini che scendono dai camion, trasportati come animali al macello, le mani legate dietro la schiena, molti vengono incappucciati, per tutti il colpo di pistola alla nuca, le fosse comuni, e poi le ruspe che scaricano la terra sui mucchi di cadaveri. Molti tengono in mano un rosario. Sono morti recitando il Pater Noster.

Katyn Wajda
Katyn

Katyn

Il regista ha anche utilizzato immagini d’archivio di filmati girati dai tedeschi durante la riesumazione dei corpi nel 1943, e poi quelle girate dalla propaganda sovietica.

“Mi sono chiesto” ha detto Wajda “se fosse il caso di mostrare o no queste immagini. Mi è sembrato necessario farlo, perchè questo è il primo film che viene realizzato su questo soggetto. Non basta sapere che tutto questo è accaduto. Bisogna che venga visto, sentire e capire come la tragedia si è svolta. Questo è stato vietato per decenni, ed è per questo che c’è bisogno di verità”

Il film si chiude con un intero minuto di schermo completamente nero, mentre risuonano le note del Requiem Polacco di Krzysztof Penderecki.

Wajda dedica il film “ai miei genitori”, perchè anche suo padre, Jakub, fu una delle vittime del massacro di Katyn. Aveva 43 anni, era capitano di un reggimento di fanteria dell’esercito polacco, uno degli ufficiali fatti prigionieri dai sovietici e fu ucciso dagli uomini dell’NKDV con un colpo di pistola alla nuca nella foresta di Katyn.

Come centinaia di altre donne, la madre di Wajda per molto tempo non ha accettato di credere alla sua morte. “Mia madre si è nutrita di illusioni fino alla fine della sua vita, perchè il cognome di mio padre compariva con un altro nome sulla lista degli ufficiali massacrati” ha raccontato il regista in una conferenza stampa.

Il film di Wajda permette di individuare le responsabilità dei due grandi invasori della Polonia, perchè mostra anche la complicità della Germania nello scopo comune di sopprimere le èlites intellettuali e militari della Polonia.

Katyn è un film struggente, magnificamente diretto e interpretato. Una buona parte si svolge a Cracovia e racconta l’attesa delle donne (mogli, madri, figlie, sorelle) negli anni tra il 1939 e il 1950.

Il film è articolato attorno alle tre date che segnano questo itinerario del massacro e della menzogna: 1939-1940, con la duplice occupazione e la cattura degli ufficiali da parte dei sovietici. 1943, in cui gli altoparlanti e i giornali tedeschi diffondono i nomi degli uccisi ed polacchi apprendono il massacro di Katyn. 1945, quando la menzogna dei sovietici che cercano di addossare l’eccidio ai nazisti arriva alla nuova generazione: vediamo un ragazzo rifiutato all’università perchè figlio di un ufficiale scomparso a Katyn e che viene ucciso poco dopo per aver strappato un manifesto della propaganda sovietica.

Quello che vediamo è una fiction, certo, ma Wajda ha insistito molto nel dire che è basato su episodi autentici.

Per raccontare la tragedia dei quattro ufficiali del film, delle loro mogli che li aspettano senza notizie e dei loro figli che avranno in eredità il silenzio e la menzogna, Wajda ha utilizzato storie dal diario autentico del maggiore Adam Solski trovato durante l’esumazione del cadavere nel 1943.

Katyn

Il film ha un duplice obiettivo: raccontare il massacro in quanto tale e la soppressione della verità e le conseguenze che tutto questo ha prodotto sulle famiglie delle vittime.

Katyn Per raggiungere questi due obiettivi, Wajda parla soprattutto dei sentimenti di coloro che vissero il dramma. E’ attraverso la narrazione di storie personali ed intime vissute da alcuni personaggi, che il film diventa testimone della storia.

Katyn è un grande film: ha il respiro dell’epopea, una grande potenza evocativa, riesce a soddisfare i canoni dello spettacolo popolare senza rinunciare alle esigenze storiche. E’ angosciante, commovente, coinvolgente.

Non sono per nulla d’accordo con coloro (pochi, in verità) che, arricciando il naso, hanno sentenziato che Katyn ha troppo elementi da telenovela, da melodramma.

Può darsi. Ma io me lo spiego così: quella di Wajda è stata una precisa scelta di codici di comunicazione. Voleva raggiungere il cuore di molte persone, e per ottenere questo ha utilizzato un codice cinematografico non ermetico, non per “i soliti pochi”.

Ha fatto bene, ha fatto male?

Io so solo che il film mi ha commossa profondamente, mi ha provocato una notte di incubi e mi sono detta: “…ma chi me lo fa fare a vedere film così?”.

Eppure, nei giorni seguenti l’ho rivisto altre tre volte. E cose del genere assicuro che non mi succedono tanto spesso e facilmente.

… E poi ho sentito l’esigenza di documentarmi, di leggere, di cercare altro materiale. Di legger libri. Tutto questo, per me è importante.

Wajda ha voluto che il suo film fosse interamente polacco, tutto, in Katyn, è polacco. Ha anche rifiutato qualsiasi forma di co-produzione.

La fotografia è di Pawel Edelman, l’operatore de Il pianista, la musica — bellissima — è di Krzysztof Penderecki.

Stralci della Terza Sinfonia, del Secondo Concerto per Violoncello e del Requiem Polacco sottolineano ma allo stesso tempo amplificano, con le loro quiete ma inquietanti dissonanze, tutto l’orrore di quello che avviene sullo schermo.

La sceneggiatura è un adattamento di Post mortem, un libro di Andrzej Mularczyk.

Nel cast sono presenti i migliori attori contemporanei della Polonia.

I più giovani di essi non erano nemmeno nati, all’epoca dell’eccidio, e in conferenza stampa hanno detto di avere appreso i particolari di questa tragedia soltanto durante la lavorazione del film.

Andrzej Wajda

Andrzej Wajda

La Cancelliera tedesca Angela Merkel ed altri rappresentanti del governo tedesco hanno assistito alla proiezione del film al Festival del Cinema di Berlino, dove era stato presentato fuori concorso. La presenza della Merkel è stata molto apprezzata da Wajda, che ha spiegato, in una conferenza stampa, che secondo lui questo gesto è stato tanto più ammirevole in quanto simbolizza il fatto che non si può andare avanti facendo tabula rasa del passato.

Katyn (2007), Regia Andrzej Wajda, scritto da Andrzej Mularczyk, Przemyslaw Nowakowski, Wladyslaw Pasikowski, Andrzej Wajda

Interpreti e personaggi principali: Artur Zmijewski (Andrzej), Maja Ostaszewska (Anna), Andrzej Chyra (Tenente Jerzy), Danuta Stenka (Róza), Jan Englert (il Generale), Magdalena Cielecka (Agnieszka), Agnieszka Glinska (Irena), Pawel Malaszynski (Tenente Piotr), Maja Komorowska (madre di di Andrzej), Wladyslaw Kowalski (Professor Jan), Oleg Savkin (Ufficiale della NKWD), Antoni Pawlicki (Tadeusz), Agnieszka Kawiorska (Ewa)
Musica di Krzysztof Penderecki.
Fotografia Pawel Edelman, Scene Wieslawa Chojkowska, Costumi Magdalena Biedrzycka
Colori, durata 118 min., Polonia 2007
Nomination per l’Academy Award (Oscar) per il miglior film in lingua straniera.

Documento scritto da Lavrentj Beria, Commissario di Primo Grado della Sicurezza di Stato (il Ministro per gli Affari Interni) con cui viene richiesta l’autorizzazione ad uccidere 14.700 prigionieri di guerra e altri 11.000 prigionieri.
La firma e l’autorizzazione di Stalin compaiono nella parte superiore del documento.

(da Wikipedia)

Autore: Gabrilu

https://nonsoloproust.wordpress.com

11 pensieri riguardo “KATYN – ANDRZEJ WAJDA (2007)”

  1. Sono una nuova utente di splinder, mi ha colpito il tuo blog……..così ho deciso di lasciare un commento…..
    E’proprio vero. L’uomo non imparerà mai a guardarsi indietro e ad imparare da ciò che è stato già. In questi primi giorni del 2009 altro sangue innocente di bambini, donne e civili Palestinesi e Israeliani scorre inutilmente. Fino a quando? Ogni guerra è inutile poiché non porta a nessun potere eterno. Grazie per aver riesumato una sporca storia di sterminio sconosciuta ai più. Più si conosce e meno si può rimanere indifferenti. Preghiamo affinché l’uomo si ravveda, prima che sia troppo tardi per l’umanità intera.
    Caterina

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  2. caterinakings
    Non è certo me che devi ringraziare, ma dobbiamo, in questo caso, ringraziare Wajda, il suo impegno e la sua passione. E tutto il cast, e Penderecki.
    Ciao, benvenuta da queste parti 🙂

    Cara Francesca inutile dirti come sono contenta di leggerti, tanto lo sai già.
    Grazie per il link al trailer in italiano, l’ho immediatamente inserito nel post. Però avendo visto il film in polacco con i sottotitoli, ti assicuro che il doppiaggio italiano fa perdere **moltissimo**.
    Le voci originali sono molto più profonde, calde. D’altra parte il paragone lo si può fare anche solo vedendo/ascoltando i due trailers…
    Ormai è da tempo che io mi sono convertita alla scuola di pensiero che sostiene che i film devono essere visti in lingua originale con i sottotitoli. I doppiatori italiani sono in genere bravissimi, ma le voci originali secondo me sono insostituibili.
    Ciao e a presto 🙂

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  3. E’ un po’ come leggere le traduzioni, no?
    Con quella sensazione spiacevole che tutto sia stato mistificato dal traduttore, per quanto bravo possa essere.
    Ma io, con le lingue, non sono brava; mi arrangio col francese abbastanza, ma tutto qui.
    Si fa quel che si può direbbe il Saggio 😉

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  4. se un film non fa dormire per tre giorni e porta un essere umano a scoprire a sapere e conoscere… credo che l’obiettivo sia raggiunto… far conoscere storie ormai abbandonate ma che stranamente con altri colori in altri luoghi ritornano… perchè vai a vedere questi tipi di film? perchè ti piace soffrire? non credo… perchè guardando il passato si vuole scoprire il presente oppure perchè la conoscenza il sapere ci fa più padroni di noi stessi… cmq questo film io lo vedrò… grazie gabrilu.

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  5. talpa
    perchè guardando il passato si vuole scoprire il presente oppure perchè la conoscenza il sapere ci fa più padroni di noi stessi…
    Non sai quanto cade a fagiolo (o fagiuolo?) questa tua osservazione…
    Ciao talpa e grazie

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  6. anonimo #7

    Mi fa molto piacere vedere che c’è qualcuno — se pure anonimo — che si interessa a Wajda.

    Come vedi, questo bellissimo film se lo sono (ce lo siamo) filato in pochissimi.

    Evvabbè.

    Ciao e grazie, caro/a anonimo/a (non so bene come rivolgermi, a te. Spero mi scuserai)

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  7. Mi spiace non essere d’accordo con l’anonimo che si sente mistificato dai traduttori. Lo invito a leggere le traduzioni in italiano della Szymborska (Marchesani) e di Kapuscinski (Verdiani). La mistificazione avviene solamente se la traduzione non è di buona qualità. Detto ciò mi unisco alle critiche contro il doppiaggio di questo film. La pronuncia di alcune parole polacche è sbagliata e comunque ha molto il sapore di un lavoro “per un film che tanto non sbancherà i botteghini, quindi perchè sbattersi più di tanto?”

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  8. anonimo #10
    Non ricordo chi ha detto che “tradurre è tradire” (mi pare Ceronetti nella prefazione alla sua traduzione di Catullo ma non ne sono sicurissima, dovrei controllare) e che un buon traduttore, per esser tale, deve “saper tradire” il testo originale.
    La mistificazione, è chiaro, è altra cosa, ma credo proprio che nessuno voglia far di tutte le erbe un fascio. Chiaro che come in tutte le professioni, ci sono traduttori coscienziosi e bravi e traduttori sciatti e incompetenti.

    Non conosco il polacco, perciò apprendo con interesse la tua notazione secondo la quale nel doppiaggio italiano la dizione di alcune parole polacche sarebbero sbagliate.
    Grazie.

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